CITTÀ ALLE URNE

Alessandria, la rassegnazione rischia di finire in astensione

La campagna elettorale non infiamma una città con sempre meno stimoli, pur con potenzialità. Duello (troppo) morbido tra Cuttica e Abonante. Il centrodestra punta a vincere al primo turno, Pd e alleati mirano al ballottaggio. Ma la grande incognita è la partecipazione

“Ci vorrebbe una bella ventata”. Ancora prima dell’accento, che si tradisce foresto, è l’auspicio perso nella piazza dove la statua di Urbano Rattazzi svetta su file di auto parcheggiate a dire che quell’invocazione non appartiene a chi all’afa che avvolge e schiaccia ci è abituato, più o meno inconsapevolmente rassegnato. 

“Alessandria? Una città rassegnata”. Pier Giuseppe Rossi ha comandato per molti anni fino alla pensione la polizia municipale, “se dieci anni fa mi avessero parlato di baby gang, mi sarei messo a ridere”. Invece adesso e da un po’ non c’è proprio nulla da ridere, il centro alla sera è terra di scorribande, minacce, risse, “come nei peggiori bar di Caracas”, occhieggia il cartellone di una vecchia pubblicità. Quelli di Alessandria che restano aperti alla sera sono sempre di meno. Certo ci si è messa di mezzo la pandemia, i lockdown, “ma il Covid ha solo accentuato difficoltà che la città viveva già da tempo”, osserva Manuela Ulandi, un lontano passato da assessore comunale per la Lega e da un anno al vertice di Confesercenti. Il saldo tra attività che aprono e serrande che si abbassano definitivamente è sostanzialmente in pareggio, ma è un dato effimero, come purtroppo effimere sono molte delle nuove iniziative commerciali. “Di potenzialità ce ne sono tante, di occasioni di crescita anche, basti pensare a quanto fungano da volano per il commercio e i servizi la sanità, sia pubblica sia privata sul nostro territorio, così come il turismo e la logistica. Certo vanno create e fornite tutte le migliori condizioni per operare”. 

Costruire il futuro della città, qui sulla sponda del Tanaro, trascurato e fattosi crudele nel ’94, dove i più anziani si aggrappano alla nostalgia del bar-mito di Baleta, fucina di un’alessandrinità che indulgendo alla cultura celebra il nobile figlio Umberto Eco, in fondo poi mica troppo riconoscente verso i suoi natali, dove le nuove generazioni devono fare i conti con un’identità incerta della loro città che rende meno certo il loro futuro, qui domenica si vota.

Le due bionde signore, che certo votavano già da tempo quando le comunali servivano solo per cambiare il sindaco lasciando immutato il partito che lo esprimeva (quello socialista) fino alla rivoluzione leghista di Francesca Calvo nel ’93, dissertano di “questione di empatia” e sfoderano tutta la loro quando in piazzetta, maglietta nera, giacca blu e Alberto da Giussano al bavero arriva il sindaco, quello attuale e nelle loro speranze anche il futuro. “Ce la mettiamo tutta per vincere al primo turno”, dice Gianfranco Cuttica di Revigliasco, leghista arrivato cinque anni fa a Palazzo Rosso.

Nobile stirpe con un paio di antenati sindaci di Alessandria nei primi dell’Ottocento Cuttica in quella frase non mette solo il classico sprone per sé e per i suoi elettori, già perché molti nel centrodestra come nel centrosinistra spiegano che quest’ultimo al secondo turno potrebbe confermare la cabala in atto ormai da poco meno di un ventennio che vuole sfrattato dopo il primo mandato l’inquilino del municipio. “Come se più che premiare le intenzioni di chi si propone come alternativa, gli alessandrini avessero fretta di togliere di mezzo chi, a detta loro, ha fatto poco o niente”, spiegano quelli che di elezioni ne hanno viste, dal di dentro, più di una e più di tre.

