VERSO IL VOTO

"Non porta voti e ne fa perdere", manovre per nascondere Renzi

Nel centrosinistra torinese nessuno sembra voler dare ospitalità al partito dell'ex Rottamatore. Persino l'indipendente renziano Portas avrebbe rifiutato di allargare i suoi Moderati. Fregolent: "Se va alle primarie, l'accordo è perlomeno rinviato"

“Quel simbolo molti non lo conoscono quindi a che serve metterlo? E chi lo conosce non voterebbe la lista”. Il simbolo è quello di Italia Viva e il ragionamento è quello che Giacomo “Mimmo” Portas va facendo in questi giorni di elucubrazioni e segnali di fumo in vista delle comunali d’autunno, lasciando ben intendere la sua (ennesima) strategia da leader dei Moderati: lasciar fuori dalla porta i renziani.

Uno dice, ma come? Portas non è un deputato indipendente del gruppo di Italia Viva? Certo che lo è e questo la dice lunga su come, ormai da anni, Mimmo abbia abituato a giravolte e contraddizioni senza pari del cui infinito elenco questa sarebbe solo l’ultima in ordine di tempo, ma non certo in senso definitivo. Chi ha ascoltato la sua teoria sull’inutilità (nel migliore dei casi) o addirittura la dannosità (nel peggiore) del mettere sulla lista il simbolo della forza politica di Matteo Renzi ha strabuzzato gli occhi solo se non è tra coloro che conoscono bene il deputato fondatore di quello che per anni è stato il partito dei contadini polacchi per il Pd del “carissimo amico” Pier Luigi Bersani e successori vari.

Portas è così, prendere o lasciare. Solo che a lasciare fuori dall’uscio i renziani, mettendo un pesante cuneo tra loro e Azione di Carlo Calenda, adesso è proprio lui. È pur vero che Claudio Lubatti, plenipotenziario torinese dell’ex ministro dello Sviluppo Economico avrebbe già chiesto e ottenuto un po’ di posti in lista da Portas, ma se si chiede cosa stia succedendo rivolgendosi ai vertici del partito del senatore di Scandicci la risposta non contempla la porta in faccia da parte di Portas. “Nessun rottura, anche perché Mimmo fa parte del nostri gruppo parlamentare”, spiega la renzianissima Silvia Fregolent. “Tutte le strategie su Torino le stiamo facendo con Azione e cercheremo di coinvolgere anche lui, che però ha già fatto delle scelte come quella di partecipare alle primarie, cosa che a noi non interessa”. Quindi, per la deputata di Italia Viva ,“se lui continuerà su questa strada ci dovremmo raccordare dopo le primarie e non sicuramente prima. Anzi noi stiamo cercando di avere con lui un incontro, perciò non vedo ragioni di rottura. A meno che Portas non abbia paura di un fronte Azione e Italia Viva che ovviamente va a pescare nel suo stesso bacino”. una cosa è certa di quel terzo polo riformista, ipotizzato qualche tempo fa, non vi è più traccia e oggi, man mano che si intravede il lido elettorale, ognuno è alla ricerca di una scialuppa. E, in tal senso, lo zatterone di Portas è provvidenziale.

Lui, come sempre quando si avvicinano le urne, getta i salvagente e inizia a tirare su qualche naufrago tra i marosi della politica subalpina. Per uno che ha costruito gran parte delle proprie fortune sul marketing è impensabile sparire dalla scena anche solo per un pugno di settimane: “Non posso permettermi di fare lo spettatore mentre il Pd suona la gran cassa delle primarie” ripete da giorni ai suoi e così ha impostato la sua strategia fatta di tira e molla, sondaggi apocrifi “offerti” per strappare qualche intervista, fino a ipotizzare una candidatura alle consultazioni di coalizioni. Insomma, l’insegna deve restare accesa, ben visibile. Ama farsi corteggiare, Portas, financo dal principale avversario del centrosinistra, quel Paolo Damilano che lo stesso Portas lascia intendere farebbe ponti d’oro per strapparlo alla concorrenza.

Dopo aver attaccato per anni la sindaca, facendo di quegli attacchi un tratto distintivo di propaganda, all’improvviso, poche settimane fa, Portas va in visita a Chiara Appendino. Quale la ragione vera di quel bacio della pantofola ancora non è chiara e forse non lo sarà mai. Un allineamento alle posizioni dei vertici del Nazareno che, soprattutto in quei giorni, pressavano per un accordo con i Cinquestelle? Evitare di fare la figura dell’ultimo giapponese ancora in trincea mentre la guerra stava finendo? Chissà, Probabilmente la spiegazione è assai più semplice: l’incontro doveva servire perché si sapesse che c’era stato, per far vedere di essere anche lui della partita e che nessuno si sognasse di tagliare fuori lui e i Moderati.

In fondo ha ragione chi si stupisce del fatto che qualcuno ancora si stupisca di Mimmo. Abilissimo giocatore di scacchi, muove e si muove in maniera imprevedibile se ci si rifà ai pur labili canoni della politica. L’ultima mossa, solo rivelata a pochi ma ormai nota a molti, ovvero escludere i renziani tenendo invece dentro la forza politica di Calenda sarà portata a termine, oppure fa parte di quel vasto armamentario di mosse e contromosse, segnali e ammiccamenti che dal suo banchetto il buon Mimmo lancia, muovendosi con riconosciuta esperienza e consumata abilità nel suk della politica subalpina? 

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