LOTTA AL COVID

Green Pass, obbligo per i lavoratori ma resta il nodo dei tamponi 

Decreto in arrivo (forse già domani) per il settore pubblico e privato. Decisione attesa da Confindustria Piemonte. Gay: "Strumento prezioso per non chiudere neppure un'azienda". Per i sanitari richiesta delle Regioni a Speranza: "Come sostituire i sospesi?"

Se il provvedimento non sarà varato già domani, come fonti di Governo ipotizzano, l’attesa per il decreto con cui si renderà obbligatorio il Green Pass in tutti i luoghi di lavoro, del settore pubblico e privato, si annuncia comunque assai breve.

La previsione più accreditata è quella della convocazione da parte di Mario Draghi di una cabina di regia con i capidelegazione dei partiti di maggioranza per domani e, a seguire, il consiglio dei ministri dal quale uscirà il decreto composto da un solo articolo per allargare l'obbligo di esibire la certificazione verde a tutti i lavoratori indistintamente. La strada scelta da Draghi potrebbe essere questa, ma se per quanto riguarda la Pubblica amministrazione la decisione sembra presa già da tempo, con il ministro Renato Brunetta arciconvinto sostenitore della misura, la questione è meno definita sul fronte del settore privato.

L'incontro tra il segretario della Cgil Maurizio Landini e il premier Draghi non ha portato a un vero e proprio accordo e resta ancora aperta la questione dell’onere economico dei tamponi per chi continuerà a non volersi vaccinare. Sia Confindustria, sia i sindacati chiedono che sia lo Stato a sobbarcarsi il costo dei test. Nonostante il pressing delle parti sociali, dall'esecutivo trapela che, esclusi i fragili, il costo dei tamponi non sarà coperto dallo Stato non solo perché' a pagarli non dovrebbe essere la collettività ma perché ciò costituirebbe un forte disincentivo alla vaccinazione.

Ma sarebbe proprio questo il principale nodo da sciogliere per poter estendere l’obbligo del certificato verde, in pratica, alla stragrande maggioranza della popolazione.  Il numero uno di vial Astronomia Carlo Bonomi, che invoca il passaporto verde, sui test avverte: "Se c’è un accordo tra la parti sociali bisogna poi pensare ad un intervento sociale, non si può pensare che il costo sia a carico delle imprese". Sul fronte opposto Landini, pur non dichiarandosi contrario all'introduzione del certificato nei luoghi di lavoro e avendo in parte modificato la sua posizione originariamente più rigida continua a chiedere che “Governo e Parlamento si assumano la responsabilità politica di prevedere l'obbligo vaccinale per tutti, obbligo previsto allo stato solo per il personale sanitario in modo da evitare di produrre nei fatti divisioni nei luoghi di lavoro”. Nel panorama del mondo produttivo Confapi sarebbe invece favorevole all’eventualità che a pagare i tamponi siano i cosiddetti enti bilaterali cioe' quella rete che ruota attorno alle società per fornire servizi. 

Nei giorni scorsi il presidente degli industriali piemontesi Marco Gay ribadendo che “il vaccino è la risposta più forte a una pandemia che, purtroppo, c'è ancora e nessuno di noi, lavoratori, aziende o privati cittadini, può permettersi che si fermi ancora una volta anche una singola azienda” aveva auspicato “una soluzione, perché il green pass è prezioso, in fabbrica come nelle mense”. Sui tamponi , il numero uno di Confindustria Piemonte era stato altrettantiochiaro e allineato con Bonomi: “Non si può sicuramente scaricare sulle aziende un costo che in alcuni casi può essere veramente importante”. Il Green Pass obbligatorio per i lavoratori piace e non da oggi al presidente dell’Unione Industriale di Torino: “Si sta confermando uno strumento efficace per uscire dall’emergenza: la sua applicazione nelle aziende abbatterebbe i rischi per la sicurezza dei nostri collaboratori, garantendo continuità al lavoro e salvaguardando la ripartenza”, il giudizio di Giorgio Marsiaj.

Ormai è solo questione di tempo, se non sarà domani al massimo bisognerà aspettare i primi giorni della prossima settimana per il decreto. Poi gli effetti pratici probabilmente agli inizi di ottobre, per dare il tempo di adeguarsi vaccinandosi o sottoponendosi ai tamponi.

Intanto altri problemi da risolvere ci sono laddove l’obbligo non del Green Pass, ma addirittura della vaccinazione, esiste ormai da mesi. Ieri si è riunita, sia pure in una call a distanza, la commissione Salute della Conferenza delle Regioni. Come annunciato, oggetto della discussione è stato il modo con cui superare le difficoltà prodotte dalla sospensione dei sanitari No Vax. L’assessore regionale Luigi Icardi, l’altro giorno lo aveva anticipato: “Chiederemo al ministro Roberto Speranza come agire di fronte a reparti ospedalieri e servizi essenziali che si troveranno a rischio o addirittura non potranno funzionare per il venire meno del personale in seguito ai provvedimenti che vanno senz’altro assunti nei confronti di chi rifiuta la vaccinazione”. Icardi ribadiva ancora ieri che “non si mette in discussione la legge e per tutelare la salute. Chi non si vaccina deve essere trasferito ad altre mansioni o lasciato a casa”, ma il problema che si porrà a breve dovrà avere una soluzione. Da qui la decisione presa ieri di inviare al ministro una richiesta di indicazioni e linee guida chiare per le regioni. I tecnici hanno poco più di ventiquattr’ore di tempo per mettere nero su bianco la richiesta e le motivazioni da presentare al ministro. Domani i presidenti delle Regioni valuteranno e sottoscriveranno il documento. Poi toccherà a Speranza fornire le risposte. Le sospensioni, pur a rilento, proseguono e il tempo stringe per sapere come sostituire i sanitari no vax.

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