VERSO IL VOTO

La classe operaia andava in paradiso, ora è un vero inferno. Per il Pd

Tra i lavoratori di Iveco Stura tanta rabbia e rassegnazione I candidati dem Serracchiani, Lepri e Giorgis cercano consenso ma vengono accolti da diffidenza e qualche contestazione. Un lavoratore ex militante Ds: "Si cambia voto a ogni elezione"

Com’eri bella classe operaia! Una volta, certo, nel secolo ferrigno, nell’età delle bronzine, quando il destino ineluttabile sembrava la scalata al paradiso, accompagnata da partiti e sindacati che sulle sue lotte e rivendicazioni forgiavano gran parte dei gruppi dirigenti. Ora per gli eredi lontani, molto lontani, pare una discesa agli inferi. È ora di pranzo e le auto hanno fretta di uscire o rientrare dallo stabilimento di Iveco Stura, dove lavorano in 5mila. Anche se molti accettano il volantino sono in pochi a fermarsi con il drappello di candidati del Pd – Debora Serracchiani, Stefano Lepri e Andrea Giorgis, a caccia di voti (anche) nelle fabbriche un tempo presidiate in modo capillare dalla sinistra. Tra i pochi a intrattenersi c’è Daniele Jemmolo, che lavora in Iveco da tre anni tramite una ditta esterna e si dichiara un ex Ds deluso da tutta la politica. La posta in gioco è alta e la scelta è a due, gli risponde Giorgis, docente universitario e costituzionalista, già capogruppo dei Ds in Sala Rossa con Sergio Chiamparino prima di approdare a Montecitorio; ma Jemmolo si irrita per la semplificazione: “Lei sta riducendo un problema molto più complesso in una scelta binaria. Non è sufficiente”, e invita Giorgis a guardare la realtà della fabbrica: “Provate ad andare dentro a fare un sondaggio su quanti voti prendono la Lega e il centrodestra. È scandaloso: non esiste più la classe (politica, ndr) che lotta per i diritti dei lavoratori”.

Parole che fanno il paio con quelle pronunciate dal segretario della Fiom torinese Edi Lazzi. Proprio mentre Matteo Salvini annunciava la chiusura della sua campagna a Mirafiori, Lazzi ha parlato di una sinistra percepita come sempre più lontana dalle tute blu, con cui deve riconciliarsi. Ma anche se a Iveco Stura il lavoro c'è e la situazione potrebbe andare peggio (700 lavoratori interinali si avviano verso l'assunzione), i delegati delle Rsa che si fermano a parlare a lungo con Serracchiani, Lepri e Giorgis non hanno buone notizie. Gli operai cambiano il partito da votare ogni volta, spiegano ai deputati, e quelli (una chiara ma non specificata allusione alla destra) “promettono, promettono”. E i lavoratori provano ogni volta il nuovo, il partito immacolato, quello che ancora non si è scontrato con la prova dei fatti, cioè del governo.

Fanno capire a Serracchiani che stavolta toccherà alla destra. La capogruppo Pd alla Camera si dice consapevole della disaffezione verso il voto e rilancia le sue proposte per appesantire le buste paga col taglio del cuneo fiscale, parla di “un’emergenza nazionale” sugli stipendi. I delegati ascoltano pazienti, ma hanno l’espressione arresa e le parlano di “sfiducia e paura” tra i lavoratori in vista del 25 settembre.  Sembrano non avere il coraggio di dire agli onorevoli dem quella che è la sentenza pronunciata dal segretario Fiom: per gli operai il no di Salvini alle pensioni a 67 anni è allettante, mentre il centrosinistra è considerato “colpevole” della riforma Fornero e del Jobs Act. Punti fermi, chiari, che valgono più di qualsiasi promessa elettorale.

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