LA SACRA RUOTA

Automotive, con il testacoda del Pd "penalizzata l'industria piemontese"

"È prevalsa una soluzione talebana" tuona il rettore del Politecnico Saracco. Critiche anche dall’Unione industriale. Decine di migliaia di posti a rischio, mentre stranamente passa il cosiddetto Salva Motor Valley, per la gioia dell'Emilia. Cirio: "Si può ancora rimediare"

A poche ore dall’approvazione al Parlamento di Strasburgo della risoluzione che impone lo stop alla vendita di auto a benzina, diesel e Gpl dal 2035 – uno degli assi portanti del pacchetto Fit-for-55 della Commissione europea – dall’Unione industriale al Politecnico di Torino si chiede conto al Pd del suo voto a favore del provvedimento. Una decisione, quella assunta da Enrico Letta e imposta ai deputati italiani del suo partito, che ha portato alla bocciatura dell’emendamento del Partito popolare europeo, mirato a ridurre dal 100% al 90% il taglio delle emissioni inquinanti, mandando in frantumi la maggioranza di Ursula von der Leyen. Un duro colpo, a detta di tutti, per l’industria italiana e soprattutto piemontese, a cui si aggiunge la beffa dell’approvazione del cosiddetto “salva Motor Valley”, una modifica che prolunga dal 2030 al 2036 la deroga alle regole Ue per i piccoli produttori di auto e furgoni (con volumi, rispettivamente, da 1000 a 10mila l’anno e 1000-22mila l’anno), misura che avvantaggia proprio il sito della provincia di Modena. 

Altro che transizione, per il rettore del Politecnico Guido Saracco «l’Europa ha preso una posizione talebana sull’energia» che rischia di penalizzare in particolare l’Italia. «Il nostro problema è che non abbiamo il litio per le batterie» e poi la grande contraddizione riguardo le auto elettriche perché oggi l’elettrico è fatto con le fonti fossili, quindi è un’idiozia pensare che con quello si risolva il problema climatico. Per me la strada da percorrere è l’ibrido. Noi in ogni caso ci siamo, dobbiamo certo irrobustirci a puntare sull’idrogeno, ma attenzione: arriverà fra 10 o 20 anni, non prima». Tempi lunghi per una tecnologia che potrebbe evitare ai motori termici di finire definitivamente in soffitta, una soluzione su cui anche l’Italia e il Piemonte in primis sta investendo.

Per questo la posizione del Parlamento europeo è considerata prettamente “ideologica” e da più parti si punta il dito contro Enrico Letta che ieri non ha fatto nulla per evitare che prevalesse la posizione più intransigente e soprattutto meno conveniente per l’Italia. Nel giro di un decennio il nostro paese potrebbe avere decine di migliaia di meccanici a spasso, per costruire un’auto potrebbero servire un quarto degli attuali lavoratori nei capannoni industriali di Stellantis. L’Anfia ha parlato di 70mila posti di lavoro a rischio. «Ieri ho cercato tutti i parlamentari del Pd, piemontesi e non solo, per chiedere loro “cosa state facendo?”» sbotta la deputata di Forza Italia Claudia Porchietto.

Persino il solitamente prudente Giorgio Marsiaj, presidente dell’Unione industriale di Torino, è intervenuto parlando di “un durissimo colpo per il settore automotive”. Se parliamo solo della componentistica il Piemonte è la regione che dà lavoro a circa 56.600 addetti e fa il 45 per cento dei ricavi del settore automobilistico nazionale. «Il voto del Parlamento europeo che mette al bando i motori termici dal 2035 ribadisce un’impostazione ideologica a favore dell’elettrico e pone in serio rischio la filiera dell’auto italiana e continentale».

Il 2035 è troppo presto per passare totalmente alle auto elettriche anche secondo il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, che infatti promuove la proposta del Ppe di prevedere una quota del 10 per cento di nuove vetture con motori a scoppio dal 2035. È una proposta ragionevole, uno step intermedio che «potrebbe avere senso», ha detto Cingolani. «Se fossi stato al Parlamento europeo avrei votato come il Ppe. Una soluzione che pur non tradendo il principio originario del provvedimento, avrebbe evitato di mettere a rischio troppi posti di lavoro» afferma il governatore del Piemonte Alberto Cirio. «Ritengo comunque che ci siano ancora ampi margini da parte del Consiglio europeo di intervenire su questa fuga in avanti che rischia di penalizzare soprattutto l’Italia e il nostro Piemonte». Una regione che sta lavorando a tempo su un'evoluzione del motore termico nella direzione dell'idrogeno. Il Piemonte sta già lavorando da tempo sulla ricerca per fare in modo che il motore termico possa evolversi ed essere compatibile con forme di energia alternativa. «Su questi temi siamo un polo d’eccellenza e vogliamo esserlo sempre di più, sia sul fronte dell’intelligenza artificiale applicata all’automotive e all’aerospazio, di cui saremo centro nazionale, sia per quanto riguarda l’idrogeno su cui il Governo ci ha scelto per sviluppare con i fondi del Pnrr una Hydrogen Valley – conclude Cirio –. Ma sono processi che richiedono tempo, non per niente si parla di transizione ecologica. Serve gradualità, perché la tutela dell’ambiente è fondamentale, ma lo è altrettanto quella di tutti i posti di lavoro che una norma concepita in questo modo mette seriamente a rischio».

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