VERSO IL VOTO

Dal campo largo alla terra di mezzo: "Calenda e Renzi corrano da soli"

Il centro può contare su un elettorato potenziale del 15%. Per il sondaggista Noto "le forze riformiste potrebbero occupare uno spazio che è rimasto vuoto". Incognita affluenza. Il professor Natale avverte: "C'è una sfiducia altissima"

Coltivare la terra di mezzo anche se può apparire una traversata nel deserto. “Se sconfitta deve essere, c'è chi può porre le basi per una futura vittoria”. Ne è convinto Antonio Noto, fondatore dell’istituto demoscopico Noto Sondaggi, che da giorni osserva attento questo abbrivio di campagna elettorale. Non lo convince la Santa Alleanza contro gli (s)fascisti del centrodestra, Enrico Letta pancia a terra per creare una coalizione che già rischia di diventare una via di mezzo tra la gioiosa macchina da guerra di Achille Occhetto e l’Unione di Prodi. In entrambi i casi non finì bene.

“Parliamoci chiaro – premette Noto – l’unica possibilità per il centrosinistra di essere competitivo è una coalizione che oggi non esiste: dal M5s a Matteo Renzi. Questo rassemblement partirebbe con uno svantaggio di 4 o 5 punti percentuali e potrebbe giocarsela, ogni altra alleanza parte con un distacco di 12 o 13 punti”. Un’analisi che non fa una piega, musica per le orecchie degli “aritmetici”, quelli cioè che compongono le coalizioni mettendo in colonna tutti gli zero virgola disponibili sul mercato elettorale. “Poi però quest’alleanza dovrebbe avere un progetto comune, un’identità chiara, un leader apprezzato. Io per ora sento solo veti incrociati”. Carlo Calenda non vuole Di Maio, Bonino e Letta non vogliono Renzi, Bersani fa ancora appelli per riportare dentro i grillini. Un guazzabuglio. E poi andrebbero convinti gli elettori: che voto a fare Calenda se in quella coalizione ci sono Sinistra italiana e Verdi che sono contro i rigassificatori, la tav, gli inceneritori? “Certo, di fronte a una coalizione troppo eterogenea che trova come unico denominatore comune l’antifascismo in antitesi a Giorgia Meloni allora tanto vale staccarsi” riflette Noto. In questo senso Calenda ha una grande opportunità: “Può costituire un centro riformista che può contare su una base elettorale importante perché oggi in Italia il 15% degli elettori si definisce di centro” prosegue Noto. 

Insomma, c’è una “terra di mezzo” che, se coltivata, può dare frutti negli anni molto più di quel velleitario campo largo che qualcuno ancora rimpiange. Un progetto che, coinvolgendo formazioni tra loro omogenee, può presentarsi agli elettori con un programma chiaro, riformista, in grado di drenare anche una parte di quell’elettorato moderato di centrodestra deluso dalla piega che ha preso la coalizione: non solo gli elettori di Forza Italia, anche una parte di quelli della Lega, i piccoli e medi imprenditori del Nord che tutto sono fuorché sovranisti.  “Così i leader di quell’area, Calenda ma anche Renzi e Toti, perderebbero le elezioni ma potrebbero capitalizzare quei voti presi in vista di future tornate elettorali”.

Tra le incognite della prossima tornata elettorale c’è poi il partito degli indecisi o di chi semplicemente non vota. I sondaggisti la valutano oggi attorno al 40 per cento. Secondo Paolo Natale, docente all’Università degli Studi di Milano, dove insegna Metodi e tecniche della ricerca sociale, membro del Comitato scientifico della Sise (Società italiana di studi elettorali) e della rivista ComPol (Comunicazione Politica), “un elettore su tre resterà a casa. Avremo una riduzione di altri sei o sette punti rispetto alle ultime politiche”. C’è “un’altissima disaffezione verso la politica e gli ultimi eventi non hanno aiutato a cambiare il trend”. La bassa affluenza potrebbe favorire il centrosinistra, che può contare su un elettorato certamente più motivato e fedele, ma il distacco oggi è troppo alto per ipotizzare una rimonta.

Letta ha provato a polarizzare lo scontro prendendo di mira Giorgia Meloni: “O noi o loro”, ma è difficile che possa bastare e anzi alla lunga può anche stufare. Sono trent’anni in fondo che il centrosinistra va avanti “per contrarietà”, prima contro Silvio Berlusconi, poi contro Salvini ora lo spauracchio è Meloni. Ma di fronte a rapporti di forza così delineati e in assenza di un’inversione di tendenza, come si comporterebbero gli elettori dell’ultimo momento? Quelli che decidono all’ultimo sulla base di un’ispirazione o poco più? “Esiste l’effetto Bandwagon, quello cioè che porta gli elettori a salire sul carro dei vincitori, ad assecondare il vento, ed è tipico dei paesi latini, dove c’è un maggiore senso di comunità”, e poi “c’è l’effetto Underdog, con gli indecisi che corrono in soccorso di chi sta perdendo e questo è più comune nei paesi protestanti”. Neanche a dirlo, spiega il professor Natale, “in Italia si tende a salire sul carro del vincitore”. Un altro presagio favorevole per Meloni e alleati?

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