Sanzioni e dazi da pagare

Con l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia le nazioni facenti parte del cosiddetto Occidente hanno imposto all’invasore una serie di sanzioni economiche per danneggiarne l’economia con la speranza di costringere Putin a più miti consigli. La scelta di sanzionare la Russia, al di là dell’efficacia, era inevitabile per far capire alla dirigenza russa che non possono pensare di fare ciò che vogliono senza pagarne le conseguenze. Non sanzionare la Russia avrebbe significato dare un segnale di debolezza con la conseguenza che in futuro ci sarebbe potuto essere qualche altro colpo di mano verso altre nazioni.

In Italia esiste un consistente partito filorusso che per condannare le sanzioni afferma che danneggino più l’economia italiana che quella russa. È curioso questo rigurgito di liberismo da parte di simpatizzanti per le economie in qualche modo pianificate. Quando si applicano i dazi, stranamente non si leva nessuna voce che urla che l’economia italiana venga danneggiata più di quella estera. Dazi e sanzioni hanno motivazioni politiche a volte differenti, ma spesso sono due facce della stessa medaglia e mirano a danneggiare economicamente una nazione per gestire o mantenere una leadership regionale o mondiale.

Dazi e sanzioni nei loro meccanismi essenziali hanno lo scopo comune di bloccare o ridurre le esportazioni o le importazioni di una determinata nazione e dal punto di vista economico causano gli stessi effetti. Le sanzioni sono più dure rispetto ai dazi perché possono arrivare a prevedere un blocco totale rispetto ai dazi che impongono una tassa che a va ridurre la convenienza dei prodotti esteri. La differenza è dettata da motivi politici; nel caso di sanzioni parliamo di una situazione di guerra o comunque di tensione estrema e pertanto non possono che essere più decisi rispetto ai dazi. Nel caso dei dazi spesso la motivazione è la protezione dei produttori locali con danno dei consumatori che pagano un prezzo più alto. Sicuramente l’Italia sta subendo un danno dai dazi verso la Russia sia perché aveva una certa quota di esportazioni sia per il problema del gas da cui dipendeva al 40%, percentuale ora già ridotta al 25%. Non si capisce dove erano questi alfieri del libero commercio con la Russia quando venivano messi i dazi per esempio sui prodotti agricoli africani o sulle importazioni cinesi e così via. È evidente che questa forma di protesta non è dettata solo da preoccupazioni economiche, ma principalmente da motivi ideologici di chi simpatizza per i regimi totalitari. Altra spiegazione non esiste dato che non si levano proteste in altri casi in cui si riduce la libertà di commercio ed impresa.

Sarebbe auspicabile che da questa guerra nascesse una nuova consapevolezza in merito alla libertà di commercio, ma temiamo che non sarà così. Quando la guerra sarà finita gli alfieri del “no sanzioni” torneranno a richiedere i dazi per “proteggere” l’economia italiana. Si spera che almeno che questa crisi porti a rivedere i piani energetici nazionali, incrementando la produzione italiana di idrocarburi, potenziando gasdotti e rigassificatori e rivedendo le scelte in tema di energia nucleare.

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