VERSO IL VOTO

I "reietti" del centrosinistra ora flirtano con Damilano

A Torino Italia Viva e Azione sempre più lontani dalla coalizione capitanata dal Pd. I renziani hanno sperato nel progetto Castellani, i calendiani si sono fatti sedurre (e abbandonare) da Portas. Adesso meditano il grande strappo

Sedotti, abbandonati e messi in un angolo. Sono i reietti del centrosinistra, quelli che – per dirla con il fondatore dei Moderati – “i voti te li fanno perdere” più che guadagnare. Border line per definizione, riformisti al punto da trovarsi talvolta più affini al centrodestra che a un Pd a trazione grillina com’è quello lettiano, paradossalmente ancor più di quello guidato da Nicola Zingaretti. Sono i seguaci di Matteo Renzi e Carlo Calenda, un piede dentro e uno fuori dal centrosinistra, a Torino sempre più ammaliati dalle sirene di Paolo Damilano. La renzianissima deputata Silvia Fregolent già lo scorso marzo si era fatta tentare da un caffè con il candidato del centrodestra e ci aveva tenuto a farlo sapere. Ma i segnali che s’aspettava dall’altra parte non sono arrivati. E così per altri due mesi quel che resta di Italia Viva resta lì, nel mezzo, mentre settimana dopo settimana i sondaggi fotografano una progressiva emorragia di voti che si ripercuote sul territorio dove c’è già chi ha iniziato a cercare riparo altrove. È il caso di Orazio Alù, consigliere della V Circoscrizione di Torino, passato da Italia Viva ai Moderati per assicurarsi una lista in cui essere eletto. Non certo un terremoto per il partito dell’ex premier ma quantomeno un cattivo presagio di una forza politica che anziché attrarre fatica a serrare le fila in vista della sfida elettorale. Altri hanno già attivato contatti con il polo civico di Mario Giaccone, presto saremo al fuggi fuggi.

Italia Viva, Azione, Più Europa, partiti per molti versi affini ma che faticano a trovare sinergie per la litigiosità dei loro rappresentanti. A Roma come a Torino dove si replicano, in sedicesimi, le scintille che hanno caratterizzato il rapporto tra Renzi e Calenda e tra i due con Emma Bonino, la quale intanto è in rotta con Benedetto Della Vedova e così via in un profluvio di battibecchi (sui) quotidiani. L'ultimo a tentare di metterli insieme era stato Valentino Castellani, con l’appello per un polo civico e riformista all’interno del centrosinistra, ma anche l’ex sindaco si è dovuto ben presto arrendere con buona pace di Federico De Giuli, promotore di Laboratorio Civico e ora ai margini del dibattito pubblico dopo essersi tanto sbattuto.

Risalgono invece alla settimana scorsa gli ultimi contatti tra Calenda e Portas per costruire a Torino un terzo polo, alternativo a destra, sinistra e ça va sans dire al Movimento 5 stelle. Ma dopo vari abboccamenti il capo dei Moderati ha svelato il suo bluff rientrando nei ranghi del centrosinistra e lasciando il ministro con un pugno di mosche in mano e tanta voglia di andare con il centrodestra. Dopotutto, a differenza di Italia Viva che ha sempre seduto al tavolo del centrosinistra in questi travagliati mesi, Azione da quel tavolo s'è alzata alla fine dello scorso anno. A far da ponte con Paolo Damilano, in questo caso, ci sarebbe l’ex ministro Enrico Costa che dopo una lunga militanza in Forza Italia ha ancora rapporti consolidati in quell’area politica e farà di tutto, fino all’ultimo, per evitare di finire con la sinistra. A livello territoriale il partito ha approvato un documento che promuove la costituzione di un terzo polo ma è evidente che Azione da sola rischia di non riuscire neanche a fare le liste e di ritrovarsi quarto, quinto o sesto polo. In sostanza, irrilevante.

Il timore dei dirigenti locali di Azione e Italia Viva è di perdere ancora pezzi a vantaggio di Moderati e Lista Monviso, quelle due liste che hanno spalancato le loro porte a possibili candidati ma allo stesso tempo escluso ogni apparentamento tra simboli. “Tanto sono loghi che non tirano” è la vulgata. Reietti. Per questo, pur provenienti da strade diverse, i desaparecidos di Azione e Italia Viva ora guardano a destra. “Tanto dall’altra parte non ci vogliono”. L'alternativa è rimanere giù dalla giustra elettorale e aspettare tempi migliori.

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