SU E GIÙ DAL COLLE

Dietro il Quirinale c'è il Governo.
Tre "papabili" per un ministero

Nelle trattative frenetiche di queste ore spuntano ipotesi di nuovi ingressi nell'esecutivo. Salvini pretende il Viminale per la Lega e tra i potenziali successori della Lamorgese salgono le quotazioni di Molinari. Borsino in crescita per Borghi (Pd) e Costa (Azione)

“Chissà, magari vuole solo trattare sul peso della delegazione leghista al Governo”, azzardava ieri sera un parlamentare del Carroccio di fronte a quel ritorno alla casella di partenza che come tale poteva apparire l’annuncio di Matteo Salvini di lavorare “a diverse proposte di qualità da parte del centrodestra unito” per il Colle. Di certo nella prima giornata di votazioni si è discusso e ragionato non meno di Governo che di Quirinale.

Preparare un nuovo premier e un nuovo esecutivo per dare il via libera a Mario Draghi per la Presidenza della Repubblica e non viceversa. E in questo scenario (ma anche in quello alternativo sia pur meno probabile di una permanenza dell’attuale premier a Palazzo Chigi che contemplerebbe comunque un rimpasto) Salvini chiede maggior peso per il suo partito e si prepara a cambi di ruoli. 

Nell’anomalia di una situazione in cui, come riferiscono insider, anche nei capannelli delle seconde file si è dedicato più tempo a ipotizzare ministeri che non candidati al Colle, gli echi di quei rumors hanno toccato pure il Piemonte, inteso come terra d’origine e bacino elettorale di papabili new entry in quello che sarà il Governo che dovrà condurre verso le elezioni politiche del 2023, ma nel frattempo gestire ancora l’emergenza Covid e continuare a lavorare senza indugi al Pnrr.

Il ritorno di Salvini al Viminale è impresa considerata al limite dell’impossibile anche qualora venisse riconosciuto, come richiesto, un maggior peso al partito il cui leader in queste ore sta esercitando il ruolo di king maker per l’elezione del Capo dello Stato e che, un anno fa, aveva risposto senza indugi alla richiesta di Sergio Mattarella, al contrario di quanto fatto dalla sua alleata-rivale Giorgia Meloni.

È questa necessità di non poter tornare agli Interni, senza però rinunciare a occupare il dicastero dove l’attuale titolare Luciana Lamorgese non può contare su grandi sostegni, tantomeno su azioni di rivendicare come successi, a portare la Lega a ipotizzare quella carica di primissimo livello nel Governo per Riccardo Molinari. Il borsino dell’attuale capogruppo alla Camera, rispetto a quello dell’attuale sottosegretario Nicola Molteni è dato decisamente in crescita. Per il parlamentare e segretario piemontese sarebbe un esordio nell’esecutivo arrivando subito in uno dei ruoli chiave, mai rinunciato dalla Dc finchè governò, per dire. Non un falco, ma un moderato per una poltrona tanto potente quanto rischiosa. Molinari falco non è e non è mai stato, il suo ruolo di capogruppo lo ha fatto crescere e apprezzare anche dagli avversari per le doti di equilibrio. Un lasciapassare fondamentale, insieme alla ferrea fedeltà al Capitano unita a più che solida amicizia, nel caso per lui si dovesse aprire il portone principale del Viminale. 

E semmai dovesse invertirsi la tendenza degli ultimi governi dove i ministri piemontesi sono stati pochi o addirittura nessuno e sempre nell’ipotesi di un sostanzioso rimpasto, potrebbe trovare conferma un’altra delle voci, non certo campate per aria, raccolte nelle ultime ore. Quella che darebbe più che ipotizzabile un ritorno nell’esecutivo di Enrico Costa, attuale deputato di Azione, già ministro per gli Affari Regionali e la Famiglia nel Governo Gentiloni e viceministro della Giustizia con Matteo Renzi premier. L’ex Forza Italia, transitato per l’Ncd di Angelino Alfano, in ogni forza politica dove è stato ha sempre espresso il suo profondo essere liberale e, non di meno, garantista. Le sua battaglie, spesso solitarie, sulla Giustizia e le sue prese di posizione (da viceministro non votò il testo sulla prescrizione del suo ministro) fanno del deputato monregalese ora con Carlo Calenda un più che papabile titolare di dicastero. 

In ascesa solida e rapidissima, un altro piemontese: il dem Enrico Borghi. Già segretario d’Aula, il parlamentare alla sua seconda legislatura è componente del Copasir, il comitato per i Servizi Segreti, ed Enrico Letta lo ha voluto in segreteria affidandogli il delicato compito di responsabile Sicurezza. Non solo, il segretario di cui il deputato della Val d’Ossola è un fedelissimo, lo ha anche inviato quale commissario in diverse regioni tra cui la Sardegna. E Borghi, decisamente il parlamentare che tra quelli piemontesi ha lo standing nazionale più alto e visibile, potrebbe essere un titolare di una poltrona di rilievo nel non improbabile futuro Governo che potrebbe nascere dopo l’elezione del Presidente della Repubblica. Ma, che stando ai ragionamenti e alle mosse di queste ore, sarebbe già in gestazione.

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