GRANA PADANA

Il Nord volta le spalle a Salvini, Fratelli d'Italia doppia la Lega

Sondaggi impietosi, soprattutto quelli riservati: l'asticella "psicologica" si abbassa, ora è il 10%. Il mondo dell'impresa e delle professioni non si fida più di Capitan Fracassa e la sua stentorea propaganda. In Piemonte liste senza appeal per tutelare il cerchio magico

Se la locomotiva del Paese lancia pesanti sbuffi in faccia al leader del partito che lì per decenni ha rappresentato il mondo dell’impresa, cosa succederà dove la Lega non ha mai raggiunto la forza del legame con il tessuto produttivo che ora sta rovinosamente perdendo nel Nord Est?

La freddezza, ma ancor più le durissime reazioni degli imprenditori (ma non solo loro), che hanno salutato il comizio di Matteo Salvini a Treviso trasformano la domanda che serpeggia tra i vertici del partito in un allarme più che concreto. Pochi giorni fa, nel suo tour in Piemonte, per dire che si aspetta, o meglio si augura, su questo territorio una Lega primo partito del centrodestra ha scelto la visita a un’azienda leader della logistica, la BCube di Casale Monferrato. Ma è proprio quel mondo dell’economia, che Salvini non dimentica mai di declinare nel mantra delle professioni e dei mestieri, a dare segni sempre più evidenti registrati dai sondaggi di un malcontento e di una delusione che ha raggiunto il suo apice con la decisione di contribuire a mandare a casa Mario Draghi e, in questi giorni, di mettere in discussione le sanzioni alla Russia di Vladimir Putin.

C’è anche questo alla base del calo di consensi che la Lega registra a meno di venti giorni dal voto, dopo aver già subito un forte travaso a favore di Fratelli d’Italia attestato dalle recenti elezioni comunali. I sondaggi sono unanimi nel delineare un trend in calo, di giorno in giorno, di settimana in settimana. La soglia psicologica viene abbassatta progressivamente: prima era il 15%, poi il 12, ora è scesa al 10. Percentuali che in Piemonte rischiano di essere ancora più basse: una rilevazione riservata assegna alla Lega un 7-8%. Cifre da far tremare. E se Salvini, citando sempre il suo intervento a Casale con a fianco il segretario regionale Riccardo Molinari ha cercato di rubricare la sconfitta subita ad Alessandria, come “un primo tempo di una partita” che adesso deve giocare la ripresa alle politiche, in Piemonte la riduzione delle città amministrate dal centrodestra e il superamento della Lega da parte dei Fratelli rende più che giustificata la preoccupazione mal dissimulata da conducenti e passeggeri del Carroccio.

La conta dei partecipanti a comizi, banchetti e gazebo è un’arte di cui in ogni campagna elettorale si esercitano tutti i partiti con i detrattori nella classica parte della stima “secondo la questura”, ovvero al ribasso. Palchi e gazebo sistemati strategicamente in favore del passaggio di turisti e cittadini (è avvenuto ad Arona sul lungolago e ad Alessandria per il cosiddetto Capodanno cittadino). Certo è che le folle non si dice oceaniche ma almeno da riempire una piazzetta, il partito di Salvini (non il solo, per carità) sembra averle archiviate nell’album dei ricordi. Ma al di là della partecipazione, che pure ha tutto il suo peso, è l’aria che tira nell’elettorato mai troppo incline a riempire le piazze, ma per molti anni zoccolo duro del leghismo a preoccupare legittimamente un partito che in Piemonte ha all’orizzonte non troppo lontano altre elezioni,  quelle regionali.

Lasciare lungo la strada una parte del bacino elettorale che guarda all’economia e e allo sviluppo e che ha avuto in Draghi un punto di riferimento solido e foriero di fiducia, significa rischiare di non recuperarlo più. Questo è ben chiaro a più di un quadro dirigente. Inoltre, la situazione piemontese – come fa osservare a taccuino chiuso più di un esponente di lungo corso – vede nella (ri)presentazione dei candidati la pressoché totale assenza di figure, magari nuove anche se la militanza come si dice fa grado, che richiamino in maniera chiara e immediatamente percepibile quel mondo dell’impresa, delle partite iva, delle professioni che la linea salviniana ha in parte (quanto lo si vedrà il 26 settembre) deluso e allontanato.

Si è preferito, nelle decisioni di Molinari e Salvini riproporre gli uscenti (con qualche esclusione non senza polemiche) blindando un apparato, anzichè lanciare segnali a un bacino elettorale in forte ebollizione. La stessa autonomia, cavallo di battaglia di via Bellerio e totem (un po’ traballante) della Lega al governo del Piemonte, sembra sparita dall’agenda insieme al federalismo che, insieme a un approccio pragmatico ancora incarnato da alcuni governatori proprio del Nord Est, ha ancorato buona parte del ceto produttivo. E se dalla locomotiva d’Italia gli sbuffi sono arrivati sul Carroccio salviniano, il fischio che si sente anche in Piemonte non è certo quello che annuncia un treno carico di voti.

print_icon