VERSO IL VOTO

Pd alla prova delle alleanze, Letta annaspa in mare aperto

Rotto (più o meno) l'asse con il M5s, i dem devono disegnare il perimetro della nuova coalizione. Per evitare la Caporetto nei collegi occorre imbarcare tutti, dai bersaniani a Renzi. Rossomando e Borghi verso la riconferma. Berruto la new entry

Il primo sondaggio post dimissioni di Mario Draghi arriverà entro pochi giorni e nel centrosinistra c’è attesa per capire se e quanto inciderà la mossa di Lega e Forza Italia nell’opinione pubblica. Il Nord produttivo mollerà il Capitano? Quel che resta dell’elettorato berlusconiano volterà le spalle al Cav, come sta facendo un pezzo della sua classe dirigente? È l’unica speranza di un centrosinistra ancora tramortito dal capitombolo di un esecutivo che sentiva suo. Enrico Letta ha annunciato la fine dell’alleanza con il Movimento 5 stelle mentre in Sicilia il suo partito sta per celebrare le primarie assieme ai pentastellati. La rotta resta incerta, la bussola fatica a trovare il Nord. Eppure il tempo stringe: di qui a un mese vanno presentate le liste.

Tra i parlamentari è scattato il si salvi chi può in un turbinio di telefonate e richieste. Quei pochi punti percentuali in più che i sondaggi accreditano al Pd di oggi rispetto a quello del 2018 dovrebbero servire per mitigare, almeno in parte, il taglio da 630 a 400 deputati e da 315 a 200 senatori. Tra i marosi di queste frenetiche giornate pre-elettorali è impossibile stabilire a priori i sommersi e i salvati. Si naviga in “mare aperto” dove le correnti infuriano, mentre il segretario annaspa nel tentativo di descrivere il perimetro di un campo che non sarà quello largo prospettato da Francesco Boccia, ma che rischia di essere talmente stretto da determinare una Caporetto anche nei collegi più favorevoli al centrosinistra.

C’è chi prospetta un fronte repubblicano tra tutti coloro che hanno votato la fiducia a Draghi, da Leu a Renzi; chi, per contro, teme l’appiattimento sul governo dell’ex banchiere. Si parla di una lista assieme ai bersaniani di Articolo 1, mentre Sinistra italiana e Verdi dovrebbero presentarsi insieme e in coalizione con il Pd.

Nel 2018 il Piemonte aveva spedito a Roma 67 deputati e senatori, il prossimo anno vedrà la sua rappresentanza scendere a 43 (29 saranno gli eletti alla Camera, 14 al Senato). Di questi, 28 usciranno dai collegi proporzionali e 15 dagli uninominali. Chi patirà un forte ridimensionamento è sicuramente il Movimento 5 stelle, da prima forza parlamentare a un passo dall’estinzione, senza alleati e probabilmente al di sotto della doppia cifra. E il centrosinistra? Quattro anni fa il Pd aveva eletto 9 deputati e 5 senatori. Due di loro – Silvia Fregolent e Mauro Marino – si sono trasferiti armi e bagagli in Italia Viva, uno, Giacomo Portas è stato ospitato, essendo il leader dei Moderati, ma poi ha giocato da battitore libero, flirtando anche lui con Matteo Renzi. Ne sono rimasti 11. Chi di loro sarà confermato e chi no? Quali sono le più accreditate new entry? La prossima settimana si riunirà la direzione nazionale per stabilire le tappe di un percorso che, almeno nelle intenzioni, dovrebbe coinvolgere segreterie locali e regionali.

Un posto lo libera Mino Taricco, che ha già fatto sapere di non essere intenzionato a ricandidarsi. Due erano catapultati da fuori – Alberto Losacco e Roberta Pinotti – ma attenzione perché se dovesse esserci il ritorno a casa degli ex di Leu il Pd dovrà “caricarsi” sulle spalle anche Federico Fornaro, capogruppo a Montecitorio dei bersaniani. Nella sinistra dem chi sperava nella staffetta con Anna Rossomando, in predicato di assumere la vicepresidenza del Csm, rischia di rimanere deluso, visto che ormai difficilmente sarà questa legislatura a indicare i componenti del supremo organo giudiziario. La vicepresidente del Senato, alleata di ferro del ministro Andrea Orlando, è tra coloro che dovrebbero ottenere la riconferma, così come il “lettiano” Enrico Borghi, che negli ultimi tre anni ha avuto un delicatissimo ruolo all’interno del Copasir, il Comitato parlamentare per la sicurezza, quello che vigila sui servizi.

Gli altri? Chi sale e chi scende? I posti blindati sono quelli da capolista nei sei listini proporzionali (4 alla Camera e 2 al Senato). Gli uninominali sono un rebus: molto dipenderà dalle alleanze. I più contendibili, tuttavia, restano quelli di Torino e cintura e forse Cuneo. Il tutto, naturalmente, stando ai rapporti di forza fotografati dai sondaggi di oggi. Buone chance di riconferma anche per Davide Gariglio, di cui è stato apprezzato il lavoro in Commissione Trasporti a Montecitorio, dove lui, che si definisce “un tranviere prestato alla politica”, ha dimostrato competenza e doti di mediazione. Si dice, inoltre, che il suo appoggio a Enzo Lavolta durante le primarie di Torino gli abbia fatto ottenere qualcosa più di un credito nei confronti del già citato Boccia. Mauro Laus, dopo il successo sul filo di lana del 2018 e il consolidamento della posizione grazie all’insediamento a Palazzo civico di Stefano Lo Russo, di cui è stato il primo sostenitore, scalda i motori per una nuova campagna elettorale.

C’è chi punta sulle competenze acquisite sul campo, chi sul proprio consenso. Poi c'è chi non ha nessuno dei due, ma finché i listini sono bloccati si può anche millantare e andare avanti per “fedeltà”. Il Piemonte ha quattro componenti della segreteria nazionale: oltre a Rossomando e Borghi, ci sono anche la cuneese Chiara Gribaudo, e l’ex ct della Nazionale di volley Mauro Berruto che i bene informati danno in pole position, tanto per passare, metaforicamente, dalla pallavolo all’automobilismo. Restano ancora la fedelissima di Luca Lotti, Francesca Bonomo, Stefano Lepri, vicino a Graziano Delrio e tra i principali artefici dell’istituzione dell’assegno unico, che tuttavia deve guardarsi le spalle dall’arrembante Monica Canalis; e Andrea Giorgis, esponente di una corrente che non esiste, quella capeggiata da Gianni Cuperlo. Non disdegnerebbe di correre neppure Gianna Pentenero, ex assessore regionale, che potrebbe contare sul sostegno non solo e non tanto della sua corrente (sinistra) quanto piuttosto del combinato disposto tra l’esigenza di implementare le quote rose e quella di mettere fuori gioco un potenziale concorrente di Daniele Valle alla candidatura di governatore del Piemonte (e il sindaco Lo Russo che pure l’ha chiamata in giunta, diciamo, non si straccerebbe le vesti in caso dovesse perderla).

È in questo guazzabuglio che dovrà trovare un posticino il segretario del partito piemontese Paolo Furia, che scalpita ormai da mesi ma nonostante le innumerevoli interviste sull’edizione locale di un foglio nazionale, non ha trovato finora molte porte aperte.    

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