POLTRONE & CORSIE

Ospedali, la carica dei professori. Primari scelti dalle Università

Soprattutto nelle province aumentano i reparti "clinicizzati" e affidati a docenti. Nessun concorso pubblico, ma designazioni in ambito accademico. L'Anaao non ci sta e presenta raffica di ricorsi al Tar

Clinicizzazione. Dietro questo termine che indica la trasformazione di un reparto ospedaliero in reparto universitario, si muovono e si nascondono (malamente) strategie, interessi collettivi e personali, si oppongono tesi favorevoli e contrarie, ma ciò che riesce difficile scacciare è l’immagine di un’Università, nel caso quella del Piemonte Orientale, impegnata a dare l’assalto e occupare (per un’espressione che si sente sempre più spesso tra i camici bianchi) i principali ospedali delle province.

Il primo è stato quello di Biella, l’ultimo in ordine di tempo il Santi Antonio e Biagio di Alessandria, con in mezzo Vercelli. In tutti i casi l’opposizione del principale sindacato dei medici ospedalieri Anaao-Assomed si è sostanziata nella presentazione di ricorsi al Tar annunciando di proseguire su questa linea anche per le ulteriori clinicizzazioni che peraltro sono più che annunciate.

La ragione della posizione contraria del sindacato sta in un aspetto nient’affatto secondario del procedimento di nomina dei primari che la segretaria regionale di Anaao-Assomed Chiara Rivetti sintetizza così: “Per quei ruoli non ci saranno più concorsi pubblici, ma selezioni all’interno dell’ambito universitario, togliendo chance ai medici ospedalieri”. Per lo stesso motivo si comprende bene la spinta verso la trasformazione di reparti ospedalieri in cliniche universitarie da parte dell’Ateneo di cui è rettore Giancarlo Avanzi.

Ai cattedratici sembrano non bastare le strutture in capo alle Aziende ospedaliere universitarie, come nel caso di Novara. Quella che per i camici bianchi degli ospedali appare come una politica espansionistica ed egemonica dell’Università ha portato a individuare nell’ospedale di Biella quattro reparti – Pediatria, Otorinolaringoiatria, Laboratorio analisi e Oncologia medica – come future cliniche universitarie, in capo, questa volta, all’Università di Torino. Non meno è accaduto a Vercelli: Cure Palliative e Hospice, Osservatorio epidemiologico, Odontostomatologia, Anatomia ed Istologia Patologica, Pneumologia e Neurologia. “Ci auguriamo che anche la magistratura avverta il timore di una progressiva e pericolosa espansione universitaria, che indebolisce ulteriormente, anziché rafforzarlo come viene propagandato”, dice Rivetti riferendosi ai giudici amministrativi cui il suo sindacato si è rivolto. 

Una rivolta, sia pure piuttosto silenziosa, si avverte nei reparti dove il passaggio sotto l’ala universitaria allarma attuali primari e aspiranti tali che rischiano di vede svanire ambizioni e sviluppi di carriera proprio per il differente metodo di selezione.

Peraltro c’è chi già primario ospedaliero, com’è il caso del direttore di Ematologia di Alessandria Marco Ladetto, è diventato professore associato dell’Università del Piemonte Orientale lo scorso anno, dopo essere stato aggregato dal 2006 al 2013 nell’Ateneo Torinese. E sempre nello stesso ospedale è in procinto di essere trasformata in clinica universitaria la Medicina Interna e per la direzione circola il nome del professore associato Pierpaolo Seinaghi. Idem per la Medicina d’Urgenza diretta da Riccardo Boverio dove è dato in arrivo, in supporto didattico, un altro associato dell’Upo, Luigi Mario Castello. Anche la Chirurgia generale è stata trasformata nell’atto aziendale in struttura universitaria e questo presupporrà un primario scelto tra i docenti. Sempre dall’Università di Avanzi è arrivato quale titolare del corso di laurea in Fisioterapia all’interno del centro riabilitativo polifunzionale “Borsalino” dell’azienda ospedaliera Marco Invernizzi, che molti danno in lizza per ricevere una direzione.

“L’idea che la direzione universitaria di un reparto migliori la professionalità degli addetti, oltre a offendere i colleghi che lavorano nel servizio sanitario nazionale, si fonda sugli stessi presupposti che portano la paziente anziana ricoverata a chiamare “professore” il medico competente che la sta curando”, osserva Rivetti. “L’Università ha prioritariamente la funzione istituzionale di didattica e di ricerca, l’assistenza dei pazienti è ad essa funzionale e per questo ci sono, appunto, elettivamente le aziende ospedaliere universitarie. Inoltre – aggiunge la segretaria di Anaao-Assomed – perché gli specializzandi si possano formare in un reparto ospedaliero non è necessario che questo acquisisca la direzione universitaria: è sufficiente applicare il decreto Calabria o convenzionare il reparto”.

Intanto, la politica di “annessione” da parte degli atenei, con fortissime sponde nella dirigenza delle aziende sanitarie e ospedaliere, prosegue. E nella sanità del Piemonte orientale si guarda anche al vertice dell’ateneo e al futuro di Avanzi quando terminerà il suo mandato di rettore. Tra i camici bianchi allarmati per l’ingresso dell’università, più d’uno indica il futuro Irccs, l’Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico cui sta lavorando l’Aso alessandrina, e l’ambìta poltrona da direttore.

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