EMERGENZA SANITARIA

Specialisti a vaccinare, liste d'attesa al palo 

Anziché incrementare le visite, molti sanitari vengono impiegati negli hub. Rivetti (Anaao-Assomed): "Lasciare i medici negli ospedali". Perla (Aiop): "La sanità privata accreditata continua ad assicurare tutte le prestazioni. Nessun esaurimento del budget"

Come si fa a ridurre le liste d’attesa se gli specialisti anziché aumentare le visite vengono impiegati nei centri vaccinali? Quella del personale è una coperta corta e questo lo si sa, ma se la si tira in maniera sconclusionata oltre a coprire meno di quanto sarebbe possibile, rischia di strapparsi.

I tempi lunghi che i cittadini devono sopportare per una visita, un esame o per un intervento sono un’emergenza e come tale va affrontata. Si dirà, a ragion veduta, che anche la campagna vaccinale è altrettanto un’emergenza. Vero, tuttavia a quasi un anno dalla prima dose e con la terza da accelerare nella prospettiva di estenderla a tutti, è logico immaginare un sistema strutturale e non più emergenziale per l’immunizzazione. Peraltro non potendo escludere ulteriori richiami oltre alla terza inoculazione e tenendo conto che c’è ancora una fetta non irrilevante della popolazione da vaccinare.

Un quadro complesso, nessuno lo può negare, tuttavia quello che sta succedendo in molte zone che corrispondono ad altrettante Asl e alle loro decisioni rischia di avere pesanti contraccolpi se non si troverà una soluzione che non sia quella di ondeggiare tra un’emergenza e l’altra.

“Se a gennaio l’urgenza di contenere la terza ondata poteva giustificare il coinvolgimento dei medici specialisti, ora – osserva con preoccupazione Chiara Rivetti, segretaria regionale del sindacato dei medici ospedalieri Anaao-Assomed – sono trascorsi mesi in cui si doveva organizzare adeguatamente il territorio per concludere la seconda dose e somministrare la terza. E liberare così cardiologi, chirurghi, nefrologi, neurologi e altri specialisti, che invece di fare il loro mestiere, operare, visitare e smaltire le liste d’attesa, sono occupati ad inoculare vaccini”. Ma perché questi specialisti anziché aumentare la loro disponibilità per ridurre i tempi di attesa delle visite vanno a vaccinare? Tra le spiegazioni una lascia perlomeno perplessi: “Non poche Asl, tra queste la To5, la To3 e quella di Vercelli hanno messo come obiettivo per i dirigenti medici proprio l’adesione alla campagna vaccinale”, spiega Rivetti. E se l’azienda pone come obiettivo non (solo) la riduzione delle liste d’attesa ma anche la partecipazione all’immunizzazione contro il Covid, non ci si può stupire se molti medici rispondano a quell'obiettivo che si traduce in parte dello stipendio. “Al San Luigi di Orbassano per un nuovo hub vaccinale si richiede l’apporto di medici, oltre che di infermieri. All’azienda ospedaliera di Alessandria – elenca la segretaria regionale del sindacato dei camici bianchi – si utilizzano per la vaccinazione specialisti, in molti casi primari, in orari di servizio, oltreché fuori orario con la tariffa di circa 80 euro all’ora”. 

Ma, in una situazione così, com’è possibile immaginare che la strigliata data pochi giorni fa dal presidente della Regione Alberto Cirio ai direttori generali possa sortire un concreto effetto? Con al suo fianco l’assessore alla Sanità Luigi Icardi, Cirio aveva ricordato con non ingiustificata preoccupazione che se non si impegnano entro fine anno gli oltre 30 milioni disponibili per ridurre le liste d’attesa, quei soldi il Piemonte rischia concretamente di perderli.

Già, perché per una volta non è questione di soldi: ci sono e addirittura c’è il rischio di doverli restituire. “Perché anziché pagare 80 euro l’ora per vaccinare non si danno quei soldi agli specialisti per lavorare ore in più rispetto a quelle da contratto riducendo i tempi di attesa?” chiede il sindacato. “Invece oltre che per la campagna vaccinale, gli specialisti vengono anche utilizzati per coprire i vuoti nei Pronto Soccorso. Succede in molte Asl. Avviene per i chirurghi dell’Asl Cuneo1, della To5 e per internisti, cardiologi ed endoscopisti della To4”, spiega Rivetti chiedendo alla Regione perché anziché aprire ai non specializzati l’impiego in Pronto Soccorso, non si utilizzino questi giovani medici nei centri vaccinali evitando che negli hub continuino ad andare gli specialisti. "Purtroppo il ricorso a personale ospedaliero per la campagna vaccinale, un anno dopo il suo inizio, è la conferma della debolezza e del mancato rafforzamento della medicina territoriale", sostiene la sindcalista. 

E mentre anche sull’impiego degli infermieri si segnalano problemi, come succede in alcuni centri vaccinale dell’Asl di Alessandria dove sarebbero in atto modifiche ai turni con un’inspiegabile riduzione del personale, un aspetto della riduzione delle liste d’attesa riguarda la sanità privata. Appena l’altro giorno il presidente regionale di Aiop, l’associazione della sanità privata “laica”, Giancarlo Perla aveva ricordato come “la sanità privata si è messa a disposizione da subito per garantire spazi operatori, letti, prestazioni per recuperare le liste d’attesa, ma rispetto alla disponibilità le richieste di molte Asl sono tardive”. Oggi a fronte di voci circa il rifiuto da parte di alcune strutture a fornire prestazioni in regime di accreditamento, ovvero pagate dal servizio sanitario, Perla esclude che si sia arrivati a superare il budget previsto. “Non è affatto così. Le prestazioni erogate dalle nostre strutture continuano ad essere assicurate ai cittadini. Anche se arrivassimo ad esaurire il budget concordato con la Regione ci sono fondi aggiuntivi proprio per le liste d’attesa. Accerteremo se qualcuno ha proposto visite o altre prestazioni a pagamento dicendo che non è più possibile fornire quelle pagate dal servizio sanitario. Siamo pronti a ricevere segnalazioni in merito. Di certo nessuno può sostenere che non ci siano fondi per proseguire a fornire i servizi”.

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