RETROSCENA

Siniscalco il "disinteressato" che sogna il ritorno al Mef

L'economista nega di puntare al ministero, ma tesse una rete di contatti che fanno supporre il contrario. Il successore di Tremonti nel borsino del totoministri. Il cortese rifiuto di Messina, Panetta guarda a Bankitalia. E pure Crosetto si prepara per un dicastero di peso

Pare che il suo impegno principale, in questi giorni in cui si guarda e si lavora alla formazione del futuro Governo presieduto da Giorgia Meloni, sia diffondere la voce di un suo disinteresse a fare il ministro dell’Economia. Un dejà vu per Domenico Siniscalco che fece precedere da identico atteggiamento il suo ingresso al ministero per subentrare a Giulio Tremonti. Finirà, mutadis mutandis, come allora con l’apparentemente riottoso economista sulla poltrona, oggi non meno irta di difficoltà, tra le più importanti, delicate e strategiche nell’esecutivo verso il quale, complice la gravissima situazione economica, si procede a tappe forzate?

A quanto risulta, oltre alle telefonate per accreditare l’immagine di chi non è attratto dall’incarico, il professore torinese non ne starebbe facendo di meno interloquendo con vertici di Fratelli d’Italia e quegli ambienti che dicono la loro su una scelta così cruciale. Il suo nome starebbe nella ristretta rosa in continuo aggiornamento dalla quale, tuttavia, si sarebbero già chiamati fuori due figure di non minor peso: Fabio Panetta, membro del board della Bce, piuttosto che verso il dicastero di via XX Settembre guarda alla tolda di comando di Palazzo Koch e Carlo Messina, pur lusingato e dettosi pronto ad aiutare il Paese come ha sempre fatto, non pare avere alcuna intenzione (tantomeno convenienza economica) a lasciare il posto di Ceo in Intesa Sanpaolo

Giorgia Meloni ha fatto chiaramente intendere di non volere una figura di continuità, pur avendo apprezzato ministri draghiani come Roberto Cingolani e lo stesso titolare uscente del Mef Daniele Franco. Probabile che la futura premier ascolti il suo predecessore, prima del passaggio della campanella, specie su un passaggio importante come quello del titolare dell’Economia, per il quale circolano tra i nomi anche quello di Cesare Pozzi, docente della Luiss e quello dell’economista liberale Luigi Buttiglione da molti indicato come uno dei punti di contatto tra i Fratelli d’Italia e il mondo della finanza internazionale. Intanto si affaccia l’ipotesi, peraltro non troppo accreditata, di un possibile spacchettamento del ministero, separando le Finanze dall’Economia e in questo caso per Siniscalco potrebbe profilarsi il Tesoro, dove in caso di una figura più spiccatamente politica dovrebbe vedersela con il responsabile Economia di Fdi Maurizio Leo.

Meno divisivo rispetto a Tremonti, Siniscalco gode anche del fatto di non essere come il suo allora predecessore associato nella pesante memoria dello spettro del default e della crisi del 2011. Il suo standing e la sua esperienza alla vicepresidenza di Morgan Stanley ne farebbero un titolare del Mef in grado di assicurare l’esecutivo e il Paese rispetto a possibili speculazioni dei mercati, che egli conosce assai bene. I giochi, ovviamente, sono  più che aperti ma nei quali il nome dell’ex ministro del Governo con premier Silvio Berlusconi resta uno dei più gettonati.

Altrettanto aperti i giochi per altri ministeri pesanti. E a proposito di peso (fisico oltreché politico), un altro che fino all’altro giorno ha tenuto e ostentato la linea del non interesse ad entrare nel Governo è nientemeno che Guido Crosetto. Il cofondatore e principale consigliere della Meloni, intervistato la notte della vittoria ha confermato l’abbandono (prossimo venturo, o forse più rapido del previsto) della presidenza dell’Aiad (l’associazione delle industrie del comparto Difesa) per termine naturale del mandato, ma per la prima volta non ha affatto escluso un suo ingresso nell’esecutivo. Dato, durante l’avvicinamento alle urne, come assai interessato alla presidenza di Leonardo, il gigante di Marene avrebbe cambiato rotta (su richiesta di Giorgia?) puntando più apertamente su un ruolo politico che, in realtà, non ha mai smesso di svolgere anche dopo le sue dimissioni da parlamentare. 

