PALAZZI ROMANI

Lo spettro del voto a ottobre

Dopo il sì di oggi alla fiducia, Conte potrebbe staccare la spina al Governo la settimana prossima quando il dl Aiuti approderà in Senato. Giusto in tempo per consentire a tutti i parlamentari al primo mandato (la maggior parte del M5s) di maturare la pensione

Il redde rationem potrebbe essersi spostato solo di una settimana. Mario Draghi ha passato indenne il voto di fiducia della Camera sul dl Aiuti, ma non è affatto detto che al Senato l’epilogo sia così scontato. Soprattutto non è detto che il Movimento 5 stelle voterà a favore anche nell’altro ramo del parlamento. L’orizzonte resta incerto, la navigazione perigliosa. Tira aria di tempesta, non solo dai lidi del M5s, anche dal fronte opposto, quello della Lega. E lo sfilacciamento del rapporto tra pentastellati e Pd non fa che aumentare i rischi di precipitare nel voto. E se Giuseppe Conte ha chiesto al premier “risposte entro luglio”, nel Pd sono tanti a scommettere che lui staccherà la spina prima di agosto. A quel punto il rischio di un voto a ottobre sarebbe più che mai concreto. 

Che la situazione fosse complicata è apparso evidente già all’indomani delle elezioni amministrative, con il flop del Movimento e il restringimento di quel campo largo che il segretario Enrico Letta, in questo (mal) consigliato da Francesco Boccia, ha immaginato di costruire in vista delle elezioni politiche.

Ma le picconate dei contiani al governo, come le ha definite il ministro Luigi Di Maio, hanno reso i dem ancora più dubbiosi verso la strategia dell'ex premier e indispettiti da quelle che giudicano mosse “irresponsabili”, orientate al tentativo di recuperare consensi.

La preoccupazione degli esponenti del Pd è che Conte voglia staccare la spina all’esecutivo. Per questo giorni fa è stato il ministro Dario Franceschini, capo della coprrente maggioritaria, ad avvertire i pentastellati: se rompete con il governo, stop all’alleanza con il Pd. Un altro big dei dem, Andrea Orlando, aveva specificato: “Se Conte esce dalla maggioranza, la maggioranza cambia di segno e cambiano le condizioni a cui avevamo accettato di fare parte di questa maggioranza, quindi vedo difficile anzi impossibile proseguire facendo finta di niente e non vedo la possibilità di costruire un'altra formula che arrivi in fondo alla legislatura”.

Ottobre non è un mese a caso. Il 24 settembre è il D-Day della legislatura: tutti i parlamentari al primo mandato, infatti, quel giorno matureranno la pensione, essendo passati quattro anni sei mesi e un giorno dall’inizio del loro mandato. E non sfugge come il numero più alto di deputati e senatori al primo mandato sia proprio tra i banchi del Movimento 5 stelle: che succederà quando anche quell’obiettivo personale sarà stato raggiunto? Il rischio è che aumenti ulteriormente l’instabilità fino a un rapido precipitare degli eventi.

Ma assieme ai falchi, nelle aule parlamentari continuano a volare anche le colombe e non manca chi continua pervicacemente a consegnare ramoscelli d’ulivo. Se Letta predica diplomazia e non ultimatum, tra i suoi c’è  chi getta acqua sul fuoco: “Il M5s – ha detto oggi la capogruppo dem al Senato, Simona Malpezzi – ha posto dei temi come è successo ad altre forze della maggioranza, a partire dalla Lega e da FI. L'incontro di ieri è stato importante perché indica la volontà di mantenere aperto un dialogo. L’autunno che ci aspetta chiederà alla politica il massimo impegno per sostenere famiglie e imprese”. Ma sull’eventualità dell’uscita dei pentastellati dal governo l’approccio è netto: “Mettere a rischio la legislatura non è mai un atteggiamento responsabile”.

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