Il colore del gas

L’inverno si avvicina e il problema delle forniture di gas diventa sempre più impellente. Fortunatamente i depositi di gas italiani sono pieni oltre il 90% e dovrebbero garantire una certa sicurezza, ma un eventuale blocco totale delle forniture russe rappresenterebbe un problema.

Come già scritto in un nostro articolo di un paio di mesi fa Snam, società che gestisce i gasdotti italiani, ha acquistato un rigassificatore galleggiante che dovrebbe entrare in funzione fra qualche mese. Ora si apprende che l’impianto è in attesa di tutte le autorizzazioni necessarie tra cui quella della Soprintendenza che discute anche il colore della nave. Dipingere una nave non è come dare una mano di bianco in un appartamento, ma non dovrebbe costituire un grosso ostacolo. Di fronte al rischio di rimanere al gelo però sembra quanto meno ridicolo appellarsi al colore.

Siamo in una situazione di emergenza e la Snam si è attivata subito spendendo circa 350 milioni di dollari per l’acquisto della nave rigassificatrice e ancora non si riescono ad ottenere tutte le autorizzazioni. A quanto pare ci vogliono 120 giorni ovvero 4 mesi per completare l’iter autorizzativo. I controlli sono necessari, ma 4 mesi sono veramente tanti in un periodo di emergenza. La Germania non ha rigassificatori, ma adesso si sono messi a costruirne uno in fretta e furia e forse lo avranno prima dell’impianto di Piombino. Alcune scelte tedesche lasciano perplessi come il tubo che passa sopra una strada che in caso di incidente potrebbe essere pericoloso, però è da apprezzare la celerità nell’affrontare i problemi.

Governo e Snam si sono mossi in tempo, ma poi il tutto si è arenato in attesa di autorizzazioni. Una cosa discutibile è l’impatto visivo degli impianti industriali, che in ogni caso rappresentano il risultato del genio e del lavoro e posseggono un certo fascino. Non saranno una verde collina, ma di fronte ad un impianto non nasce la curiosità di come possa funzionare quell’insieme di tubi, valvole, servomeccanismi, ecc? Da questo punto di vista anche i criteri delle Sovrintendenze dovrebbero tener conto che un impianto industriale non è necessariamente brutto, ma ha anche una funzione culturale. Si visitano i vecchi mulini ad acqua, i frantoi ipogei, gli acquedotti romani e così via che sono tutti opere di ingegneria della loro epoca.

Non ci dovrebbe essere il terrore degli impianti industriali che ci garantiscono il benessere di cui godiamo oggigiorno. Non dimentichiamoci che 70-80 anni fa si faceva ancora la fame nelle campagne italiane ed è stato lo sviluppo economico con la creazione di tante industrie a liberarci dalla fame. Una parentesi di costume, il mito delle maggiorate nel secondo dopo guerra, era dovuto proprio alla fame precedente e il conquistato benessere lo si vedeva anche nelle donne finalmente in carne e non macilente per la scarsa quantità e qualità del cibo. È necessario preservare l’ambiente dall’inquinamento, ma è ancor più importante salvaguardare la vita umana senza dimenticare che l’industria e la tecnologia ci fanno vivere nel benessere.

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