CRISI DI GOVERNO

Draghi avanti senza paletti né veti. M5s all'angolo, ma Salvini che fa?

Il premier se ne fa un baffo dei nove punti di Conte. Domani alle 9,30 il suo intervento al Senato. Ora il boccino del governo è in mano al leader della Lega: tra i suoi c'è chi lo descrive pronto a staccare la spina, ma lui come Berlusconi deve gestire i governisti nel partito

Deponete le armi. Quello che chiederà domani Mario Draghi ai partiti della sua maggioranza è un sostegno incondizionato. Senza paletti né veti. Dei nove punti di Giuseppe Conte se ne fa un baffo, ora la vera incognita è cosa farà Matteo Salvini. Dal suo inner circle c'è chi scommette sul fatto che il leader della Lega sia pronto a staccare la spina, ma come la metterebbe con l'ala governista interno al partito? Non tanto Giancarlo Giorgetti, che poi alla fine si acconcia, come ha dimostrato in tutti questi anni, quanto piuttosto i governatori, Luca Zaia in primis. Se Draghi andrà avanti è perché sarà riuscito a piegare ogni resistenza e allora da domani sarà più forte di prima (anche perché scavallata l'estate le finestre per votare saranno finite e le armi dei suoi spuntate), ma se percepirà un clima ostile sarà il primo a togliere il disturbo. A sentire un deputato di Forza Italia “la partita è da 1X2”. Nessuno può dire con certezza come andrà a finire. Una cosa è certa: non accetterà paletti né veti dai partiti chiamati a sostenerlo. Riguardo al rapporto con il “partito di Conte”, per parafrasare Luigi Di Maio, Draghi non ritratta la volontà di volere una maggioranza con dentro il Movimento 5 stelle, ma di fronte alla prova che quella forza parlamentare di fatto non esiste più, o comunque è ridotta a ruolo marginale, potrebbe prenderne atto e proseguire il suo mandato.

I partiti aspettano le decisioni del presidente del Consiglio, quest’ultimo le decisioni dei partiti. I partiti si attendono un intervento con il quale Draghi possa ribadire i temi dell’agenda sociale, illustrare la situazione a livello internazionale – oggi c’è stata una conversazione telefonica con il presidente ucraino Zelensky al quale il capo dell’esecutivo ha ribadito il sostegno dell’Italia – porre i riflettori sul Pnrr e sui rischi dell’economia. Poi il premier dovrebbe ascoltare le considerazioni delle forze politiche. Qualora – e questa dovrebbe essere la direzione in caso di vere aperture dei partiti – ci fosse un voto di fiducia è stato deciso che avverrà in serata mentre il premier parlerà alle 9,30.

A palazzo Madama tra l’altro bisognerà capire se a parlare sarà Salvini o il capogruppo Massimiliano Romeo. La Lega oggi ha ribadito la propria strategia: nessuna esclusione del voto anticipato, possibilità di votare la legge di bilancio subito. E le proprie condizioni: un governo senza M5s e con segnali di discontinuità sulle politiche da portare avanti (e anche su alcuni ministeri chiave). Paletti che l’ala governista – che comprende anche i presidenti di Regione – ritiene eccessivi in questa fase. E anche i ministri azzurri sono sulla stessa posizione nell’invocare un sostegno incondizionato a Draghi. Ma nella riunione fiume che si è tenuta a villa Grande i leader del centrodestra di governo hanno rilanciato sui temi sul tavolo. Il ragionamento è che se i Cinque stelle si sfilano occorrerà cambiare l’agenda: rivedere il reddito di cittadinanza (così da recuperare risorse per finanziare l’azzeramento del cuneo fiscale), puntare sulla pace fiscale e sulla rottamazione delle cartelle esattoriali, sull’investimento sul nucleare di ultima generazione e un fermo contrasto all’immigrazione clandestina. Un’ulteriore fibrillazione nella maggioranza si è innescata soprattutto dopo l’incontro in mattinata tra Draghi ed Enrico Letta, richiesto da quest’ultimo. Per il centrodestra – e per Salvini in primis – si è trattato di una sgrammaticatura politica, tanto il leader della Lega, il coordinatore azzurro Tajani, insieme al leader dell'Udc Cesa e a Lupi di Noi con l'Italia sono stati ricevuti in serata a palazzo Chigi. Segnali che qualcuno interpreta come aperture da parte del premier, ma c’è anche chi teme che il continuo tentativo di alzare il prezzo da parte del centrodestra possa portare l’ex banchiere a lasciare definitivamente l’incarico.