Sottosegretario alla Difesa dal 2008 al 201, per lui un ritorno a Palazzo Baracchini con i gradi di ministro non è impossibile, ma appare improbabile anche per un troppo diretto passaggio dal vertice delle industrie che le armi le producono a quello dove le si acquista. Per il politico piemontese che negli anni ha maturato relazioni e conoscenza degli apparati dello Stato potrebbero aprirsi le porte del Viminale, ormai definitivamente chiuse a un ritorno di Matteo Salvini per il quale ad oggi non si vedono all’orizzonte dicasteri strategici e con naturali rapporti con gli alleati internazionali, in particolare gli Stati Uniti.

Al ministero dell’Interno Meloni potrebbe, come si vocifera, mettere un tecnico di alto profilo e si fa a questo proposito il nome del prefetto di Roma Matteo Piantedosi, già capo di gabinetto di Salvini al Viminale. Tra le eventualità c’è anche quella di una figura politica, come il presidente uscente del Copasir (il comitato che vigila sui Servizi, la cui guida passerà per legge a un esponente dell’opposizione) Adolfo Urso. Che vada al Viminale o a un mistero economico come il Mise, Crosetto per storia e legame con la futura premier non è certo uno che debba stare fuori dalla porta ad attendere decisioni sul suo conto.

L’unica porta dietro cui tutti dovranno aspettare sarà quella dello studio del Capo dello Stato. Sergio Mattarella, come da prerogative e per precedenti, ovviamente specie sulle posizioni più delicate all’interno del Governo si potrà pronunciare, avallando la proposta del presidente del Consiglio o chiedendo dei cambiamenti. Accadde nel 2014 quando Matteo Renzi entrò nello studio di Giorgio Napolitano con la lista in cui alla casella Giustizia c’era il pm Nicola Gratteri e ne uscì con quel posto affidato ad Andrea Orlando. E proprio quello della giustizia potrebbe essere uno dei nodi più complicati da sciogliere per Meloni. D’acchito si penserebbe a Carlo Nordio, l’ex magistrato eletto in Parlamento con FdI e che non ha fatto mistero di essere disponibile per il ruolo di guardasigilli. La sua è però una posizione decisamente garantista, forse troppo anche per i Fratelli e per la Lega, tant’è che proprio quest’ultima potrebbe “approfittarne” per intestarsi il dicastero di via Arenula, forse il più importante tra quelli che andranno al partito di Salvini, insediandovi Giulia Bongiorno. Per gli Esteri circola con insistenza il nome di Elisabetta Belloni, ex segretario generale della Farnesina, attualmente capo del Dis, il dipartimento che coordina i servizi segreti, lanciata nella corsa al Quirinale da un fronte trasversale che andava dal M5s alla Lega. Resta in pista pure Giampiero Massolo, diplomatico di carriera oggi presidente di Fincantieri e dell’Ispi, Istituto di politica internazionale, amch’egli con un passato alla guida del Dis.

Nel totoministri salgono le quotazioni del politologo Luca Ricolfi, per lui si ipotizza l’Istruzione, ma non è esclusa la possibilità che vada a guidare un altro ministero legato alla cultura, oppure alla pubblica amministrazione o il lavoro. La posizione critica verso la sinistra, parte da cui proviene, è assai apprezzata nel centrodestra e per lo studioso torinese, autore di moltissimi saggi questo sarebbe un ulteriore elemento, non certo il principale, a favore di un suo approdo in Viale Trastevere. Per quella poltrona viene fatto anche il nome dell’ex presidente della Camera, passato da Forza Italia ai FdI, Marcello Pera. Ipotesi che potrebbero svanire nel caso in cui i veti su una serie di ministeri, incominciando dal Viminale, posti a Salvini portassero il leader (pro tempore) della Lega a occuparsi di scuole. Dopo la bocciatura nelle urne.

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