TRAVAGLI DEMOCRATICI

Letta riapre il fronte del Nord
e vuole Lo Russo in prima linea

Un Pd che torni a dialogare con i ceti produttivi e si radichi nelle aree più dinamiche del Paese. Nei piani del segretario c'è un ruolo "nazionale" e di traino per il sindaco di Torino. Che intanto ha già iniziato a tessere la sua rete di relazioni

Il Pd prima di diventare il partito dei sindaci ha bisogno di un sindaco. “Sappiamo di avere il 70% dei sindaci ma abbiamo il 20% nel Paese e dobbiamo cercare di vincere le politiche”, ha detto pochi giorni fa Enrico Letta parlando all’assemblea dei primi cittadini progressisti riuniti a Roma. “I sindaci sono in prima linea – gli aveva fatto eco il presidente del partito Valentina Cuppi, alla guida del Comune di Marzabotto – e devono poter indirizzare l’azione del Pd”.

Al Nord, poi, serve un sindaco capace di interpretare quel che al partito si ritiene indispensabile, ovvero la ripresa dell’iniziativa politica tra i ceti produttivi e il radicamento nelle aree più dinamiche del Paese. Soprattutto dopo che Beppe Sala ha scelto una collocazione autonoma e, per certi versi, persino di sfilarsi da quel fronte che invece il segretario Pd intende promuovere. Per questa ragione Letta non può che guardare - non per ripiego, ma certo in una sorta di nemesi rispetto all’atteggiamento di gran parte della nomenclatura piddina nei mesi che precedettero l’esito delle primarie – a Stefano Lo Russo.

Il professore, da meno di due mesi primo cittadino di Torino, questa meritata attenzione e altrettanta forte aspirazione da parte del vertice nazionale di averlo come figura cruciale per un recupero al Nord l’ha percepita in maniera eclatante nelle recenti missioni romane, nel corso delle quali, tra un incontro ai ministeri e altri passaggi in luoghi istituzionali, ha varcato più volte l’androne del Nazareno. Che si tratti del principale inquilino o di altri condomini – uno per tutti, Marco Meloni, stretto collaboratore del segretario, e persino i capi delle varie correnti interne – il messaggio recapitato è chiaro: “Stefano, abbiamo bisogno di te”. Pensare che sono passate mica troppe settimane da quando dallo stesso indirizzo partivano segnali ed emissari diretti a Torino in cui il nome di Lo Russo equivaleva spesso a un’alzata di sopracciglio e allo scuotimento di testa. Non ci vuole la memoria d’elefante per ricordare le secchiate d’acqua gelata di Francesco Boccia a chi “osava” parlare dell’ex capogruppo nei cinque anni della follia grillina come del possibile, auspicabile sindaco e ne caldeggiava la candidatura. “Con lui si perde”, sentenziavano psefologi d’accatto, gli stessi che oggi lo blandiscono e ne reclamano un impegno in prima linea.

“Questo è il tempo dei costruttori. Candidiamoci ad essere costruttori di ponti e di soluzioni”, ha detto Lo Russo qualche giorno fa intervenendo in Campidoglio all’Assemblea nazionale dei sindaci “progressisti e riformisti”. “L’orizzonte che deve darsi il Pd è quello di far tornare i cittadini ad innamorarsi delle loro istituzioni pubbliche”, ha aggiunto tratteggiando quello che a suo giudizio deve essere il profilo di chi è stato chiamato a guidare Comuni piccoli e grandi: “Siamo amministratori di prossimità, l’impegno dei sindaci deve essere quello di riavvicinare i cittadini per i quali l’amministrazione pubblica è percepita lontana e talvolta anche ostile. Metà dei cittadini non è andata a votare, dobbiamo darci un orizzonte, quello di lavorare a far tornare i cittadini un po’ innamorati delle istituzioni. Candidiamoci ad esser quelli che contribuiscono a essere costruttori di ponti”. Da qui il rapporto con il Pd: “Noi sindaci siamo soli se non abbiamo una dimensione nazionale e se non abbiamo un partito che fa diventare le nostre istanze delle battaglie da far arrivare al Parlamento. La battaglia non deve essere solo la battaglia dei sindaci, ma battaglie del Partito Democratico. Se sapremo farlo, saremo in grado di fare le cose che i cittadini ci chiedono di fare”. Musica per le orecchie di Letta che lo vuole direttore di un’orchestra in grado di tornare a marciare al Nord.

Insomma, dai giorni del grande freddo di acqua sotto i ponti ne è passata poca, ma abbastanza per far navigare il Nazareno lettiano verso il sindaco di Torino come una barca in cerca di un approdo lungo la rotta (in tutti i sensi) del Nord. “È il momento di prendere il toro per le corna”, ha ammesso qualche settimana fa l’ex premier di fronte allo stato maggiore del partito milanese riunito al Pirellone. “Non c’è mai stato nella storia della politica italiana, dopo il 1994, un tempo in cui siamo stati fuori dalla gestione di qualunque regione del Nord. Noi siamo fuori da tutto, anche dal mitico Trentino. Il tema del Nord fa affrontato”, ha concluso guardando alle prossime elezioni regionali ma anche con qualche consolazione ai municipi riconquistati, a partire appunto da Torino. Un Nord non certo opulento di sindaci piddini al vertice di grandi città, ma che ha notevoli probabilità di vedere un asse nuovo, sotto la bandiera del partito lettiano, tra Torino e Bologna. Pur con storie e radici politiche assai differenti, tra Lo Russo e il suo collega emiliano-romagnolo Matteo Lepore, sta consolidandosi un rapporto che va oltre quello istituzionale e di compagni di partito. Visioni comuni su temi importanti, come il ruolo delle città metropolitane, l’idea stessa di città e, non certo da ultimo la ricerca della giusta collocazione nell’ambito dell’Anci proprio del loro partito che pure ha la presidenza dell’associazione dei Comuni con Antonio Decaro.

Si sa quanto importante possa essere l’Anci (citofonare Piero Fassino) per un partito che più volte ha cullato l’idea (tra sogni e timori interni) di diventare il partito dei sindaci. “Voglio che siate in campo” ha detto loro, nell’assemblea Letta. Vuole e ne ha bisogno l’inquilino del Nazareno che benedisse il futuro del “secchione” Lo Russo, appena eletto, come dirigente nazionale del partito. Quella che poteva apparire un’onorificenza al merito conquistata sul campo (e contro il fuoco amico nella complessa fase di individuazione del candidato) oggi si palesa per il prof. del Poli una vera chiamata alle armi. In stato di necessità.

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