POLITICA & GIUSTIZIA

"Nessuno ci può giudicare".
Il golpe bianco delle toghe

Uno sciopero corporativo e praticamente inutile ma dal forte tratto politico. Magistratura in crisi, segnata dagli scandali e con credibilità in picchiata. Costa, autore della norma che ha scatenato la protesta: "Devono applicare la legge, non condizionare il legislatore"

“Mai più mi sarei aspettato, scrivendo gli emendamenti sul fascicolo per la valutazione dei magistrati, che questo avrebbe provocato uno sciopero”. E che sciopero, quello originato proprio dalle nuove misure previste nella riforma Cartabia frutto delle proposte di Enrico Costa, già viceministro delle Giustizia, oggi deputato di Azione, liberale, da sempre in prima linea sul fronte del garantismo, talvolta da solo, mai in nutrita compagnia.

Oggi i magistrati incrociano le braccia e prima ancora di convincere (semmai ci riusciranno) delle loro ragioni, riescono a far rispolverare un’immagine inquietante, ma forse non troppo lontana dalla realtà: di golpe parla il direttore del Riformista Piero Sansonetti spiegando che quello di oggi è l’atto di sovversione più grave dopo il tentato colpo di Stato del principe nero Junio Valerio Borghese del 1970 e qualcosa di molto simile a un golpe evoca il cofondatore di Fratelli d’Italia Guido Crosetto. E chi non arriva fino a quel punto, come il sostituto procuratore generale a Milano Cono Tarfusser, già giudice alla Corte Penale Internazionale dell’Aja, non rinuncia a definire lo sciopero illegale. Perfino un’ex toga con meteorica esperienza politica come il già pm antimafia Antonio Ingroia bolla la scelta dell’Anm come una scelta altamente inopportuna e controproducente.

Non si fa troppe illusioni il presidente dell’Anm del Piemonte Cesare Parodi, ammettendo che quasi certamente non modificherà il corso della riforma, ciò nonostante lo ritiene indispensabile, spiegando che "nessuno sciopera per mantenere privilegi o garanzie personali ma solo per manifestare un profondo disagio verso un meccanismo destinato a non incidere minimamente sull'efficienza del sistema e quindi sui benefici per i cittadini quanto solo sul ruolo della magistratura. Una riforma – aggiunge – destinata ad incidere sull'indipendenza dei singoli magistrati, a premiare un'efficienza quantitativa rispetto a quella qualitativa, a creare indirettamente un meccanismo in grado di condizionare e reprimere la spinta evolutiva che la magistratura italiana ha da sempre saputo esprimere”.

Dunque, onorevole Costa, lei non se lo sarebbe immaginato, ma lo sciopero è arrivato. Non è che quando scriveva gli emendamenti che prevedono una valutazione più seria e scrupolosa dei magistrati rispetto all’attuale, conoscendo l’ambiente, le è venuta in mente l’immagine del pool di Mani Pulite che minaccia di abbandonare l’inchiesta dopo l’approvazione del decreto dell’allora ministro Alfredo Biondi, tra l’altro liberale come lei?
“Nella storia ci sono state molte prese di posizione che si sono opposte all’attività del legislatore, però in quella fase la credibilità della magistratura, a torto o a ragione, era molto più forte. Oggi c’è una debolezza e una fragilità enorme della magistratura. Tant’è che lo sciopero lo si usa non per rafforzare delle prerogative, ma per non voler dare delle risposte”.

C’è chi evoca l’immagine del golpe, ma anche senza arrivare a quel punto lo scontro tra poteri è ai messimi livelli. Si è dato una risposta alla domanda, semplice: quale il vero motivo per cui l’Anm ha proclamato lo sciopero?
“Questo sciopero è un pretesto per compattare una categoria totalmente sfaldata. E quando si vuole compattare si trova un nemico, un qualcosa contro cui scagliarsi, un bersaglio da colpire. È veramente singolare che chi dovrebbe applicare le leggi tenti di condizionarle, soprattutto quando sono norme che puntano alla responsabilizzazione, ovvero dover rispondere del proprio lavoro, nel bene e nel male. Quello che avviene in tutti i settori”.

Ma i magistrati pongono il tema dell’autonomia e dell’indipendenza.
“Non giustifica il fatto di non voler documentare il proprio lavoro, tantomeno un appiattimento professionale sul quale prolificano le correnti”.

Il prossimo 12 giugno di voteranno i referendum sulla giustizia. Dopo l’avvio col botto, ora quasi non se ne parla più. Cosa sta succedendo?
“Il grande problema del referendum discende dalla scelta del Partito Radicale di metterli in mano ad un solo partito, la Lega, non coinvolgendo altri e non consentendo ad altri di poter partecipare se non chiedendo il permesso. Matteo Salvini ha pensato di poter sfruttare l’occasione anche elettorale per distinguersi da Forza Italia. Nel momento in cui ha cominciato a temere il rischio quorum, ha frenato. Se ci fosse stato un grande gioco di squadra questo non ci sarebbe avvenuto”. 

Sul fonte opposto il Pd frena sulla modifica della legge Severino e ai quesiti oppone un po’ di no e un po’ di ni. Qual è la posizione, a suo vedere, del partito di Enrico Letta sulla riforma Cartabia. La convince?
“Il Pd è il partito che, nelle discussione di questa riforma, si è dimostrato più conservativo, meno alla ricerca di innovazione, più alla ricerca di una saldatura o comunque una mediazione con le correnti della magistratura. Vedremo poi se dietro a questo atteggiamento si nascondono anche accordi su altri fronti”. 

Lo sciopero di oggi quali effetti può avere sul percorso della riforma?
“L’effetto è tutto interno alla dinamiche della magistratura, i cittadini non lo capiscono e non lo capiranno e soprattutto non avrà la minima influenza sull’attività legislativa”. 

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