VERSO IL VOTO

Salvini s'affida a Torino, Damilano a Giorgetti

Il leader della Lega punta sul capoluogo piemontese per contrastare l'offensiva giudiziaria e contenere la crescente opposizione interna. Il candidato sindaco fa lo gnorri ma ha già deciso da che parte stare

“Vedrete che Torino sarà una sorpresa. Una delle più belle delle prossime elezioni”. Ci conta davvero Matteo Salvini. Sa che il capoluogo piemontese è l’unica città che potrebbe evitare a lui e all’intero centrodestra la capitolazione su tutti i fronti alle prossime amministrative. Poco importa se con Paolo Damilano nelle ultime ore è calato il gelo: se i suoi mostrano i denti e se la prendono con l’“ingrato” candidato, lui sfoggia il sorriso, seppur tirato, di chi deve fare buon viso a cattivo gioco. “Vai e vinci al primo turno” gli dice nel corso del faccia a faccia con il sindaco di Genova Marco Bucci e pazienza se l’imprenditore ha dato forfait all’appuntamento successivo, quello in corso Palermo, Barriera di Milano, dove il Capitano ha spronato la sua “gente perbene” ad andare “casa per casa, negozio per negozio”, fino all’ultimo voto.

Torino arbitro del destino di Salvini? Lui prova a stemperare la tensione, aumentata negli ultimi giorni anche dai dissidi con il suo numero due Giancarlo Giorgetti: “Non c’è la Lega in gioco, ma le città in cui si vota”. Intanto non è sfuggito ai suoi che venerdì il ministro sarà a Torino per chiudere la campagna di Torino Bellissima, la lista civica di Damilano e non quella della Lega. A che gioco gioca? Il candidato del centrodestra fa lo gnorri e si chiama fuori: “Io non so assolutamente nulla di questa dinamica all’interno della Lega. Sono talmente impegnato nella mia campagna che non ho neanche tempo di leggere i giornali”. Certo, certo. Non avrà colto i dissidi ma pare aver scelto chiaramente da che parte stare.

Quattrocento, forse cinquecento persone provano a far dimenticare per un attimo al leader della Lega le pene delle ultime quarantott’ore. Lo stato maggiore è tutto al suo fianco, a partire dal segretario regionale e capogruppo alla Camera Riccardo Molinari, che la scorsa settimana ha ricevuto un rinvio a giudizio per falso assieme al numero uno del partito provinciale torinese Alessandro Benvenuto, anche lui presente. A pochi giorni dalle urne la Lega è finita sotto il fuoco della magistratura a tutti i livelli e il caso Morisi sembra dare coraggio a quel dissenso interno rimasto per anni sopito. “Vediamo come vanno queste elezioni poi capiremo cosa succederà” dice uno dei maggiorenti locali. Divisioni? “Piuttosto sensibilità diverse, ma alla fine la Lega è una”. La tiritera sembra concordata, dicono tutti la stessa cosa. Viene in mente il motto del vecchio feldmaresciallo prussiano: “Marciare divisi per colpire uniti”. Ma il clima non sembra esattamente quello.

Due cordoni di forze dell’ordine hanno chiuso per tempo la strada, i centri sociali avevano minacciato contestazioni e non hanno mancato alla promessa. Dal palco il leader della Lega un po’ fa la vittima e un po’ provoca: “Non è normale che per consentire a me di esprimere le mie idee debbano esserci decine di poliziotti e carabinieri. E, diciamolo, non è normale neanche che nel duemilaventuno ci sia ancora chi va in giro con la falce e il martello”. E qui a prendersela sono i pochi reduci della sezione Luigi Longo dei Comunisti italiani, a pochi passi dal palco.

In platea tanti parlamentari, consiglieri regionali e candidati in Comune e Circoscrizione. Il presidente del Museo del Grande Torino Domenico Beccaria è il più attivo a distribuire i suoi santini, c’è pure l’ex dipietrista convertito al verbo salviniano Roberto Cermignani (alias Bellicapelli) e poi attivisti, militanti, semplici curiosi. A pochi metri dal palco c’è il gazebo di Varangela Marino, candidata in circoscrizione con Fratelli d’Italia, che sembra voler marcare stretto gli alleati/concorrenti.

Dura poco più di un quarto d’ora il suo comizio dal palco: “Votare Pd e M5s è la stessa cosa, è bene che i torinesi lo sappiano prima e ci pensino bene su. Perché tanto poi si metteranno insieme”. La “gente perbene” accorsa per ascoltarlo applaude, poi tutti in fila per un selfie col Capitano.    

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