LOTTA AL COVID

Richiamo con AstraZeneca, Cirio: "Libertà di scelta"

Il consenso informato rafforzato per consentire, a chi lo vuole, di usare lo stesso vaccino per la seconda dose. Si attende la decisione del Governo. Di Perri: "Non ci sono casi di reazioni avverse in chi non ha avuto problemi con la prima inoculazione"

“Non vedo perché se chi, al di sotto dei 60 anni, ha ricevuto la prima dose di AstraZeneca vuole ricevere il richiamo con lo stesso vaccino non possa farlo”. È una posizione che apre al diritto di scelta quella che Alberto Cirio esterna nel pieno della discussione (e dei dubbi) ad ogni livello sull’ennesimo cambio di passo sull’utilizzo e le limitazioni del prodotto anglo-svedese. 

Un’apertura, quella del governatore, pronta a tradursi in pratica se, come prospettatogli dal commissario Francesco Paolo Figliuolo in un colloquio telefonico, a livello governativo si starebbe valutando di concedere questa libertà di scelta con un consenso rafforzato da far sottoscrivere a chi non vuole ricevere la seconda dose con un vaccino diverso. Un pronunciamento del ministero, peraltro, richiesto formalmente dalla Regione Lazio il cui assessore alla Sanità Alessio D’Amato in una lettera al Foglio spiega come sia “difficile obbligare a fare un richiamo diverso (…) e se il cittadino consapevole vuole completare il percorso con lo stesso farmaco ha il diritto di poterlo richiedere, come ha dichiarato il padre della farmacologia italiana Silvio Garattini”.

Il Piemonte, con le parole di Cirio, è di fatto sulla stessa posizione. Senza corse in avanti, ma senza preclusioni, in attesa del più che probabile provvedimento del Governo, in tempo per evitare che chi rifiuta il richiamo con un prodotto diverso da AstraZeneca resti fuori dal completamento dell’immunizzazione. Un rischio concreto e le cui dimensioni, seppure non ancora definite, suscitano giustificata preoccupazione. Quanti saranno, e sicuramente ce ne saranno, coloro che piuttosto di cambiare farmaco rinunceranno al richiamo? 

Ad evitare questo non giova certo la confusione e i pareri discordanti (cui ormai siamo abituati fin dall’inizio della pandemia) degli scienziati, ma anche delle stesse agenzie regolatorie visto che quella europea, l’Ema, continua a ribadire la possibilità di uso di AstraZeneca da 18 anni in su, mentre quella italiana, l’Aifa, nell’ennesimo differente pronunciamento lo limita, sia pure con l’abituale pilatesco strumento della raccomandazione, alla fascia 60-80 anni.

In questo marasma, dove mancano dati certi sulla vaccinazione con due vaccini diversi, bisogna decidere e in fretta, anche su come risolvere il problema del rifiuto a cambiare il siero tra la prima e la seconda dose, diretta conseguenza di una decisione arrivata pochi giorni dopo la morte della diciottenne ligure. “Mi aspettavo che dietro questa decisione ci fosse qualche novità sui dati dell’incidenza delle trombosi atipiche, ma anche sugli eventuali effetti dopo la seconda dose – spiega Giovanni Di Perri, primario infettivologo dell’Amedeo di Savoia –. Invece sembra che i dati non siano cambiati”. Insomma, la decisione di bloccare la seconda dose di AstraZeneca per gli under 60 pare sempre più figlia della necessità di tranquillizzare l'opinione pubblica anziché basata su nuove evidenze scientifiche. Ma anche foriera di nuove preoccupazioni, prima tra tutte quella di sottoporsi a un richiamo con un prodotto diverso, cosa esclusa fino a poco tempo fa dalla stessa Aifa che invece adesso è corsa a sostenere la decisione, destreggiandosi tra norme e cavilli che tanto inducono a intravvedere il mai troppo risparmiato vezzo dell’alleggerimento di responsabilità.

“Rischi nella vaccinazione eterologa non dovrebbero esserci, anzi le primissime esperienze in poche centinaia di vaccinati in Spagna indicano una maggiore efficacia”, aggiunge Di Perri che sottolinea però, l’esiguità del campione. “Visto il pasticcio comunicativo che è stato fatto e ad onta del pronunciamento di Ema a favore dell’utilizzo di AstraZeneca dai 18 anni in su, alla fine si è deciso in questo modo. Non è detto che in condizioni diverse e con minore disponibilità di altri vaccini, AstraZeneca non si sarebbe continuato a usare anche per la seconda dose”. 

Sulla possibilità di scegliere il vaccino al centro della tempesta per il richiamo, pur avendo meno di 60 anni, l’infettivologo non è certo contrario. “Quello che sappiamo è che la seconda dose in chi ha fatto senza grossi problemi la prima, non provoca effetti avversi. Quindi, fatto salvo l’elasticità e disponibilità del Governo in tal senso, mi pare un’opportunità da prendere in seria considerazione anche per evitare che chi non vuole un altro vaccino rinunci al richiamo”. 

Un elemento ulteriore del dibattito sulla vaccinazione eterologa riguarda l’efficacia di questo o quel vaccino contro la variante indiana, ora ribattezzata variante Delta, ormai diffusa al 90% nel Regno Unito. “Al momento c’è una sola pubblicazione su Lancet di colleghi scozzesi da cui si evince come Pfizer ha protetto da infezione al 79% contro la variante Delta, Astrazeneca al 60%, se andiamo a vedere la protezione dalla malattia troviamo che entrambi sono tra  l’85 e il 90%. Dunque, anche guardando al rischio di questa variante, la conclusione non può essere che quella che andiamo ripetendo da tempo: vacciniamoci”.

print_icon