CAMPO RISTRETTO

Bersaniani all'uscio del Nazareno, rientro rinviato ma liste comuni

Candidati nel Pd gli scissionisti del 2017. La figura di peso di Fornaro "preoccupa" qualche dem con ambizioni parlamentari. Borghi frena: "Di elezioni parleremo, semmai, da giovedì" e punta ancora su Draghi

“A me va benissimo rientrare nel Pd”. L’aria di crisi spirava già sul Governo e Pierluigi Bersani, in un’intervista a In Onda pochi giorni fa diceva, pur aprendo un ragionamento oltre la netta risposta alla domanda, quel che non avrebbe dovuto stupire nessuno. 

Il ritorno a casa cinque anni dopo la scissione da cui originò Articolo Uno è un percorso segnato, ma contrariamente a quel che si potrebbe pensare non sarà affatto accelerato nel caso, al momento probabile, di elezioni in autunno. Tutt’altro. La strada imboccata con le Agorà lettiane condurrebbe facilmente a una fusione – termine che piace poco ai bersaniani – se la legislatura avesse una sua conclusione naturale e quel processo, già piuttosto avanti, potesse completarsi in maniera altrettanto naturale, nei tempi e con i passaggi necessari. 

Il voto anticipato, se ci sarà, invece sgombra il campo da questa ipotesi. “La questione non è quella di fusioni o cooptazioni di gruppi dirigenti”, spiegava nelle ore convulse della crisi Federico Fornaro, capogruppo alla Camera di LeU, bersaniano di ferro, al Senato nella scorsa legislatura quando per Matteo Renzi era uno dei più agguerriti vietcong. “Ora stiamo stiamo sulla questione principale, ovvero la fiducia al governo Draghi, delle subordinate eventualmente si discuterà da giovedì”, avverte Enrico Borghi, membro della segreteria e tra i parlamentari più vicini a Enrico Letta, spostando la questione di come presentarsi, insieme agli elettori. “Le subordinate indeboliscono sempre la principale”, chiosa il parlamentare piemontese, come Fornaro.

Quest’ultimo ricorda che “il recente congresso ha dato mandato si proseguire e completare il confronto con il Pd e altre realtà politiche progressiste interessate a costruire una proposta comune in vista delle prossime elezioni”. Solo che la probabilità che siano assai più prossime del previsto aumenta di ora in ora. E dunque come si presenteranno coloro che lasciarono – “ci cacciarono”, ripete Bersani – il Pd renziano e sono sulla strada per tornare in quello lettiano? 

La soluzione che si affaccia è quella di una lista comune. Nessuna fusione, nessun ritorno ufficiale a casa, ma insieme in quel campo che ormai largo non è affatto più dopo lo strappo di Giuseppe Conte, ma non può certo lasciare fuori dal suo perimetro quell’ala sinistra con cui i rapporti e le condivisioni sono ormai sempre più stretti da tempo. L’accelerazione verso le urne impedisce il completamento, in tempi così rapidi che suonerebbero sospetti e non da tutti compresi, di un processo peraltro avviato e destinato a definirsi proprio dopo l’esito elettorale.

“L’ambizione è quella di essere il lievito per una sinistra di governo popolare di cui l’Italia ha assoluto bisogno”, spiega Fornaro, figura di peso e non solo per il ruolo a capo dei deputati del gruppo, che nelle prospettive e negli scenari elettorali già in corso in casa piddina non può che impensierire qualcuno tra i dem che, visto il taglio dei seggi in Parlamento e l’abbondanza di aspirazioni di riconferme o primi ingressi, può vedere in lui un temibile concorrente interno.

Facilmente, considerato il ruolo “nazionale” assunto da tempo, per l’ex senatore oggi deputato si prospetta più di una candidatura, oltre a quella cui difficilmente rinuncerebbe nel suoi Piemonte 2, dove i nomi di rilievo e quindi con ben più di una garanzia di posti blindati nel proporzionale sono comunque quelli dell’appena citato Borghi e dell’altra componente della segreteria, la cuneese Chiara Gribaudo, capolista nel 2018. 

Presenza di peso per chi ha intenzione di spuntare un posto sicuro, tra questi il segretario regionale dem Paolo Furia (ala sinistra, forte link con il numero due del Nazareno Giuseppe Provenzano), ma anche per portare voti – essendo una vera e propria macchina da guerra – Fornaro rappresenterebbe un atout. Per contro una corsa in solitaria del suo partito, sebbene il voto del 2018 lo riportò in Parlamento con il simbolo di LeU, sarebbe un azzardo eccessivo che viene di fatto escluso. 

Esclusa, invece, dal fronte bersaniano ogni possibile soluzione rossoverde, che sarà invece percorsa da Sinistra Italiana di Nicola Fratoianni che in Piemonte vedrà scendere in campo con ogni probabilità l’attuale consigliere regionale Marco Grimaldi, con una possibile erosione di voti a scapito dell’ala più sinistra dei dem.

La strada imboccata da Fornaro e dal suo partito va dritta verso la porta di casa, quella da cui erano usciti cinque anni fa e dove sarebbero pronti a rientrare se si votasse la prossima primavera. Le urne che si profilano a fine estate impongono una tappa, quella presenza in una lista comune che, a seconda dei punti di vista, può essere definita come un camouflage di una fusione di fatto o, appunto, un passaggio intermedio verso il rientro del Partito Democratico. Solo rinviato.

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