LA SACRA FAMIGLIA

Elkann scuce un miliardo al fisco, querelle sulla sede Exor in Olanda

Siglato un accordo da 746 milioni per risolvere il contenzioso. Altri 203 milioni li paga la Giovanni Agnelli. Ma la società si dice convinta di aver operato secondo le regole: "Non condividiamo né accettiamo la tesi" dell'Agenzia delle entrate

Il gruppo Exor risolve la disputa con l’Agenzia delle Entrate sulla Exit Tax, riguardo il trasferimento della sede in Olanda, pagando 746 milioni di euro ed evita il contenzioso. “Ma non accettiamo la tesi del Fisco”, affermano i vertici della cassaforte della famiglia Agnelli-Elkann. L’accordo coinvolge anche la Giovanni Agnelli, il sancta sanctorum della famiglia che controlla il 50% di Exor, (esattamente il 52,99%): pagherà al fisco 203 milioni di euro, di cui 28 di interessi.

Nel 2016 Exor ha deciso di ridomiciliarsi in Olanda perché olandese era già la residenza di molte delle società controllate, come Cnh Industrial, Fiat-Fca e Ferrari (anche Stellantis nel 2021 ha scelto l’Olanda per la sua residenza). Una scelta – spiega Exor – dovuta all’esigenza dii armonizzazione dei sistemi di governance e di regole del diritto societario, non di convenienza fiscale: il trattamento fiscale sulle plusvalenze è praticamente uguale in Italia e in Olanda. Per evitare un lungo e costoso contenzioso tributario, Exor ha scelto di sottoscrivere l’accordo e di pagare quanto pattuito.

La contestazione riguarda la società di diritto italiano, che nel dicembre del 2016 si era fusa con la sua controllata olandese Exor Holding N.V. dando origine all’odierna Exor. In occasione della fusione transfrontaliera la società uscente Exor Spa aveva applicato il regime di participation exemption (PEX) di cui all’Art. 87 del Testo Unico delle imposte sui redditi. In base a questo regime – secondo la ricostruzione della società – le plusvalenze sul valore di tali partecipazioni erano state esentate e dunque escluse dal reddito imponibile ai fini della determinazione della Exit Tax nella misura del 95% del loro ammontare.

Con il successivo “Principio di Diritto numero 10/2021”, emesso l’11 maggio 2021, l’Agenzia delle Entrate ha asserito l’inapplicabilità della PEX nei casi in cui una holding trasferisca la sua residenza fiscale all’estero senza mantenere una stabile organizzazione in Italia. Per effetto del Principio di diritto pubblicato nel 2021, è sorta una complessa questione interpretativa riguardante l’applicazione della normativa Pex sui fatti del 2016. Exor resta convinta di aver operato secondo le regole. Tuttavia, al fine di evitare tempi e costi di un rilevante contenzioso fiscale, la società ha deciso di sottoscrivere un accordo transattivo con l’Agenzia delle Entrate, che comporta il pagamento di 746 milioni, di cui 104 milioni per interessi.

“La sottoscrizione dell’accordo non comporta né può essere interpretata come un’accettazione – né tantomeno una condivisione, neppure parziale – delle tesi sostenute a posteriori dall’Agenzia delle Entrate”, scrivono in una nota. Exor evidenzia che in relazione alla contestazione in materia di Pex non è stata irrogata alcuna sanzione da parte dell’Agenzia delle Entrate. L’effetto di tale accordo transattivo, il cui pagamento è stato interamente corrisposto in data odierna, si rifletterà sul bilancio 2021 della società, per quanto di competenza. “Non sussistono ulteriori questioni fiscali pendenti in capo a Exor in relazione agli anni in cui essa ha avuto la residenza fiscale in Italia, per i quali risultano inoltre scaduti gli ordinari termini di accertamento”.

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