POLITICA & GIUSTIZIA

Sull'addio di Terzi intervenga Cartabia

Non iscritto a nessuna corrente, con le sue prese di posizione volte a frenare gli eccessi di alcuni pm, l'ormai quasi ex magistrato torinese aveva per certi versi anticipato la riforma. Costa (Azione): "Ora è il ministro che deve fare chiarezza"

Dal 1° ottobre Massimo Terzi, 65 anni, non sarà più il presidente del Tribunale di Torino, e in quel giorno dopo una lunga e onorata carriera lascerà pure la toga. Si è dimesso da tutto, anche dalla magistratura, andando in pensione in anticipo di cinque anni rispetto alla reggenza che la sua età gli avrebbe consentito di ricoprire dentro il mondo della giustizia. Ha sbattuto la porta lasciandosi alle spalle un mondo per cui per decenni ha prestato servizio nei vari ruoli ricoperti, ultimo quello a capo dell’ufficio torinese. Fatto fuori da quel sistema di correnti interne alla magistratura che gli ha negato, nonostante avesse titoli ed anzianità, la presidente della Corte d’Appello di Milano: a giugno il Csm gli aveva preferito Giuseppe Ondei, 60 anni. Una scelta che aveva spaccato il plenum di Palazzo dei Marescialli: 13 voti per il magistrato bergamasco (dei consiglieri di “Autonomia e Indipendenza” e “Magistratura Indipendente”) e 10 per Terzi (sette voti dai togati di Area e di Unicost e due componenti “laici”).

Un addio amaro, quello di Terzi, non iscritto a nessuna componente e proprio per questo penalizzato: “Avevo più titoli io. Sono deluso da questo mondo e quindi vado via. A queste condizioni non ci sto – ha spiegato ai giornali –. Ho fatto 17 anni di ruoli direttivi e mi hanno preferito un altro che non aveva questi numeri. Cosa dovrei pensare?”.

Non si può che pensarne male, come invita a fare Enrico Costa, ex ministro e vice guardasigilli, oggi responsabile giustizia di Azione: «Terzi ha sempre avuto il coraggio di dire a chiare lettere quello che tutti pensano: i Pm mandano molte persone a processo senza prove adeguate, anziché archiviare. Le sue parole furono contestate, ma aveva, di fatto, anticipato il contenuto della riforma Cartabia: si mandino le persone a processo solo quando c’è la ragionevole probabilità di condanna, perché il processo – anche se seguito dall’assoluzione – è una pena». Ora Terzi «lascia la magistratura con cinque anni di anticipo per protesta. Amareggiato perché il Csm gli ha preferito alla guida della Corte d’Appello di Milano un altro candidato con meno titoli. Una denuncia grave la sua, che purtroppo non stupisce. E soprattutto dimostra – spiega Costa – quanto è complessa la carriera per i Giudici non “adesivi” alle Procure». La bocciatura di Terzi da parte del Csm è, per il deputato piemontese, «un messaggio. Forte e chiaro. Che Terzi, con grande dignità, ha rispedito al mittente. Il Ministro della Giustizia approfondisca la vicenda, perché il nostro Paese non può permettersi di perdere una persona seria e capace come Terzi, e soprattutto il nostro Paese non può avere un sistema giustizia in cui la terzietà del giudice sia elemento penalizzante».

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