DRAMMA SUL MOTTARONE

Tragedia della funivia, tre arresti

In carcere proprietario, direttore di esercizio e capo del servizio. Avrebbero ammesso di aver manomesso volontariamente il dispositivo di frenata per aggirare un'anomalia dell'impianto. Pesanti i capi d'accusa: omicidio e disastro colposo plurimo

Sono Luigi Nerini, 56enne di Baveno (Verbania) proprietario della Ferrovie del Mottarone, il direttore dell’esercizio Enrico Perocchio e il capo servizio Gabriele Tadini le tre persone fermate nella notte per l'incidente di domenica alla funivia del Mottarone in cui sono morte 14 persone. Al termine del lungo interrogatorio nella caserma dei carabinieri di Stresa (Verbania), sono stati condotti nel carcere di Verbania.

I tre erano consapevoli da settimane del guasto al sistema frenante di sicurezza. A dirlo è il procuratore capo di Verbania Olimpia Bossi che indaga sulla vicenda. Con il gestore dell’impianto della funivia del Mottarone, un ingegnere e un capo del servizio attualmente in stato di fermo c’è stato un “confronto di carattere tecnico. Si sono giustificati rispetto alle consapevoli anomali del sistema frenante dell’impianto per superare le difficoltà economiche ed evitare che si fermasse a lungo”. Così si è preferito “disinnescare” sulla cabina precipitata il sistema frenante di sicurezza, continua il procuratore Bossi. Uno sviluppo investigativo “molto inquietante”: con la “convinzione che mai si sarebbe tranciato il cavo si è corso il rischio” più volte e di una tragedia sebbene le anomalie del sistema fossero state “segnalate più volte”. Tra gli ultimi interventi c’è sicuramente quello del 3 maggio scorso, ma almeno un’altra richiesta di intervento sarebbe stata ignorata, insomma la cabina sarebbe stata a rischio per più giorni o settimane. Contro i tre c’è un quadro “fortemente indiziario”.

Il freno non è stato attivato volontariamente? “Sì, sì, lo hanno ammesso”, afferma il comandante provinciale dei carabinieri di Verbania, tenente colonnello Alberto Cicognani. “C’erano malfunzionamenti nella funivia, è stata chiamata la manutenzione, che non ha risolto il problema, o lo ha risolto solo in parte. Per evitare ulteriori interruzioni del servizio, hanno scelto di lasciare la forchetta, che impedisce al freno d’emergenza di entrare in funzione”, ha spiegato l’ufficiale dell'Arma ai microfoni di Buongiorno Regione, su Rai Tre.

Omicidio colposo plurimo, disastro colposo e rimozione degli strumenti atti a prevenire gli infortuni aggravato dal disastro e lesioni gravissime (in relazione alle condizioni del piccolo Eitan ricoverato al Regina Margherita di Torino): sarebbero queste, secondo quanto si è appreso, le ipotesi di reato in base alle quali la procura di Verbania ha deciso i tre arresti.

Il cavo trainante spezzato è “l’innesco della tragedia” sulla funivia, ma poi c’è un comportamento “consapevole e sconcertante” di chi ha preferito il guadagno alla sicurezza, spiega ancora il magistrato. Una scelta “molto sconcertante” che hanno portato avanti pur di evitare una riparazione adeguata del sistema frenante che probabilmente avrebbe portato a una lunga chiusura dell’impianto, le cui casse erano state messe già a dura prova dal lockdown. I tre fermati avrebbero avuto consapevolezza del malfunzionamento dell’impianto frenante e per “evitare continui disservizi e blocchi” hanno preferito per settimane continuare a mettere a rischio i passeggeri, coscienti che l’“anomalia necessitava di un intervento più radicale, di un blocco più consistente” dell’impianto, afferma ancora il procuratore. “Abbiamo potuto accertare, in particolare dall’analisi dei reperti fotografici, che la cabina precipitata presentava il sistema di emergenza dei freni manomesso, cioè non era stato rimosso o meglio era stato apposto il ‘forchettone’ che tiene distante le ganasce dei freni che avrebbe dovuto bloccare il cavo in caso di rottura”, spiega il procuratore. Un malfunzionamento che i tre ignorano – c’è un intervento il 3 maggio scorso, ma poi si chiudono gli occhi di fronte ad altre spie iniziate fin dalla riapertura del 26 aprile – con la “convinzione che mai si sarebbe tranciato il cavo”.

“Non è stato facile, ma abbiamo cercato di ricostruire nel miglior modo possibile, nel modo più scrupoloso tutto quello che è accaduto e ciò che ha portato alla tragica fine delle vittime”, commenta il tenente colonnello Cicognani. “Ci potrebbero essere degli sviluppi, è prematuro dirlo. Era importante dare un segnale velocemente, con una attività scrupolosa e corretta, nel rispetto di tutti, soprattutto delle vittime”.

“Sono sgomenta, basita, un altro colpo al cuore. Se queste persone veramente hanno agito come si legge questa mattina è una cosa che lascia attoniti”, dice la sindaca di Stresa, Marcella Severino, commentando la svolta nelle indagini sulla tragedia. “È incredibile che uno si prenda questa responsabilità sulla sicurezza”, aggiunge sottolineando “che sia da monito a chiunque gestisce questi impianti: mai, mai essere superficiali sulla sicurezza”.

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