Letta in questi giorni si è impegnato nel cercare di mediare tra il presidente del Consiglio e il presidente M5s, Conte, ha cercato di far dialogare i due ma fino al tardo pomeriggio non c’è stato alcun contatto. E nella sede di Campo Marzio si attendono segnali entro stasera, perché è vero che ci sarebbe tutto il tempo domani per un confronto interno al Movimento 5 stelle, ma è chiaro che il giorno clou della crisi di governo dovrebbe essere preparato in maniera ordinata. L’epilogo, invece, è ancora in forse perché Draghi intenderebbe capire prima la postura delle forze politiche. Anche se, stando ad altre fonti parlamentari della maggioranza, il paletto riguarda la partecipazione del Movimento 5 stelle nel governo potrebbe essere rimosso, considerato che nelle prossime 48 ore (dopo l’appuntamento al Senato Draghi sarà giovedì alla Camera) un gruppo di parlamentari grillini dovrebbe staccarsi. I governisti pentastellati intenzionati a votare la fiducia erano in procinto di preparare un documento questa mattina. Per rimarcare di fatto quanto detto da Crippa al termine della conferenza dei capigruppo: “È chiaro che se aprirà ai principali temi posti all’interno dei nove punti da parte del Movimento 5 stelle, diventa ingiustificabile non confermare la fiducia”, ha detto la guida M5s a Montecitorio. Al momento sarebbero una ventina i deputati che potrebbero smarcarsi dalla linea Conte, due o tre invece i senatori. Le pressioni affinché Draghi non lasci sono fortissime: non si tratta solo degli oltre 1.500 sindaci e presidenti di regione che hanno firmato l’appello per lui, ma soprattutto la mobilitazione internazionale, culminata con l’allarme delle agenzie di rating Fitch e Moody’s.

Dopo aver parlato con Letta, Draghi è salito al Quirinale per un colloquio con Mattarella che viene definito “interlocutorio”. Non si è parlato di dimissioni confermate, ma si è continuato a esaminare le posizioni dei vari partiti. Da parte del premier, infatti, si sarebbe mostrata una disponibilità ad ascoltare i tanti appelli giunti dalla società civile e dalle cancellerie a proseguire nell’impegno di governo, ma certo solo a fronte di un’assunzione di responsabilità delle principali forze politiche. Dunque la strada che si sta valutando sarebbe quella di presentarsi alle Camere per le comunicazioni e, subito dopo, di ascoltare il dibattito parlamentare: se dai partiti giungerà una disponibilità a sostenere l’attuale esecutivo, il governo andrà avanti (le ipotesi di Draghi bis o altre declinazioni di un esecutivo Draghi non paiono avere molto fondamento), altrimenti l’inquilino di Palazzo Chigi salirà al Colle, molto probabilmente senza attendere il voto, per confermare le sue dimissioni. A quel punto non ci sarebbe molto spazio per altro che per uno scioglimento anticipato della legislatura. Resta da vedere se si opterà per una accettazione delle dimissioni con prosecuzione per gli affari correnti oppure se il governo resterà in carica nel pieno dei suoi poteri (come successe al governo Ciampi) con la possibilità di varare una finanziaria magari in tempi rapidi. Se non ci saranno sorprese in nottata, se la posizione del centrodestra di governo si ammorbidirà nell’incontro appena iniziato a palazzo Chigi, dunque, tutto si svolgerà domani tra Senato e Camera, con l'Aula di palazzo Madama come palcoscenico principale della sceneggiatura. Ma si punta a far sì che il quadro politico possa ricomporsi (c’è stata nel pomeriggio una telefonata tra Silvio Berlusconi e il premier), affinché cadano i veti incrociati tra i partiti e il premier possa rimanere in sella. Con la premessa che il suo no ai condizionamenti, riferiscono fonti della maggioranza, resta e resterà inamovibile. In serata continuerà il vertice del centrodestra. Si vedranno anche i parlamentari di Iv con Matteo Renzi e i deputati e senatori del Pd con il segretario Letta.

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