SACRO & PROFANO

Vescovi copia incolla sulla Messa antica e un don benedice le nozze civili

Una nota che ricalca il motu proprio del Papa. Ora si attendono (così per quanto) i decreti per ogni diocesi piemontese. Il parroco di La Loggia "concelebra" in municipio il matrimonio di un assessore. Partite le consultazioni per la successione di Nosiglia

Se volessimo indicare il prototipo del prete progressista torinese non mancherebbe di fare la sua bella figura il parroco di La Loggia, uno dei più rappresentativi esponenti di quella corrente, sempre più in declino, che però ancora vuole stare sulla scena. Don Ruggero Marini, classe 1951, ordinato sacerdote nel 1979, commenta il Vangelo settimanale su una tv locale, ha assunto da anni il ruolo dell’«anticonformista di professione», nel senso di riuscire a conformarsi sempre alla vulgata corrente. Il suo fine è quello – non sempre riuscito – di épater le bourgeois, non rendendosi forse conto che quel tipo di Chiesa liquida, da sempre vagheggiata, che non parla più di verità ma avvia processi, è ormai insediata al potere e non si sorprende più di nulla. Anzi, è essa stessa la fonte dello stupore in quanto a trovate originali ed eterodosse. Va dato però atto a don Ruggero che non manca di coraggio e ciò che altri suoi confratelli pensano, ma non dicono, lui lo afferma apertamente, così quello che molti altri auspicano e teorizzano, lui lo mette in pratica.

Qualche mese fa, quando era in corso la campagna mediatica contro i tre sacerdoti accusati di aver indotto “vocazioni forzate”, accuse rivelatesi infondate e archiviate dal giudice, mentre altri tramavano dietro le quinte – o meglio dietro le tonache – egli si lanciava sulla vicenda con affermazioni che, rilette oggi, ben riflettono il pensiero di una parte, schierata in quella che, a buon diritto, è stata definita una «guerra ecclesiale» senza esclusione di colpi. Intervistato da una agenzia di stampa, don Marini puntò il dito contro l’inerzia dell’arcivescovo Cesare Nosiglia che sulla vicenda avrebbe mantenuto un atteggiamento ambiguo e «ha disatteso le aspettative di quanti speravano in una presa di posizione decisa. Non ha affrontato gli elementi più gravi. E qui, ora, bisogna dare delle risposte, perché la posta in gioco è altissima. Viene pesantemente compromessa l’identità sacerdotale, viene mistificato il significato profondo della vocazione. Perché il vescovo non reagisce con determinazione, su un piano di trasparenza e di verità?». Insomma, il libertario parroco di La Loggia, chiedeva, in nome dell’identità sacerdotale e della dottrina, che ai tre suoi confratelli venissero inflitte le sanzioni canoniche del caso, preoccupato dal fatto che «in diocesi i preti che fanno capo a lui (don Salvatore Vitiello) sono ormai 35 e questo provoca una lacerazione grave nelle comunità».

Sabato scorso, 18 settembre, a La Loggia, nella cornice del castello Galli, il presidente del consiglio comunale della città, Leandro Macheda, univa in matrimonio con la sua promessa l’assessore all’edilizia Franco Zoia. Accanto all’ufficiale di stato civile don Ruggero, con tanto di stola ricamata, benediva – così parrebbe – i nubendi e rivolgeva ad essi l’allocuzione di rito. Forse, i liturgisti potrebbero illuminarci se la benedizione di un matrimonio civile, ancorché non ancora contemplata, sia teologicamente giustificabile – cosa affatto esclusa – almeno da un Andrea Grillo. Quello di don Ruggero si può comunque definire, come direbbero alcuni, «un segno dei tempi» e un bel messaggio di apertura al mondo perché in fondo si tratta soltanto di «bene dicere», cioè dire bene, di un matrimonio – sia pure civile – tra un uomo e una donna. Nella Chiesa vi sono ormai vescovi – vedi il presidente di quelli tedeschi – che vedono con favore, teorizzano e giustificano evangelicamente, la benedizione della Chiesa sulle unioni di coppie gay, così come anche a Torino lo è qualche noto biblista. Sotto questo profilo, il parroco di La Loggia non è poi, come sembrerebbe, così “avanzato” e originale.

Sulla vicenda della Madonna di Groscavallo, è intervenuto il biblista Carlo Miglietta giustificando la “svestizione” della venerata statua con la riproposizione di testi magisteriali che hanno ormai più di cinquant’anni e che avrebbero dovuto fondare il «nuovo corso» della Mariologia ma che, alla prova dei fatti, non hanno avuto grande efficacia. Nel 1970, Paolo VI si lamentò di quella che è stata definita «l’epoca glaciale mariana» dove Maria è ridotta – anzi, secondo Miglietta si è autoridotta – a «donna di servizio», affermando che essa era il frutto di «una mentalità profana». Nacque così l’enciclica Marialis Cultus del 1972 che tentò di rilanciare la devozione mariana e per questo fu accolta assai male dal milieu intellettuale cattolico. Ma infine, siamo poi così sicuri che «il popolo concreto», al cui sentire sempre ci si appella, ma senza il quale l’evangelizzazione perde la sua efficacia, non ami invece i manti e le corone sul capo di quella Vergine che Pio XII proclamò Regina istituendone la festa nell’Anno Mariano 1954?

I vescovi piemontesi hanno infine emesso la nota sul motu proprio Traditionis Custodes, fortemente voluta dal vescovo di Novara Giulio Franco Brambilla. Mai come in questo caso l’obbedienza è stata «cieca pronta e assoluta». La nota deve essere costata ai presuli un notevole sforzo di elaborazione in quanto non è altro che la pedissequa riproposizione del testo pontificio. Adesso vedremo i decreti dei singoli vescovi – se mai li emetteranno – oppure se, con la comoda e falsa scusante che non esistono gruppi di fedeli che richiedono la celebrazione della Messa antica, continueranno a ostacolare ogni loro appello. Stando al testo, ogni vescovo dovrebbe nella sua diocesi nominare un sacerdote che «sia incaricato delle celebrazioni e della cura pastorale di tali gruppi di fedeli». Lo faranno o si contorceranno nell’ingegnarsi le più assurde giustificazioni?

Voci romane di una certa attendibilità, dicono che il nunzio apostolico in Italia, monsignor Emil Paul Tscherring, ha iniziato le consultazioni e le richieste di informative per la designazione del nuovo arcivescovo di Torino in sostituzione di monsignor Nosiglia, che il 5 ottobre prossimo compirà 77 anni.

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