EMERGENZA SANITARIA

Specialisti mandati a vaccinare,
si allungano i tempi per le visite

Anziché ridursi crescono le liste di attesa. Sottoutilizzate le risorse messe a disposizione dalla sanità privata. Le Asl guardano ai bilanci. Barillà (Smi): "Un'impresa prescrivere una prestazione. Noi medici di famiglia non riusciamo più a fare il nostro lavoro"

“Il problema più grosso è quello di non riuscire più a fare i medici”. E se a dirlo è il segretario regionale di uno dei maggiori sindacati dei medici di famiglia, ovvero il collettore di decine e centinaia di messaggi con cui ogni giorno i colleghi esprimono le loro difficoltà, che ci sia più di qualche cosa che non va nel sistema è evidente. 

“Come se non bastassero le troppe incombenze burocratiche per la gestione dei casi Covid, ci troviamo ogni giorno che passa sempre più in difficoltà nel trovare specialisti cui affidare i nostri pazienti. Gli ospedali sono intasati, tanti specialisti sono impiegati come vaccinatori, molti reaprti sono ancora riconvertiti per la pandemia. Ecco perché siamo ogni giorno più in difficoltà a fare i medici”, spiega Antonio Barillà, a capo dello Smi (il sindacato medici italiani) del Piemonte.

Superate, anche se solo in parte, le difficoltà del sistema informatico per la gestione delle quarantene pur rimanendo ancora da sciogliere il nodo dei Sisp, i servizi di igiene e sanità delle Asl “con i quali – dice Barillà – resta praticamente impossibile comunicare sia per noi medici sia per i cittadini”, la gestione burocratica di tracciamenti, quarantene e isolamenti impegna ancora gran parte della giornata di lavoro di ogni medico di famiglia. Il problema delle visite specialistiche, degli accertamenti e degli interventi chirurgici ricade, naturalmente, in maniera pesantissima sui cittadini. Questo nonostante gli ultimi dati confermino un calo della pressione del Covid sugli ospedali, ci sia stato un rafforzamento dei posti letto con l’intervento della sanità privata e il recupero (parola che suona quasi beffarda) delle liste d’attesa resti una priorità.

Dello scorso dicembre la delibera che allarga la possibilità per le strutture private di fornire prestazioni proprio per ridurre i tempi di attesa, altri provvedimenti in tal senso sono stati assunti, ma il risultato è quello denunciato dai medici di famiglia e testimoniato dalle quotidiane vicissitudini di chi ha bisogno di cure, di esami, di interventi per tutte le patologie che non sono Covid. “Uno degli errori più grossi è quello di impiegare specialisti per la campagna vaccinale distogliendoli dalle loro funzioni e allungando i tempi per visite e interventi”, sostiene Barillà. “Un ortopedico mandato a vaccinare non potrà fare né visite né interventi in sala operatoria. Un assurdo che i direttori generali delle Asl continuano a generare guardando solo al bilancio. – sostiene il segretario dello Smi –. Utilizzare un medico ospedaliero, in orario di servizio, per le vaccinazioni non incide sui costi come inciderebbe pagare un suo collega esterno. Ma non può essere quello economico il parametro alla base di queste scelte che anziché ridurle, aumentano le liste d’attesa”.

Un’altra stranezza riguarda la sanità privata. Non solo dei circa 500 letti Covid chiesti in tutta fretta dalla Regione per provare ad arginare il passaggio di colore finora ne è stata utilizzata circa la metà nonostante i Pronto Soccorsi continuino ad essere affollati di pazienti “parcheggiati” per ore sulle barelle, ma anche sulle liste d’attesa le potenzialità fornite dai gruppi privati non viene per sfruttata completamente. Se, come spiega Giancarlo Perla, presidente di Aiop (l’associazione della sanità privata) alcune aziende come il Mauriziano “utilizzano le nostre strutture, come la Pinna Pintor, per gli interventi chirurgici”, in altri casi specie nelle province le Asl “ricorrono poco o nulla alle nostre cliniche”. 

print_icon