Cattolici al "centro"

È risaputo che in Italia quando si parla di presenza politica dei cattolici e del “partito di centro” si pensa quasi alla stessa cosa. Anche perché, nella vulgata generale – da De Gasperi in poi – il partito di centro per eccellenza è stata la Democrazia Cristiana. Non a caso, ancora oggi si ricorda la celebre frase del leader trentino quando definì la Dc “un partito di centro che marcia verso sinistra”. Una osservazione giusta perché la Dc era un grande partito popolare, interclassista e di massa che rappresentava al proprio interno interessi sociali, mondi culturali, provenienze politiche e mondi diversi. Per intenderci, dalla sinistra sociale di Forze Nuove del mio “maestro” Carlo Donat-Cattin alla destra conservatrice di Scalfaro e all’ala più moderata del pianeta doroteo. Ma, grazie ad una straordinaria sintesi politica condotta dei suoi gruppi dirigenti per quasi 50 anni è stato, appunto, “una grande partito di centro”. E la presenza pubblica dei cattolici, per ragioni culturali, storiche e anche religiose – seppur nel rigoroso rispetto della laicità dell’azione politica – è, di fatto, coincisa in larga misura con quella esperienza politica e partitica.

Ora, archiviata e consegnata alla storia la gloriosa e nobile esperienza politica della Democrazia Cristiana, resta aperta la cosiddetta “questione cattolica” anche se, come ovvio e scontato, da ormai svariati lustri il pluralismo politico dei cattolici è una prassi e un metodo largamente acquisiti nello stesso “popolo” cattolico. Detto questo, resta però del tutto aperta l’altra grande questione che storicamente caratterizza e accompagna la politica italiana: e cioè, la presenza di un “centro” nella geografia politica italiana. E questa, forse, sarà l’unica vera novità delle prossime elezioni politiche dopo il lento ma irreversibile tramonto del populismo grillino che è stato, al di là dei giudizi di ognuno di noi, il vero elemento di grande e vera discontinuità nella politica del nostro paese. Ora che quella parentesi si sta chiudendo – come dicono gli stessi protagonisti di quella pagina populista, qualunquista, demagogica e giustizialista – è del tutto naturale che la politica italiana volti pagina. E, di conseguenza, il tramonto del populismo grillino invoca e richiede la presenza di altre categorie politiche. A cominciare dalle tradizionali categorie politiche: ovvero la destra, la sinistra e il centro. Non a caso, e per fortuna, il Pd accentua sempre di più la sua connotazione di sinistra – e il prossimo ingresso di D’Alema nel Pd, cioè del più autorevole e significativo esponente di quel campo politico, lo conferma in modo persin plateale – e, sul versante opposto, la leadership legittima e sempre più marcata della Meloni e di Salvini certificano il peso e il ruolo della destra democratica nel nostro paese.

Ecco perché il “centro”, adesso, non è più solo una evocazione astratta o virtuale, come è di fatto capitato in questi lunghi 25 anni. E l’iniziativa concreta, e politica, di alcuni partiti e movimenti di dar vita in vista delle prossime elezioni politiche ad un grande “progetto di centro” plurale e riformista, democratico e di governo, può essere, lo ripeto, la vera novità della competizione elettorale. Una sorta, appunto, come è stato detto più volte, di “Margherita 2.0” – almeno sotto il profilo del metodo – che riunisce sotto lo stesso tetto le varie esperienze centriste già presenti nello scacchiere politico italiano.

E questa offerta politica può incrociare, laicamente, le attese di una parte, anche se consistente, del mondo cattolico italiano. Certo, nel pieno rispetto del pluralismo delle scelte politiche di ognuno – come ho incordato all’inizio di questa riflessione – ma anche con la convinzione che riproporre alcune costanti del passato che appartengono non solo ad un ipotetico centro ma ad una vera e autentica “politica di centro”, possono essere elementi centrali ed importanti per dare una offerta anche e soprattutto a settori che in questi ultimi tempi non hanno più avuto una adeguata rappresentanza politica.

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