PASSATO & PRESENTE

25 aprile, dopo Bucha l'Anpi ignora la Resistenza (ucraina)

Il discusso (e discutibile) manifesto per la Liberazione, tra bandiere ungheresi e Costituzione citata a metà. A Torino Boeti prende le distanze: "Chiare e pesantissime le responsabilità russe" e si schiera con i "partigiani" di Kiev

“Sarà, anzi mi auguro che sia un 25 Aprile di festa, senza affatto distogliere il nostro sguardo attento e preoccupato dalle atrocità che stanno avvenendo in Ucraina. Quello che sta succedendo è pazzesco, di più. Ho letto la storia di una ragazza di 17 anni violentata per giorni dai soldati russi sotto gli occhi della madre morente. Una tragedia immane che non può prestarsi a interpretazioni o sottovalutazioni”. Le parole di Nino Boeti, presidente provinciale dell’Anpi, segnano un solco ancor più profondo rispetto alla posizione del vertice nazionale dell’associazione dei partigiani, assai più morbido e in più di un’occasione apertamente accondiscendente nei confronti della Russia di Vladimir Putin.

Lo fanno a pochi giorni dalla celebrazione della festa della Liberazione che vede il presidente nazionale dell’associazione, il cossuttiano Gianfranco Pagliarulo, tenere una linea ben diversa rispetto a quella di chi, come lo stesso Boeti non ha alcuna difficoltà a riconoscere “nell’orgoglio e il coraggio della popolazione ucraina lo spirito che animò la Resistenza nel nostro Paese contro il nazifascismo portando proprio il 25 aprile del 1945 alla Liberazione e alla conquista della libertà e della democrazia”. 

Parole assai più nette e chiare di quanto non sia lo stesso manifesto presentato dall’Anpi nazionale per il 25 Aprile dove, come notato da molti, vengono raffigurate non le bandiere italiane ma quelle dell’Ungheria, ironia della sorte il paese più vicino a Putin d'Europa grazie alla rielezione a furor di popolo di Viktor Orban. Una gioiosa piazzetta italiana, con i partigiani (quali di grazia, tra gli ormai pochissimi ancora viventi?) che parlano ai più giovani attorno a una scritta che riporta, solo l’incipit dell’articolo 11 della Costituzione, “l’Italia ripudia la guerra”, omettendo forse non solo per ragioni di sintesi, il resto, ovvero: “come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. Posizioni troppo morbide verso il Cremlino che ormai da parecchi giorni stanno suscitando fortissime polemiche nei confronti dell’Anpi e all’interno della stessa associazione, con evidenti distinguo da sezioni come Bologna, Milano e, a conferma delle parole di Boeti, anche di Torino.

“La parola pace deve segnare la festa del 25 aprile”, sottolinea il presidente provinciale Boeti, “ma questo non può farc volgere altrove il nostro sguardo rispetto a ciò che sta succedendo in Ucraina, tantomeno non denunciarlo con forza. I soldati russi spediscono a casa loro il frutto delle razzie compiute in Ucraina, questo insieme alle terribili violenze sulle donne e sui bambini, i cecchini che sparano sui civili ci mostrano una tragedia che non si può non condannare con tutta la forza possibile”. Di cui non c’è la minima traccia del disegnino assurto a manifesto di una posizione sempre più chiara e sempre più contestata, anche all’interno della stessa Anpi, della dirigenza di quello che più che un’associazione pare sempre più un partito, senza la necessità di passare dal consenso (o dissenso) del voto.Con i partigiani veri che l’inesorabilità del tempo lascia ormai solo nella rappresentazione di un disegno. E nella rivendicazione di un’eredità da parte di chi, oggi, sta dalla parte opposta di chi resiste contro l’invasore.

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