PERESTROIKA

Il Gorbaciov "piemontese",
tra geopolitica e tartufo

Per tre lustri l'attività dell'ex presidente dell'Urss si è intrecciata con il Piemonte grazie il World Political Forum, animato da Rolando Picchioni. Lo scontro sulla morte di Politkovskaja, gli omaggi a Raissa e la trifula donata da un giovane Cirio

Per anni la vita di Mikhail Gorbaciov (o Gorbačëv nella sua versione originale) si è intrecciata con la storia del Piemonte. Torino, Stresa, Torre Canavese, Bosco Marengo sono solo alcuni dei centri che hanno ospitato l’ultimo capo dell’Unione Sovietica, l’uomo della Perestrojka e della Glasnost, scomparso ieri a 91 anni dopo aver scritto le ultime pagine del secolo breve. Se lo ricorda bene Rolando Picchioni, presidente fino al 2015 del Salone del libro di Torino e prima ancora sottosegretario, parlamentare, consigliere regionale, uno depolitici più colti e brillanti che abbia partorito questa regione. Fino al suo scioglimento è stato lui, uno dei cavalli di razza della Balena Bianca (corrente di Emilio Colombo), il direttore esecutivo del World Political Forum, una sorta di Davos che Gorbaciov mise in piedi con la sua fondazione, con lo scopo di far incontrare alcuni dei più influenti opinion leader del mondo a trattare i grandi temi del futuro.

“Per alcuni anni fino al 2014 – ricorda Picchioni nel suo libro La lunga supplenza, edito da Nino Aragno – il Wpf riunì in Piemonte importanti personalità mondiali chiamate a confrontarsi e a formulare proposte sulle sfide che gli scenari geopolitici del nuovo millennio stavano profilando alla politica internazionale dopo la caduta dei due blocchi”. Un progetto nato agli albori del nuovo millennio da un’idea di Andrej Gracëv, ex capo di gabinetto di Gorbaciov, portato in Italia da Giulietto Chiesa, per anni corrispondente da Mosca per L’Unità e La Stampa, oltre che per varie testate televisive. Chiesa era di Acqui Terme e capì subito che a fronte di tanto entusiasmo, perché l’ambizioso piano riuscisse serviva un animo pragmatico, un uomo in grado di catalizzare finanziamenti e trattare con la politica regionale e nazionale. Bussò alla porta di Fabrizio Palenzona, allora presidente della Provincia di Alessandria, numero due di Unicredit, da qualche anno ormai impegnato a scalare le gerarchie del potere politico e finanziario.

Nel 2002 Picchioni ricorda di aver ricevuto un invito a Serravalle Scrivia per incontrare proprio Chiesa e Palenzona. Quest’ultimo si era messo in testa “di rilanciare la Basilica di Santa Croce di Bosco Marengo, un complesso tardo-rinascimentale incastonato nel lembo di pianura tra il capoluogo, Novi e Tortona, per farne una sede di rappresentanza per eventi di alto profilo”. Il giornalista, invece, “era alla ricerca di un contenitore di prestigio dove promuovere dibattiti, incontri e riflessioni di standing internazionale sul fronte geopolitico, economico, sociale e giuridico”. Il progetto stava prendendo forma. “Giulietto Chiesa – scrive Picchioni – era il proconsole del vero ideatore dell’iniziativa: nientemeno che lo stesso Gorbaciov”.

La giornata di insediamento del Forum si celebrò con solennità il 19 maggio 2003 al Lingotto. “Verso una nuova civiltà” era il titolo. Per sei ore si succedettero al podio dell’Auditorium Agnelli Michail Gorbaciov, l’ex segretario generale dell’Onu Boutros-Ghali, il cantante degli U2 Bono Vox, l’ex primo ministro del Pakistan Benazir Bhutto, l’ex presidente della Polonia, generale Wojciech Jaruzelski, i già primi ministri di Ungheria Gyula Horn e del Giappone Toshiki Kaifu, i senatori a vita italiani Giulio Andreotti, Francesco Cossiga ed Emilio Colombo, l’ex ministro Gianni De Michelis, il sindaco di Torino Sergio Chiamparino, la presidente della Regione Piemonte Mercedes Bresso e il suo predecessore Enzo Ghigo. Era iniziata un’avventura che sarebbe durata più di dieci anni, nonostante ben presto i finanziamenti iniziarono a scarseggiare.

Ciononostante, grazie alla rete di relazioni internazionali chiamata a raccolta per la sessione d’insediamento, il Wpf riusci a continuare la sua navigazione a vele spiegate. Fra il 2003 e il 2005 organizzò a Torino, in Piemonte e in giro per l’Europa un calendario serrato di appuntamenti. Tra questi spicca “La povertà nel mondo: una sfida globale” di scena a Stresa. “Proprio la città lacustre dove nel 1935 si era tenuta la storica conferenza che vide per l’ultima volta Mussolini schierato a fianco di Francia e Gran Bretagna contro l’aggressiva politica di riarmo della Germania di Hitler” ricorda ancora Picchioni.

