POLITICA & SANITA'

Sanità, dati inviati in ritardo. Piemonte retrocesso nei Lea

Dal vertice a metà classifica per un incredibile pasticcio nella trasmissione dei parametri al ministero. Ultima delle regioni del Nord. Conseguenze pesanti sull'attrattività dei servizi sanitari e sulla mobilità attiva dei pazienti. Sfumano i soldi della premialità

Ultima tra le regioni del Nord. Il Piemonte conquista il nient’affatto invidiabile primato nella classifica dei Lea, i Livelli essenziali di assistenza, ovvero la corposa seri di parametri che misurano l’efficienza e la qualità dei servizi sanitari. E con questa posizione, ottenuta dall’analisi dei dati relativi al 2019, affronta l’inattesa e drammatica sfida del Covid che sconvolgerà ancora oggi la sanità regionale.

Ma cosa ha portato il Piemonte a perdere ben 30 punti passando dal 218 del 2018 ai 188 dell’anno successivo? Quale la ragione di un arretramento a livelli del 2012 quando la sanità era da poco finita commissariata con il piano di rientro? Perché un tracollo dopo sei anni in cui è sempre stato in vetta alla classifica senza mai scendere sotto quota 200? La riposta a queste domande è più sconcertante di quanto si possa immaginare. Mentre il Veneto sale sul podio a pari merito con la Toscana, seguito a ruota da Emilia RomagnaLombardiaMarcheUmbria e Liguria il cui governatore Giovanni Toti ieri festeggiava il superamento di quota 200, il Piemonte finisce appena sopra alla Sicilia e alla Basilicata non per un calo repentino e pesante della qualità dei servizi, bensì per un incredibile concatenarsi di ritardi e omissioni dell’apparato burocratico della sanità piemontese. Chi dagli uffici di corso Regina avrebbe dovuto inviare al ministero i dati non lo ha fatto nei tempi dovuti. È messo nero su bianco a pagina 101 del documento della Direzione generale della programmazione sanitaria del ministero, dove si legge che “il punteggio, in peggioramento rispetto all’anno precedente, è dovuto in particolar modo alle carenze informative, quali l’insufficienza della qualità̀ dei flussi informativi, integrate solo successivamente alla data di chiusura della valutazione della griglia Lea”.

Se i livelli reali delle cure fornite in Piemonte sono decisamente superiori a quelli rappresentati dalla classifica e, sostanzialmente in linea, con l’andamento degli ultimi cinque anni, tanto che alcuni parametri come quello della prevenzione e del comparto ospedaliero vedono il Piemonte addirittura al primo posto, quello che ha portato allo scivolamento in classifica non si può rubricare come un incidente ininfluente. Tutt’altro. 

Quel dodicesimo posto in cui è finita la regione pesa moltissimo. Pesa sull’attrattività, innanzitutto: il primo parametro per accentuare la mobilità attiva, ovvero l’arrivo di pazienti in Piemonte da altre regioni, e frenare quella passiva è proprio dato dai Lea. Più una regione è in cima alla classifica più viene considerato elevato il livello delle sue strutture e dei suoi servizi sanitari. Non solo. L’accesso al fondo di premialità dipende anch’esso dalla posizione nella griglia Lea e per quei dati non forniti o mandati a Roma in ritardo il Piemonte rischia di rimetterci anche dal punto di vista finanziario.

“Per negligenza grave dell’assessorato il Piemonte, che era nel gruppo di testa delle Regioni insieme a è stato retrocessa al dodicesimo posto. Così dopo anni di giusto orgoglio piemontese per aver raggiunto con grande impegno ottimi risultati sui Lea e sull’eliminazione dei debiti del passato con l’uscita dal piano di rientro, il Piemonte indietreggia in modo consistente”, osserva non senza muovere una forte critica alla macchina di corso Regina, l’ex assessore Antonio Saitta rivendicando i risultati ottenuti in questo ambito durante la scorsa legislatura. “Temo che la Regione abbia imboccato la strada del ritorno al piano di rientro”, chiosa il titolare della Sanità della giunta di Sergio Chiamparino.

Sulla retrocessione del Piemonte nella classifica basata su 38 parametri che spaziano l’intero ambito della sanità e soprattutto sulle ragioni che si troverebbero nei citati ritardi nella comunicazione dei dati il Pd, con il consigliere Domenico Rossi, annuncia un’interrogazione. Se quei numeri, o almeno una parte, dovevano essere comunicati nel 2020 ci si sarà messa pure di mezzo l’emergenza Covid, lo smart working e quant’altro. Resta il fatto che la pandemia non ha colpito solo il Piemonte e dunque una pur parziale giustificazione vacilla nel raffronto con le altre Regioni che i dati li hanno forniti in maniera completa e puntuale. E se il sistema si è inceppato prima dell’emergenza sanitaria, magari proprio nel corso del 2019 a metà del quale c’è stato il cambio del governo regionale, il problema resta. Sempre lì, in corso Regina.

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