LA GRANDA DISFIDA

L'Opossum prigioniero del Caimano, Cirio subisce il diktat di Bongioanni

Il capogruppo regionale di Fratelli d'Italia costringe il governatore a scendere in campo per le provinciali di Cuneo schierando Dalmazzo contro Robaldo. Una mossa che pregiudica i rapporti futuri con i centristi e delinea nuovi equilibri (e tensioni) nel centrodestra

La battuta che circola tra Cuneo, Alba e Mondovì è che alla fine “il caimano ha stanato l’opossum”. E sì che Alberto Cirio (l’opossum) ha fatto di tutto per evitare una disputa proprio nel suo cortile di casa, peraltro contro uno dei suoi più stretti collaboratori nei primi tre anni di mandato, il sindaco di Mondovì Luca Robaldo. Questa volta, però, fingersi morto, non è bastato per distrarre il caimano Paolo Bongioanni, l’uomo forte di Fratelli d’Italia nel Cuneese e capogruppo in Regione: “Scegli tu il candidato e tutto il centrodestra lo sosterrà” è stata la sua promessa in vista del 25 settembre, quando nella Granda si voterà non solo per le politiche, ma anche per le provinciali. In palio c’è la poltrona di presidente della Provincia, appena lasciata vacante dall’ex sindaco di Cuneo Federico Borgna, che ha concluso il secondo mandato nella sua città. Una consultazione di “secondo livello” che coinvolge solo gli amministratori locali, 2.809 dei 245 comuni della provincia.

“Robaldo ha atteso inutilmente per giorni la benedizione del governatore che però non è mai arrivata” rivela un suo supporter. E non è arrivata proprio per il veto di Fratelli d’Italia (soprattutto di Bongioanni, perché nel partito vi erano posizioni assai meno intransigenti) e, in misura minore, della Lega di Giorgio Bergesio, fedelissimo di Roberto Calderoli. Non è bastato neanche l’appello di una sessantina di sindaci cuneesi di tutti gli schieramenti politici a far convergere il centrodestra verso una soluzione unitaria: “Dobbiamo trovare un nostro uomo” ha tuonato Bongioanni e Cirio s’è acconciato.

Così ieri è diventata ufficiale la candidatura di Roberto Dalmazzo, sindaco di Lagnasco, piccolo centro di millecinquecento anime nel Saluzzese. Sarà sostenuto da Lega, FdI e Forza Italia. In questo scenario il Pd ha colto la palla al balzo per schierarsi con Robaldo, realizzando a Cuneo quel che non è riuscito a Enrico Letta: un’alleanza con un’area riformista in grado di erodere consenso nel principale schieramento opposto. Tra i firmatari del primo appello a favore del sindaco di Mondovì c’era infatti il collega di Cavallermaggiore Davide Sannazzaro, vicesegretario e responsabile Enti locali del Pd di Cuneo. Ma anche il numero uno del partito, Mauro Calderoni, sindaco di Saluzzo, ha già fatto sapere di essere con l’ex capo della segreteria di Cirio, così come la collega del capoluogo Patrizia Manassero, strategica per via del voto ponderato che assegna a Cuneo e Alba il peso maggiore. Con Robaldo, che controlla quasi tutto il monregalese, ci sono anche i sindaci di Bra e Busca. Persino Roberta Barbero, prima cittadina di Marene – paese del fondatore di FdI Guido Crosetto – si è esposta per Robaldo nonostante Fratelli d’Italia l’annoverasse (a torto) tra i “suoi” amministratori.

Con questo dispiegamento di forze Dalmazzo parte sfavorito, nonostante possa contare sui sindaci di Alba, Savigliano e Racconigi. E nonostante ancora una volta il centrodestra abbia ottenuto l’allestimento di un secondo seggio proprio nella città del tartufo, feudo di Cirio, oltre a quello nel capoluogo Cuneo. Un modo, dicono i maligni, per seguire da vicino le operazioni di voto. La voce circola e c’è chi è piuttosto indispettito da questa scelta assunta dal vicepresidente Massimo Antoniotti, uomo di massima fiducia del numero uno di piazza Castello, che ha preso il timone dopo la decadenza di Borgna. Non solo: a quanto pare ci sarebbe una ratio anche dietro lo spostamento delle elezioni, in un primo tempo fissate per il 18 settembre. Infatti, per quella domenica la Lega ha convocato il suo tradizionale raduno sul pratone di Pontida e il rischio che tanti amministratori del Carroccio disertassero le urne per andare a fare la claque per Matteo Salvini ha indotto il vertice della Provincia a far slittare la data di una settimana, in contemporanea con il voto nazionale. “Nonostante questi escamotage Dalmazzo dovrà sudare sette camicie” assicurano gli osservatori più attenti che preannunciano una affannosa rincorsa dietro al favorito Robaldo.

Tra i sindaci, inoltre, la prova di forza del centrodestra non è piaciuta. La Granda è terra votata al compromesso e pure a un certo consociativismo. La sensazione diffusa è che il governatore abbia acceso una polveriera nel suo fortino elettorale per tenere a bada gli alleati in Consiglio regionale, ben conscio che le elezioni politiche potrebbero portarsi dietro nuove fibrillazioni con equilibri completamente stravolti rispetto a quelli rappresentati oggi a Palazzo Lascaris. Se, come pare certo, Fratelli d’Italia supererà la Lega in Piemonte, dal 26 settembre in via Alfieri si aprirà un nuovo fronte per Cirio indipendente da quello che succederà nelle provinciali di Cuneo. Non solo: questa scelta potrebbe avere pregiudicato irrimediabilmente i rapporti con quell’area centrista che in Piemonte annovera una deile figure di maggior peso: l’ex ministro Enrico Costa, antico sodale di Cirio e principale sponsor di Robaldo. Una mossa che non potrà non avere conseguenze tra due anni quando Cirio, in un modo o nell’altro, e la maggioranza regionale dovrà sottoporsi al vaglio degli elettori.