VERSO IL VOTO

Il Pd voterà Appendino

Fantascienza? Mica tanto. Se l'alleanza tra Letta e Conte terrà fino alle prossime politiche uno dei collegi camerali di Torino potrebbe finire proprio all'ex sindaca. Chi le farà posto tra i parlamentari uscenti? "Ci penseranno i sostenitori del campo largo" malignano nel partito

Uno spettro s’aggira per la Torino piddina. Ed è quello dell’ex sindaca Chiara Appendino. A meno di un anno dalle elezioni politiche è lei lo spauracchio che agita i sonni di deputati e senatori del Partito democratico: una presenza ingombrante, personaggio divisivo soprattutto all’interno di quel centrosinistra che l’ha combattuta durante i suoi cinque anni di permanenz al piano nobile di Palazzo civico. E ora? Il campo largo prospettato da Enrico Letta e Giuseppe Conte porterà a giocare l’ex sindaca – grande appassionata di calcio, tifosissima della Juve – nella stessa squadra degli avversari di sempre? Una prospettiva sempre più attuale tanto che se ne parla apertamente nei capannelli a margine di iniziative elettorali e happening istituzionali. Gli elettori del Pd tra meno di un anno potrebbero ritrovarsi a votare per lei, l’ex sindaca che nel 2016 disarcionò Piero Fassino, ultimo segretario della Quercia, dalla guida del Comune e pose fine a un sistema di potere in piedi da oltre un ventennio.

Se Pd e Movimento 5 stelle saranno alleati uno dei due collegi uninominali della Camera (è ancora troppo giovane per essere eletta al Senato) potrebbe essere destinato proprio ad Appendino; all’ex prima cittadina, appena assolta dal processo per falso sul caso Ream. Il suo iperattivismo lascia intendere che di rimanere a casa a fare la mamma non ha alcuna intenzione e in fondo non ha mai negato di voler tornare a recitare un ruolo da protagonista sul palcoscenico nazionale. Da quando si è concluso il suo mandato da prima cittadina, Appendino ha legato il suo destino a quello del capo politico del Movimento 5 stelle, l’avvocato di Volturara Appula che l’ha messa a capo della scuola di formazione del partito, dove lei prova a ritagliarsi qualche spazio di azione politica. Non perde occasione per esternare sulle questioni di stretta attualità che riguardano Torino e non solo, di lanciare l’allarme quando la città rischia di perdere un investimento – come per il Centro per l’intelligenza artificiale – e di presenziare quando un progetto messo in cantiere dalla sua amministrazione vede finalmente la luce. “Non mi pare l’atteggiamento di chi ha deciso di rimanere in disparte” commenta chi osserva da fuori le dinamiche più intime di quel rapporto lubrico tra Pd e M5s. 

Ma Appendino non è l’unica probabile candidata pentastellata. Torino (o meglio il suo hinterland) esprime anche un altro pezzo da novanta della galassia Cinquestelle, il viceministro dell’Economia Laura CastelliÈ originaria di Collegno e, da un punto di vista puramente anagrafico, anche lei non può optare per il Senato. Dovrebbe essere candidata alla Camera, oppure per un posto da capolista nel proporzionale. Certo,  sarebbe la terza legislatura, ma se Luigi Di Maio, di cui è considerata una fedelissima, deciderà di puntare su di lei difficilmente i due mandati alle spalle potrebbero costituire un problema: ogni regola, in fondo, ha una sua deroga e i grillini non fanno eccezione.

Nel 2018 i collegi di Torino erano quattro: due sono andati al Pd (Andrea Giorgis e Stefano Lepri), uno a Forza Italia (Roberto Rosso), uno a Fratelli d’Italia (Augusta Montaruli). Con il taglio dei parlamentari voluto proprio dal M5s, si sono ridotti a soli due e tra i dem ci si chiede chi dovrà fare posto alla “scomoda” alleata. “Potremmo partire da quelli che da un anno professano l’alleanza con il M5s. In virtù di un bene superiore saranno pronti a sacrificarsi” malignano gli ex renziani del Pd che continuano a vedere i grillini come fumo negli occhi. E c'è chi è pronto a puntare il dito su Andrea Giorgis, tra i deputati che più di tutti, a Torino, s'è fatto profeta del campo largo. Una cosa sembra certa: presto i torinesi potrebbero ritrovare Appendino sulla scheda elettorale, ma questa volta sia per M5s sia per il Pd l’alternativa non sembra molto Chiara tanto per ricordare il claim della campagna elettorale del 2016.

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