TRAVAGLI DEMOCRATICI

Pd sull'orlo del baratro, Letta prepara le valigie

Dal fallito campo largo al camposanto del segretario. Sotto il 20% e tallonati dal M5s per i dem è iniziata la resa dei conti. Si scaldano i possibili successori, da Bonaccini alla Schlein. Un congresso che potrebbe aprire a una nuova scissione

È la peggior sconfitta del centrosinistra dal 1948. Un dato storico che Enrico Letta non ricorderà volentieri ai suoi studenti nel caso tornasse a Parigi a insegnare a Sciences Po. “Questa è una serata triste per il Paese ma siamo la prima forza di opposizione in Parlamento e la seconda forza politica”. La presa d’atto della batosta e la consolazione che non consola nessuno il segretario l’affida, nella notte, alla capogruppo alla Camera Debora Serracchiani.

Il Nazareno è luogo di passione, forse di tardivi pentimenti. “Anche in Svezia hanno fallito”, Letta si aggrappa alla fallacità degli exit pool, “aspettiamo i dati veri”. E quando arrivano sono peggio delle stime. La soglia del 20 per cento resta un miraggio. E ad arrivare presto, tutto lascia supporre, sarà il congresso del Partito democratico. Stavolta a dirgli di stare “sereno” non sarà più Matteo Renzi, ma più d’uno c’è. Lui non ha mai detto chiaramente cosa avrebbe fatto in caso di sconfitta, però se i numeri alla fine saranno questi si tratterà di disfatta. Dimissioni? Un politologo parlando con lo Spiffero giorni fa, off the record, si concesse una battuta: “Per recuperare qualcosa, Letta dovrebbe annunciare adesso – quindi prima del voto – le sue dimissioni”. 

Il campo largo, poi miseramente ristrettosi a orto esposto a sinistra, diventerà quello di Cincinnato per il professore richiamato dall’esilio francese per inanellare scelte che se non sbagliate sono risultate incomprese da una parte consistente dell’elettorato?

Lo strappo con i Cinquestelle di Giuseppe Conte, fruttato all’avvocato del popolo un risultato che lo porta a incalzare lo stesso Pd (con Sergio Costa che sconfigge Luigi Di Maio lasciando l’ex capo politico fuori dal Parlamento), poi pure la sberla presa, dopo il bacio, da Carlo Calenda, senza farsi mancare il bus elettrico che prima resta con le batterie a secco a Torino e poi si becca un fulmine, insomma una serie di segni premonitori di quel che sarebbe capitato non sono mancati. Nessuno, però, avrebbe potuto immaginare un esito di questa portata, con un calo anche in quella mitica Ztl, ultimo fortino dem ormai corpo estraneo delle periferie.

Poltrona quanto mai scricchiolante, quella di Letta, i tra i cui fallimenti va annoverato anche il richiamo all’antifascismo e al rischio per la democrazia per arginare la vittoria annunciata di Giorgia Meloni

Per la sua successione i papabili non mancano. Da tempo si prepara il governatore dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini, anche se molti suggeriscono di guardare alla sua vice Elly Schlein nel caso in cui il Pd si sposti ancor più verso sinistra e prevalga il fronte che non ha smesso di guardare all’alleanza con i Cinquestelle. In questo caso è davvero impensabile che quell’ala più riformista e moderata del partito, che annovera ex renziani che non hanno seguito l’ex segretario in Italia Viva, rinunci a prendere in considerazione l’abbandono di una forza politica troppo spostata a sinistra e, anche per questo, uscita malconcia dal voto? Tutto dipenderà dal congresso, passaggio la cui rapidità appare inevitabile.

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