COMUNE DI TORINO

Appendino vende la Cavallerizza

Ultima battaglia grillina svenduta. Pubblicato questa mattina il bando per la cessione del complesso: base d'asta 11,3 milioni. Compagnia di San Paolo e Università interessati alla riqualificazione, mentre i benicomunisti raccolgono le firme contro il progetto

Dopo anni di polemiche, e mentre è ancora in corso una raccolta firme per indire un referendum “contro la sua privatizzazione”, arriva l’atto ufficiale per la vendita della Cavallerizza Reale di Torino. Cade così anche l’ultimo bastione della retorica bene comunista che in questi cinque anni il Movimento 5 stelle ha rifilato ai torinesi, con la sindaca Chiara Appendino che chiude il suo lustro a Palazzo Civico nel solco di quanto progettato prima di lei dalle amministrazioni di centrosinistra, dopo fiumi di parole, polemiche e pure un incendio.

È stato pubblicato questa mattina il bando di gara per l’asta pubblica con cui vengono messi in vendita gli immobili cartolarizzati di proprietà del Comune. Cinque diversi lotti di varia natura, per un importo complessivo di oltre 26 milioni e 300 mila euro, l’ultimo dei quali è proprio il compendio patrimonio Unesco. La base d’asta per la Cavallerizza è stata fissata in 11 milioni e 280 mila euro e il termine della gara, come anche per gli altri lotti, è il 9 settembre, con aggiudicazione il giorno successivo.

Nella scheda tecnica allegata ai documenti della gara, vengono indicate le diverse destinazioni d’uso delle varie parti del bene e i vincoli previsti. “L’area – si ricorda – è assoggettata alla redazione di un Progetto Unitario di Riqualificazione, assunto con deliberazione del Consiglio Comunale, che definisce l'assetto generale del complesso, i tipi di intervento previsti sugli immobili, le unità minime di intervento, le specifiche destinazioni d'uso, ed ogni altra specificazione necessaria”.

Il Pur prevede la realizzazione di residenze sul 27 per cento della superficie, un altro 23% è destinato ad alberghi e studentati, il 18% a uffici direzionali (dove la Compagnia di San Paolo ha già espresso il suo interesse a trasferire la propria sede), il 12% a uffici e studi professionali, il 6% a ristoranti e negozi. Solo una parte residuale, circa il 14 per cento della superficie complessiva, è destinata a “uso pubblico” e gestita da associazioni che dovrebbero trasformarla in un polo culturale.

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