LAVORO & OCCUPAZIONE

Embraco: "Non lasciateci soli", più delle passerelle gli operai temono l'abbandono

Dopo la proroga per la cassa integrazione, i lavoratori manifestano le loro preoccupazioni sul futuro. "Davanti a noi hanno sfilato tutti ma gli unici che ci hanno davvero aiutato sono stati Chiorino e Nosiglia"

La prossima settimana, probabilmente martedì, dovrebbe essere firmata l’ennesima proroga alla cassa integrazione per i lavoratori dell’ex Embraco. Si tira a campare ancora fino a fine anno, ma senza alcuna certezza sul futuro. “Se può scriva che abbiamo bisogno di un aiuto” dice Franco Tesauro, per 34 anni nello stabilimento di Riva di Chieri. Fu suo padre Pietro a farlo entrare poco più che maggiorenne per assicurargli un futuro. Allora lo stabilimento era di Aspera, azienda della galassia Fiat. Embraco arrivò dopo, nel 1994.

La politica è divisa sul futuro di quel capannone che fino al 2018 ha occupato oltre quattrocento addetti nella realizzazione dei compressori per frigoriferi e che ormai da tre anni è desolatamente chiuso. E quando qualcuno una soluzione ha provato a trovarla – leggi l’allora ministro Carlo Calenda con Ventures – i risultati sono stati da dimenticare tra cause e fallimenti.

Luca Ugliola è da quasi tre mesi che con la sua tenda staziona in piazza Castello: “Il Consiglio regionale ha rifiutato per due volte di farci parlare, forse la Lega ha paura di quello che abbiamo da dire”. Ce l’hanno con il ministro Giancarlo Giorgetti che ha affossato l’ipotesi Italcomp “per non disturbare la Nidec, che ha aperto un sito produttivo in Austria, e le altre multinazionali” dice Ugliola. Nelle ultime settimane davanti alle loro ansie hanno sfilato tutti, da Matteo Salvini a Giorgia Meloni, passando per i due candidati a sindaco di Torino, Stefano Lo Russo e Paolo Damilano “ma gli unici che in questi mesi ci sono stati davvero vicini sono stati l’assessore regionale Elena Chiorino e il vescovo Cesare Nosiglia”. E ancora nelle ultime ore sono stati i parlamentari di Fratelli d’Italia, il capogruppo alla Camera Francesco Lollobrigida e il luogotenente di Meloni Andrea Delmastro, a portare “notizie buone ma non buonissime”: “Adesso si proceda alla ratifica della cassa entro il 22 luglio. Più di un mese fa avevamo dato la soluzione con due emendamenti, uno bocciato e l’altro approvato. Ora che la soluzione sembra essere stata compresa, attendiamo la ratifica della cassa e un minuto dopo si corra con il piano di reindustrializzazione che per noi ha già un nome, Italcomp”.

Anche tra loro le opinioni sul futuro divergono. C’è chi crede ancora nell’ipotesi Italcomp, chi la considera l’ennesima chimera. Giorgetti ha fatto sapere che a suo giudizio quel progetto, presentato dal commissario Maurizio Castro, non sta in piedi e tutto il Governo è su questa posizione. “Almeno ci dicano se hanno un piano B” chiede Davide Micheletti. Lui in Embraco c’è da 22 anni e oggi non sa cosa aspettarsi da quello stabilimento rimasto ormai vuoto, senza quei macchinari che per un quarto di secolo hanno funzionato sotto le insegne del gruppo brasiliano.

Ce l’hanno con Giorgetti molti di loro, “l’unico che qui, guarda caso, non si è fatto vedere”. Qualcuno col Pd “che s’è presentato col suo candidato sindaco un quarto d’ora prima che il ministro Andrea Orlando annunciasse di aver trovato una soluzione per la proroga della cassa integrazione”. “Intanto se la Chiorino non gli segnalava il nodo del tfr rischiava di saltare tutto”. Era il novembre 2017 quando l’azienda controllata da Whirlpool annunciò per la prima volta l’intenzione di trasferire l’attività in Slovacchia. Da allora “tutti sono passati davanti a noi, ma una soluzione per farci tornare a lavorare non l’ha ancora trovata nessuno”.  

Martedì dovrebbe arrivare una boccata d'ossigeno almeno fino alla fine dell'anno. “Sarebbe un sollievo – conclude Ugliola – ma la mia è la tenda del lavoro, non la tenda della proroga”. E in 391 tengono il fiato sospeso.

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