Chi lo dice lo è

È sempre molto difficile formulare un giudizio oggettivo sul Paese in cui si vive, e le attuali spinte nazionalistiche rendono l’impresa ancor più complicata.

I vari presidenti insediatisi negli ultimi anni in America hanno maturato l’abitudine di mettere un’etichetta che cataloghi le altre parti del mondo, siano esse delimitate da confini statali o che includano addirittura interi continenti, usando sempre didascalie perentorie e non soggette nel tempo a mitigazioni di alcun genere. L’Unione Sovietica per Ronald Reagan era semplicemente “l’Impero del Male” (parafrasando Guerre Stellari), mentre i suoi successori individuarono una ricca compagine di “Stati canaglia” su cui puntare le attenzioni di militari e servizi segreti (un elenco che comprende Iran, Corea del Nord, Siria, Cuba e molte altre nazioni).

Al contrario, gli alleati del blocco geopolitico occidentale sono generalmente descritti dalla propaganda quali “portatori di pace”: Paesi in cui regna la Giustizia e la Solidarietà. Le nazioni che lottano contro gli “Stati canaglia”, e prima ancora contro “l’Impero del Male”, sono tradizionalmente indicate quali alfieri inossidabili della fratellanza, e poco conta se al loro interno i governi discriminano pesantemente alcuni cittadini (come nel caso dei governi integralisti israeliani nei confronti degli arabi). In alternativa vengono dipinte come infaticabili fucine di progresso, anche quando i loro giudici condannano chi delinque alle pene corporali (ogni riferimento all’Arabia Saudita è puramente casuale).   

È sufficiente garantire una base militare al Patto atlantico, oppure rinunciare a qualsiasi forma di nazionalizzazione dei beni essenziali, per passare dalla parte dei “buoni”. Targhette contenenti giudizi insensibili a qualsiasi contestazione e avulsi da valutazioni riguardo il trattamento riservato ai settori più fragili della popolazione, a cui i “retti” negano addirittura le cure sanitarie (Brasile-Usa) e in molti casi una rete fognaria pubblica (Usa).

Guardando il mappamondo, qualche dubbio sulla moralità di Europa e States può colpire anche la mente dei peggiori suprematisti, ma alcuni slogan imparati a memoria a volte sono sufficiente per ricacciare indietro ogni perplessità al riguardo. Noi europei abbiamo colonizzato nei secoli mezzo pianeta, mentre l’altra metà è finita sotto il controllo della nazione costruita a danno dei popoli nativi massacrati dopo lo sbarco di Colombo. Attualmente gli eserciti delle potenze occidentali sono impegnati in missioni internazionali in qualsiasi angolo del pianeta, seppur ufficialmente sempre sotto l’egida dell’Onu e con le bandiere di una Pace imposta a suon di bombe (il modello a cui si ispirano da millenni è quello della pax romana).

Noi, da questa parte del mondo, abbiamo usurpato il diritto di giudicare qualsiasi nazione e di conseguenza di invaderla. In alternativa all’attacco militare i “giudici” possono finanziare o armare l’opposizione al governo in carica, così da sovvertire il sistema e garantire nuovi assetti di potere più facili da trasformare in fedeli alleati. A volte capita però di fare male i conti e quindi sbagliare strategia, sino al punto di fornire aiuto ai nemici e lasciare nei guai i sostenitori del modello democratico occidentale, gettando questi ultimi in pasto ai loro stessi carnefici per un banalissimo errore di valutazione (vedi Afghanistan e il fenomeno talebano creato dalla Cia).

In sintesi, noi europei e statunitensi siamo titolari di tantissimi diritti ma non siamo al contempo sottoposti ad alcun dovere. Il sistema politico occidentale infatti non ha il dovere di creare corridoi umanitari a favore di chi cerca asilo, oppure sfugge da conflitti (accesi con il nostro aiuto) o dalla fame (determinata spesso dalle nostre scelte economiche); non ha l’obbligo di tutelare i lavoratori e i soggetti deboli schiacciati dal capitale globale; non ha vincoli che costringano gli esecutivi ad attuare misure sanitarie utili a curare i propri cittadini e tanto meno le popolazioni delle aree della Terra caratterizzate da una profonda miseria.

Non è cosa semplice stabilire oggi chi rappresenti davvero “l’Impero del Male”, tantomeno lo è individuare gli “Stati canaglia”. Sarebbe davvero triste scoprire che pure nello scacchiere geopolitico può trovare casa un vecchio tormentone in voga da sempre tra gli scolari delle scuole primarie: “Chi lo dice lo è mille volte più di me”.

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