POLITICA & GIUSTIZIA

Montagna partorisce il patteggiamento

Il sindaco Pd di Moncalieri concorda una pena (sospesa) di 10 mesi di reclusione. Era imputato di tre reati: due falsi ideologici e accesso abusivo al sistema informatico. "Agito in buona fede. Una faccenda che nulla a che fare con la mia attività istituzionale"

Il sindaco di Moncalieri Paolo Montagna (Pd) ha patteggiato una condanna a 10 mesi di reclusione, con sospensione della pena. Il primo cittadino del comune alle porte di Torino era imputato di tre reati: due falsi ideologici e un accesso abusivo al sistema informatico protetto consultabile dalle forze dell’ordine. Secondo la Procura Montagna avrebbe mentito sullo svolgimento di una messa alla prova che lui stesso aveva chiesto, per un precedente reato, dichiarando di aver prestato servizio di assistenza agli anziani malati psichiatrici delle Molinette. Invece, dalle indagini coordinate dal pm Gianfranco Colace è emerso che Montagna anche se certificava di far la messa in prova all’ospedale e al nucleo trasmissioni della protezione civile di Moncalieri (di cui peraltro lui stesso era titolare delle deleghe), in quelle ore si trovava in luoghi diversi. E non solo in giunta, ma anche dal dentista. Con Montagna altre sette persone sono state indagate. In quanto incensurato il giudice ha riconosciuto al sindaco la sospensione condizionale della pena.

Montagna ha ricostruito le fasi della vicenda iniziata cinque anni fa, ribadendo la buona fede della sua condotta: una scelta, quella di rinunciare al processo per evitare di tenere viva una “ferita aperta per altri 6/7 anni”. Questa la verità, per Montagna, su quella “tempesta perfetta” che l’ha visto suo malgrado protagonista. Nel luglio 2017 “una persona mi chiede per proprie ragioni private di verificare l’indirizzo di residenza torinese di un cittadino. Lo faccio, girando la richiesta a un’amica impiegata al Comune di Torino (e a cui non chiederò mai scusa abbastanza per averla coinvolta). L’accertamento anagrafico viene svolto da una terza persona, che avrebbe fatto accesso a una banca dati senza titolo. Di qui, l’ipotesi di reato: accesso abusivo a sistema informatico. Che se pur non compiuto personalmente dal sottoscritto, mi ha visto coinvolto in concorso. In sintesi, la mia colpa sarebbe quella di aver chiesto un indirizzo, che il Codice penale può punire da 1 a 5 anni di reclusione”. Montagna afferma di aver agito “nella consapevolezza di non commettere alcun reato, ammettendo di aver chiesto semplicemente un indirizzo che mi era richiesto da terzi, e ovviamente senza chiedere mai ad alcuno di accedere a dati indisponibili. Non è bastato, questo, per convincere il Pm della mia buona fede”.

Nel dicembre 2019 per “scontare” la colpa di aver chiesto un indirizzo, in alternativa al processo, inizia la messa in prova: “Vale a dire, su disposizione del tribunale, un numero di ore (160) da svolgere come servizio di pubblica utilità in un ente benefico. Scelgo un’associazione che opera con i malati presso l’Ospedale Molinette di Torino. Inizio il percorso il 23 dicembre 2019 e lo interrompo a febbraio 2020, quando gli ospedali chiudono le porte causa Covid. A luglio dello stesso anno, chiedo e ottengo la disponibilità del tribunale di proseguire la messa in prova presso altra associazione, visto il perdurare dell’emergenza Covid che aveva bloccato tutte le attività di volontariato. Considerando pandemia ed elezioni, mi impegno a ricominciare il servizio alla fine di settembre. Non ho mai iniziato, perché pochi giorni dopo essere diventato per la seconda volta il sindaco di Moncalieri, la Procura mi indaga: vengo accusato di aver svolto solo una parte delle ore dichiarate. Di qui, l’ipotesi di reato: falso ideologico. In sintesi, la mia colpa sarebbe di aver attestato falsamente lo svolgimento di una parte di ore di servizio che avrei dovuto svolgere, condotta che il Codice penale può punire da tre mesi a due anni di reclusione”.

Montagna garantisce di aver svolto la messa alla prova “con serietà e impegno. Tuttavia, in assenza del responsabile, non ero nella possibilità di firmare il registro presenza ogni giorno come avrei dovuto fare. Dunque, le ricostruzioni successive delle mie presenze possono certamente essere state soggette ad errore. Non è bastato, questo, per convincere il pm delle mie ragioni”. Infine, l’epilogo: “Non posso nascondere il buco nel petto che mi lascia questa vicenda. Una vicenda che non ha nulla a che fare con la mia attività di sindaco. Nonostante ciò, ho pensato anche di mollare tutto, perché il faro mediatico smettesse di accecare la serenità della mia famiglia e dei miei affetti. Sono state dette e scritte tante cose: molte di queste non vere. Ho sempre scelto di non replicare, ma non è stato facile”.

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