Doveri prima dei diritti

La guerra è sempre una tragedia, a volte inevitabile, ma seppur non ancora coinvolti direttamente nel conflitto viviamo ormai l’atmosfera di guerra con soprattutto speculazioni imprenditoriali e finanziarie. Per contro non dovremmo contrapporre l’isterismo e il panico ma usare questo drammatico momento che segue due anni pandemici per riformare alcune nostre politiche economiche e rendere più forte il Paese creando anche nuovo lavoro.

Questo passa da una prima e indispensabile presa di coscienza: le sanzioni alla Russia avranno ripercussioni anche sulla nostra vita, dobbiamo saperlo, il Governo deve dirlo al Paese. Siamo già un Paese che vive al di sopra delle sue possibilità, che rifiuta la parola sacrificio ma parla solo di diritti e mai di doveri. Da una parte occorre che si intervenga sugli ingiustificati e speculativi aumenti dall’altra occorre dare una sterzata alla dipendenza energetica e alimentare dall’estero.

Dal punto di vista energetico e della transizione ecologica mi richiamo al documento conclusivo della Cisl di Torino dove dice: «Che la transizione ecologica, epocale, che stiamo vivendo non lasci indietro nessuno e sia “giusta”. La COP26 è stata una tappa saliente ma non esaustiva del confronto mondiale; la salute del nostro pianeta e la transizione ecologica devono essere attuate nel rispetto dell’autonomia differenziata relativa alla storia e al progresso dei popoli con azioni, tempistiche e diversificazione che consentano la tutela occupazionale, il progresso sociale e economico e il benessere di tutti». Tradotto: non possiamo pensare di elettrificare l’Europa creando uno squilibrio economico e di benessere sociale a nostro sfavore. Perché questo dovremmo cominciare a dirlo a partire dai nostri giovani: dismettere tutte le altre fonti tranne le energie rinnovabili ed elettriche è un gap che pagheranno in futuro proprio i giovani europei.

Ecco perché fa bene la Cisl torinese a dire che: «La progressiva transizione alle energie rinnovabili deve passare attraverso la valorizzazione dei rifiuti in favore dell’economia circolare e l’impiego del gas naturale, utilizzando anche le risorse naturali del nostro Paese (a partire dall’estrazione di gas disponibile), e dal Nucleare di IV generazione, come indicato dalla tassonomia approvata dalla commissione dell’Unione Europea; svincolandosi il più possibile dalla dipendenza energetica d’importazione».

Il referendum sul nucleare è stato fatto oltre trent’anni fa. Non è più attuale e va rivista la politica sul nucleare pulito. D’altra parte, moltissimi di quelli che allora dissero no al nucleare oggi dicono di sì.

Due punti fondamentali i cui risultati potranno essere visibili in più anni, oggi si può esportare nel frattempo gas da altri Paesi, Russia esclusa. Perché le politiche energetiche non si cambiano nel lasso di tempo che dura una polemica politica.

Sulla questione alimentare basta dire che in Italia, dati 2020, ci sono 3,5 milioni di ettari non coltivati. Peggio ancora, la Pac (politica agricola comunitaria) eroga un finanziamento per i cosiddetti terreni a riposo, cioè non coltivati! Penso che sia ora di sviluppare una politica agricola alimentare incentivando la coltivazione dei terreni abbandonati, come in parte non sufficiente già avviene, con prodotti di prima necessità come i frumenti, per diminuire la dipendenza dall’estero. D’altra parte, quando l’Europa e il Governo italiano nel 2016 eliminarono il diritto di reimpianto dei vigneti e introdussero le quote gratuite la superficie coltivata a vigneto in Italia è aumentata e tantissime colline sono di nuovo diventate verdeggianti. Dobbiamo passare dalla sussistenza alla incentivazione alla produzione agricola, industriale, energetica. Dopo il Covid, il conflitto in Ucraina ci dice che la globalizzazione è sempre più traballante

Nell’industria, poi, è ormai convinzione sempre più ampia nei costruttori di auto e anche nelle file del Governo che occorre rinviare il passaggio all’elettrico nell’automotive del 2030 spostandola di almeno un decennio. Vanno ridotte le dipendenze tecnologiche a partire dalle materie prime rare facendo carotaggi esplorativi in Europa. Perché gli stessi che chiedono pace, gridano allo sfruttamento dei Paesi africani, tutto giustamente, poi sono gli stessi che non vogliono la fabbrica a Frossasco che si inserisce nell’economia circolare, non vogliono le trivellazioni per il gas nell’Adriatico, non vogliono estrarre dal nostro territorio petrolio, come a Trecate, non vogliono estrarre materie dai giacimenti del nostro sottosuolo.  Magari non vogliono nemmeno le pale eoliche perché antiestetiche.

Bisogna istituire il Ministero della Cultura, Educazione Civica e Solidarietà perché l’idea profusa diffusamente per cui esistono solo diritti, che non si può cambiare il nostro tenore di vita gestendolo in modo più civico e solidale rinunciando a qualcosa del benessere è uno dei punti deboli del nostro sistema Paese.

Torino può essere attore protagonista anche in questi campi proprio quando molti danno per persa l’industria dell’auto che non è assolutamente persa a mio parere ma anche qui bisognerebbe smetterla di essere pessimisti, che fa figo e non costa nulla!  Occorre lavorare invece per la transizione della Città Metropolitana verso anche altri settori industriali che completino e compensino il settore automotive.

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