A marzo 2005 cadde il ventesimo anniversario della Perestrojka, e il World Political Forum riportò a Torino i grandi della Terra. Quel giorno alla Scuola di Applicazione dell’Esercito in via Arsenale c’erano tra gli altri l’ex cancelliere tedesco Helmut Kohl e l’ex primo ministro francese Lionel Jospin, l’allora vice presidente del Sudafrica Jacob Gedleyihlekisa Zuma, il presidente della Nigeria Olusegun Obasanjo. Per l’Italia ancora una volta Giulio Andreotti. Gli aneddoti e le storie di questi anni si sprecano, ma già nel 2010 gli appuntamenti iniziarono a diradarsi sempre di più. Il l6 ottobre 2014 la Giunta Regionale del Piemonte, su proposta del presidente Sergio Chiamparino, approvò l’atto di scioglimento del World Political Forum.

“Le cause del fallimento sono molte ed eteroclite – riflette Picchioni –. Le istituzioni locali pretendevano che il Wpf, sia pure in un’ottica internazionale, trattasse il tema del ruolo e della presenza del Piemonte per farne un’occasione indiretta di promozione. Per contro, Gorbaciov appariva sempre meno interessato ai problemi congiunturali e viveva con crescente insofferenza l’avvitarsi della creatura su orizzonti che soffocavano la sua visione cosmopolita e planetaria e la costringevano al volo radente. (…) In Piemonte noi promotori eravamo i padroni di casa ma non i protagonisti, perché l’asse era ormai quello Mosca-Parigi, forte dei secolari rapporti tra Francia e Russia. (…) La latitanza dei soci fondatori, il venir meno delle risorse finanziarie, la tensione sempre più evidente tra Giulietto Chiesa e Palenzona, ormai ridotto a convitato di pietra, fecero il resto. A ciò si aggiunse il tramestio di ambizioni personali più o meno mascherate, che trapelava in modo quasi fisiologico dal desk organizzativo dell’associazione. Ultimo elemento, lo scetticismo – per non dire l’aperta ostilità – di chi, come il sindaco e poi presidente del Piemonte Chiamparino, lo liquidava con sarcasmo come una Villa Arzilla della politica internazionale: un ritrovo di ex potenti e monarchi spodestati come una Marienbad anni Venti”.

Tra dibattiti e conferenze, Gorbaciov trovò in Piemonte anche il tempo di visitare la Fiera del Tartufo di Alba. Ed è in quella occasione che fece la sua apparizione anche un giovane Alberto Cirio, al tempo presidente dell'Ente Fiera, che si presentò davanti a all'ex presidente dell'Urss per omaggiarlo di un pregiato tartufo d'Alba, da sempre una sorta di passepartout che il governatore ha utilizzato sin dall'inizio della sua carriera per accreditarsi presso il mondo politico locale, nazionale e, come si può notare, anche internazionale.

Ci sono stati anche momenti di tensione nel rapporto tra Gorbaciov e il Piemonte. Tra gli aneddoti che racconta Picchioni nel suo libro c’è quello che racconta dell’intervista di Massimo Gramellini con l’ex leader. all’indomani dell’assassinio della giornalista Anna Politkovskaja. Un incontro a fine ottobre 2006 alla Tenuta La Bernardina sulle colline attorno ad Alba, sede delle cantine dei fratelli Ceretto. Davanti a una platea di 500 persone, il giornalista infierisce su Gorbaciov, lo accusa di sostenere “quella faccia da questurino di Putin” indispettendo anche il questore di Cuneo che vorrebbe alzarsi e andarsene ma viene trattenuto dal prefetto. “A tamponare la doppia gaffe interviene Giulietto Chiesa, che riesce a sdrammatizzare – ricorda Picchioni –. Tira fuori l’episodio occorsogli a Mosca quando, avvicinato da un cittadino russo, si sente domandare: Come si dice mafia in italiano?. Ilarità generale. Tutto finisce in una cena ristretta negli infernotti di Piazza Duomo, il ristorante tristellato di Ceretto nel cuore di Alba. A Gorbaciov viene consegnata una busta cospicua per la sua Fondazione che aiutò a distendere gli animi”.

Ma a ben vedere, il rapporto tra il Piemonte e Gorbaciov si era allacciato anche prima del World Political Forum. La storia risale a quando un gallerista e mercante d’arte canavesano, Marco Datrino, grande appassionato di arte russa, acquistò all’asta un servizio russo da the in argento, che era stato trafugato a fine Ottocento dall’ambasciata russa di Tokyo. Un secolo dopo, siamo nel novembre 1990, Gorbaciov è ancora il capo dell’Unione Sovietica. Il leader era atteso in Italia accompagnato dalla moglie Raissa. Datrino ebbe così l’idea di donare alla first lady il servizio da the, restituendolo al suo Paese. Ne mandò le immagini all’ambasciatore sovietico in Italia Anatolij Adamishin affinché ne certificasse storia e provenienza, e il dono non generasse imbarazzanti gaffe diplomatiche. Adamishin annunciò poco dopo che il dono era stato accettato e a prenderlo in consegna sarebbe stata proprio la signora Raissa con una cerimonia all’Ambasciata Sovietica di Roma. Dopo la prematura scomparsa dell’ex first lady, avvenuta nel 1999, Datrino dedicò all’ultima zarina un piccolo ma prezioso museo di quadri sovietici che a Torre Canavese.

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