CRISI BOLLENTE

Acqui, de profundis per le Terme

Ormai tutti gli alberghi e gli stabilimenti di cura della società sono chiusi. Finsystem, che ha comprato le terme dalla Regione, in sei anni non ha fatto investimento e oggi annuncia altri licenziamenti. Fornaro (LeU): "Ritirare la concessione sulle acque"

Avevano venduto pure il simbolo della città. Quando tra cori di soddisfazione e applausi per l’arrivo, salvifico pensavano, di un imprenditore privato a comprarsi le Terme di Acqui, con i suoi alberghi ma anche con i suoi debiti, forse nessuno avrebbe immaginato che sei anni dopo la storica Edicola della Bollente non smette di zampillare solo per un fortunato cavillo di salvaguardia. 

E si, perché Finsystem, gruppo genovese con forti interessi e altrettanti utili dal settore biomedicale, nel pacchetto aveva comprato pure il monumento simbolo di quella che su una perla della Belle Epoque, con le sue terme vissute per decenni nel carrozzone di Stato e infine diventate un peso di cui liberarsi per la Regione ai tempi dell’amministrazione di centrosinistra.

All’annuncio dell’alienazione s’affacciò uno svizzero, Gianlorenzo Binaghi con la sua South Marine Real Estate, offrendo una cifra sostanziosa e promettendo grandiosi investimenti. All’epoca, come scrisse lo Spiffero, su Binaghi emersero interessi in affari attorno ai quali sono girate montagne di denaro: il traffico, lo smaltimento e la gestione dei rifiuti. Il nome di Binaghi compare sia nella vicenda delle discariche campane degli anni Novanta – tramite la Celtica s.a, che aveva sede sempre a Melide poco oltre il confine tra Italia e Svizzera – così come in un altro dei mai chiariti misteri italiani, quello delle navi dei veleni cui nel 2004 il Wwf Legambiente hanno dedicato un corposo dossier nel quale ricorre più volte il nome dell’imprenditore elvetico. 

Così quando esercitando il diritto di prelazione comprò tutto Finsystem di Alessandro Pater comprò le terme, società all’epoca già passata di mano dal leghista Roberto Molina a Stefano Ambrosini (che poi sarebbe approdato al vertice di Finpiemonte) si esultò allo scampato pericolo elvetico. Mai tanto entusiasmo si sarebbe rivelato di lì a poco cocente delusione. Nessun investimento, un hotel chiuso dietro l’altro, come ricorda il sindaco pentastellato Lorenzo Lucchini. “E tutto questo già prima del Covid”, puntualizza il primo cittadino che nella società ha il 15%, “ma Pater non ci ha mai neppure fatto partecipare a un consiglio di amministrazione”. Elenca gli alberghi comprati e subito chiusi, il sindaco. Dal Grand Hotel Nuove Terme al Roma Imperiale passando per non poche altre strutture, è la Spoon River di un’Acqui che aveva sperato di risorgere e, invece, è sprofondata ancor di più. 

Poche settimane fa la tragedia nel dramma. Un dipendente delle Terme, rimasto senza lavoro a quarantaquattro anni, si è tolto la vita. Di oggi l’annuncio di altri 25 licenziamenti, mentre da mesi la proprietà rifiuta ogni confronto e proposta, sia dai sindacati, sia dalle istituzioni. Mentre nessuno riesce a comprendere il senso di un acquisto, per una decina di milioni, di un patrimonio per non utilizzarlo uccidendo il settore trainante dell’economia acquese e non solo, si fanno più forti gli appelli alla Regione per un suo intervento. Gli alberghi il gruppo genovese li ha comprati, ma l’acqua non, di quella ha una concessione che comprende pure la bollente che sgorga dall’edicola in piazza. 

"Se non ci sarà una sospensione della procedura di licenziamento seguiranno forti azioni di protesta da parte di tutta la comunità”, annuncia il sindaco che chiede “dove sia l'apertura al dialogo dichiarata dalla proprietàin alcune occasioni”. Poi chiede “alle istituzioni regionali e nazionali di prendere una chiara posizione di fronte alla crisi del settore termale acquese e di supportarci per contrastare queste scelte incomprensibili e dannose per il territorio”.

Sulla questione interviene anche il capogruppo di LeU alla Camera, Federico Fornaro. "L’annuncio dei 25 licenziamenti collettivi dei dipendenti rappresenta l’ultimo passo di un’autentica distruzione del patrimonio del termalismo acquese, noto fin dall’antichità, messo in atto dalla proprietà. Alle lavoratrici e ai lavoratori piena solidarietà. Adesso però – avverte il parlamentare - coerentemente al loro progetto demolitorio, i proprietari della società restituiscano alla Regione le concessioni minerarie per l’utilizzo dell’acqua termale che sono e devono rimanere un bene pubblico e non privato”. Per Fornaro, “in caso contrario, la Regione Piemonte valuti se non vi siano i presupposti per la revoca della concessione. Non è più possibile tenere in ostaggio un’intera città e il territorio dell’acquese”. Fortuna che, seppur magra consolazione, l’imprenditore genovese non può chiudere la Bollente che sgorga dalla storica Edicola (pure questa vendutagli). In città sono molti a credere che se potesse lo farebbe. 

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