DAL PARLAMENTO

"Accordo sulle presidenze", Molinari incrocia le dita

Ultime ore di trattive nel centrodestra. Il deputato piemontese della Lega vede avvicinarsi lo scranno più alto della Camera. Al Senato in pole position il fratello d'Italia La Russa. Ma alla vigilia della prima seduta tutto può ancora capitare. Stay tuned

Potrebbe farsi in discesa la strada per le caselle in vista del prossimo governo. Strada che fino a ieri sembrava interrotta dalle scintille nel centrodestra sull’elezione dei presidenti di Senato e Camera, su cui domani Montecitorio e Palazzo Madama iniziano a votare. Da Fratelli d’Italia arrivano rassicurazioni sull’intesa almeno per gli scranni più alti delle due Aule: “L’accordo c’è, non ci sono problemi”, assicura il senatore Giovanbattista Fazzolari, il Gianni Letta di Giorgia Meloni. Non si respira lo stesso entusiasmo dalle parti di Forza Italia e Lega, partiti nei quali al nervosismo tra i partner della coalizione si sommano le tensioni interne. Ad ogni modo, se sono rose fioriranno già domani, 13 ottobre, quando sarà eletto il successore di Elisabetta Casellati. Per via dei differenti regolamenti gli esiti saranno differiti: a Montecitorio nei primi scrutini non basta la maggioranza assoluta, ma serve quella qualificata, quindi bisognerà attendere la quarta votazione, che dovrebbe tenersi venerdì 14 ottobre. Ma quella delle presidenze delle Camera è una partita che si intreccia con quella dei ministeri da ripartire nella coalizione di centrodestra. E su quel terreno, a quanto pare ci sono ancora molti ostacoli, che solo il previsto vertice tra i leader del centrodestra sarà in grado di rimuovere.

Ieri sera, lasciando la Camera, anche Ignazio La Russa aveva manifestato ottimismo: “Vedrete che la mattina sbocceranno i fiori”. Stamattina rumors da fonti autorevoli riferiscono che l’accordo sarebbe chiuso sullo stesso La Russa al Senato, e su Riccardo Molinari alla Camera, un salviniano fedele ma tormentato. Tutti gli occhi sono puntati su Matteo Salvini che alla fine potrebbe replicare la magra figura rimediata nelle trattative sul Quirinale, quando a forza di tirare la corda e giocare su più tavoli, si è ritrovato con in mano un pugno di mosche e la rielezione di Sergio Mattarella. Al momento, con i suoi tatticismi è riuscito nell’impresa di “regalare” l’odiato Giancarlo Giorgetti alla premier in pectore – che, non a caso, lascia circolare la voce che potrebbe scegliere l’ex ministro draghiano per la guida del super dicastero dell’Economia –, mandare su tutte le furie Roberto Calderoli – che si sente preso per il naso dalle rassicurazioni del Capitano per la poltrona di presidente del Senato – bloccare le aspirazioni ministeriali di molti suoi colonnelli. Allo stesso Molinari non resta che incrociare le dita e fare gli scongiuri. Succedere a Roberto Fico sarebbe un bel colpo (di fortuna) che lo proietterebbe ancora più in alto, nell’empireo delle massime istituzioni (è pur sempre la terza carica dello Stato) e, non ultimo, lo terrebbe a debita distanza dalle pastoie di un partito vicino all’orlo della disperazione.

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