Quasi un risveglio temporaneo dalla rassegnazione, senza negarla, il tempo di mandare a casa questi, dopo aver mandato a casa gli altri e via così, da quando toccò alla diessina Mara Scagni, che succedette allaCalvo, e poi a Piercarlo Fabbio (pur in questo caso con le note vicende giudiziarie), a Rita Rossa. Lei stavolta ci riprova, ma da semplice candidata consigliere, rischiose prove generali per una futura corsa alle Regionali? Intanto, santini in borsa, cammina lesta e incrocia Vittorio Gatti, penalista dei processi alla banda dei sassi, di Erika e Omar e di altri casi celebri. Papillon e occhiali blu elettrico, la toga declama: “Una dei pochi candidati che sanno coniugare i verbi”. Fossero solo i verbi da coniugare in questa campagna elettorale al sonnifero. 

“Ma si può? Hanno coperto Giorgio”, dice un trafelato Enrico Mazzoni mister preferenze del Pd e arredo vivente del consiglio comunale non facendo minimamente scomporre la coppia socialista Rapisardo Antinucci, che guida i dem cittadini, e Ezio Sestini al tavolino del Caffè del Teatro, loro “ufficio” sotto quello di Cuttica. Giorgio è Giorgio Abonante, il candidato sindaco del campo largo. Ma le plance sono strette, i posti contati e i candidati delle liste hanno fatto appiccicare i loro manifesti su quelli del sindaco, risultato “neppure più una faccia di Giorgio”.

Lui e Cuttica hanno profuso fair play in abbondanza, cercare uno scontro a muso duro per ora è impresa vana. E anche questo, forse, contribuisce a rendere soporifera una competizione che vede il centrodestra con la Lega pancia a terra per bissare il successo del suo capogruppo e segretario regionale Riccardo Molinari conseguito cinque anni fa con l’elezione di Cuttica, ma attenta anche ad evitare un imbarazzante e critico sorpasso dei Fratelli d’Italia che qui, nei mesi scorsi, hanno fatto incetta tra le fila di Forza Italia

Giochi e mosse, su un fronte e sull’altro che dal Palazzo del Governatore, sede della Fondazione CR Alessandria vengono osservate con un marcato distacco dalle vicende della politica, accentuato ancor più, rispetto al passato, dalla presidenza di Luciano Mariano. “Per il futuro di Alessandria io sono ottimista, vedo molte potenzialità e molte occasioni per poterle tradurre in sviluppo e crescita”, spiega il notaio da tre anni al vertice della cassaforte del territorio, fermandosi ben prima dei confini della contesa di domenica. Che si gioca con due strategie opposte: il centrodestra punta tutto per chiudere la partita al primo turno, il centrosinistra sul ballottaggio, possibilmente arrivandoci nel miglior modo possibile e con l’atout del terzo candidato, quel Giovanni Barosini che dopo aver lasciato pochi mesi fa la poltrona di assessore nella giunta di centrodestra ha deciso di correre da solo, lui passato alla calendiana Azione, con un bel po’ di liste civiche.

Pare vada piuttosto bene, Barosini, tra i grillini delusi e, nella geografia cittadina, anche al Cristo, città di oltre 22mila abitanti nella città dove il Pd ha la storica sezione (ex Pci) Ceriana, uno degli ultimi luoghi di discussione politica all’epoca dei social.

Ma il Cristo è anche la zona dove i dem ipotizzano di costruire il nuovo ospedale che, invece, centrodestra di Comune e Regione intende far sorgere dove ora c’è l’aeroporto. Questione importante quella dell’ospedale, ma non tanto da accendere gli animi spenti di un elettorato che appare più stanco e demotivato, lasciando agli addetti ai lavori accalorarsi pur non troppo. 

“Alessandria è una città che vive un degrado progressivo e strutturale, visibile. Basta uscire dalla stazione ferroviaria e guardarsi intorno”, sostiene Franco Armosino, segretario della Camera del Lavoro Cgil. “Le potenzialità ci sono e sono anche una condizione ineluttabile: l’essere il retroporto naturale dei porti liguri. Questo indipendentemente da chi governerà la città nei prossimi anni. Ci sono poi dei problemi sociali, di sicurezza che non sono stati affrontati e pesano molto sulla vita dei cittadini”. Anche il sindacalista della Cgil conclude che “Alessandria è una città rassegnata”. Un sentimento che difficilmente non si riverbererà nel voto, non improbabilmente nel non voto. Ipotesi suffragata dai timori di Cuttica di un’alta astensione e dalle previsioni che tra i dirigenti del Pd ipotizzano una partecipazione di meno della metà degli elettori. Già, ci vorrebbe proprio una bella ventata. 

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