FIANCO DESTR

"Non cediamo ai ricatti",
Lega al veleno contro FdI

Centrodestra come neve al sole anche in Piemonte. Braccio di ferro sui vertici del Consiglio regionale. Salvini segue la partita e spiega la strategia dell'alleato: "Fanno così dappertutto". Molinari convoca il direttivo alla vigilia del voto in Aula

Il muro contro muro tra Fratelli d’Italia e la Lega sull’assegnazione dei posti nell’ufficio di presidenza del Consiglio regionale arriverà fino alla prova del voto. Oggi pomeriggio alle 16 e 30 il partito di Matteo Salvini riunisce in teleconferenza il direttivo piemontese per assumere una decisione a meno di ventiquattr'ore dalla seduta di domani. Decisione sulla quale il segretario Riccardo Molinari intende registrare la massima condivisione. 

Se FdI con il coordinatore regionale Fabrizio Comba, proprio dalle colonne dello  Spiffero  aveva annunciato la volontà di “andare fino in fondo”, altrettanto è intenzionata a fare la Lega. Andare fino in fondo per i meloniani significa, in assenza del posto richiesto, candidare alla presidenza il loro capogruppo  Paolo Bongioanni, in chiara opposizione al leghista Stefano Allasia incamminato verso una riconferma non senza ostacoli e forse qualche sorpresa.

Tenere la posizione, ovvero non cedere  nessuna delle attuali poltrone di vertice dell’assembla legislativa, per la Lega significa “non cedere a ricatti”, come riferisce chi ha parlato nelle scorse ore con Molinari, il quale a sua volta della vicenda dagli strascichi tutti da scoprire ha informato lo stesso Salvini. E nel colloquio con il segretario federale sarebbe emerso più volte il riferimento a una “tattica ormai diffusa nelle varie regioni” da parte di Fratelli d’Italia e, dunque, una strategia approntata al massimo livello.

Manca l’imprimatur di questo pomeriggio, ma i giochi sembrano fatti e anche l’ipotesi, che per qualche momento era parsa possibile, di promuovere Michele Mosca alla vicepresidenza al posto dell’azzurro Francesco Graglia con l’uscita di Gianluca Gavazza, compensato con una presidenza di commissione, ricavando così un posto per FdI, è del tutto sfumata. Intanto sarebbe a dir poco strano che presidente e uno dei sue due vice siano dello stesso partito, poi Forza Italia non è certo disposta a farsi da parte e, inoltre, Comba è stato chiaro nel rivendicare non una posizione qualsiasi, ma specificatamente la vicepresidenza. 

“Vogliono andare fino in fondo? Vorrà dire che ad Allasia mancheranno i 5 voti di Fratelli d’Italia”, il ragionamento che promana dal vertice leghista. Forse un po’ troppo ottimistico, giacché Bongioanni potrebbe ottenere non solo le cinque preferenze in arrivo dai banchi del suo partito e pure qualche voto dalle opposizioni, pronte a inserirsi in questa disputa interna al centrodestra. Come insegna la votazione sui grandi elettori per il Quirinale, Allasia potrebbe finire nel mirino di qualche franco tiratore del suo stesso partito. Rumors interni al gruppo stimerebbero, almeno alla prima votazione, dai 4 ai 5 voti mancanti dalla Lega. Effetto domino di quanto successo durante la settimana di tregenda (per Salvini) quirinalizia, ma anche “ennesima prova muscolare, tipica di quel partito”, come si fa notare dalla Lega usando non a caso l’immagine dei bicipiti riferendosi agli eredi del Msi. 

Un atteggiamento quello ascritto dai leghisti agli uomini della Meloni che “va a rafforzare l’azione aggressiva, che se ormai residuale, di proselitismo sul territorio”: non è un caso, fanno notare i consiglieri del Carroccio, che siano proprio i dirigenti del partito della Meloni a far trapelare indiscrezioni su imminenti cambi di casacca, a Palazzo Lascaris e in Parlamento: “Un vero e proprio bluff”, azzardano. Uno scontro, mai visto prima, all’interno della maggioranza che governa la Regione, quello che domani sarà certificato da un voto dal quale non potranno non derivare ulteriori tensioni, con possibili riverberi anche sulla giunta. 

Giunta cui proprio dalla Lega arriveranno un serie di punti, definiti nel direttivo regionale odierno, su cui concentrare l’azione nella seconda parte della legislatura. Un’operazione volta ad incalzare l’esecutivo e a marcare ulteriormente l’agenda. A questo proposito nella Lega non si rinuncia a esprimere un certo disappunto per l’assenza, in questo contesto, di Alberto Cirio, il governatore che non sembra rinunciare alla collaudata strategia dell’opossum: fingersi morto di fronte al pericolo. E se non pericoli, certamente i rischi – a partire da quello di un terremoto nella maggioranza con il voto di domani – non mancano di certo.