La partita dell'Italia

Giulio Andreotti: “Una Germania unita in una Europa occidentale senza l’America sarebbe un pericolo… La signora Thatcher insiste su questo e ha ragione”. In questo periodo con la guerra in Ucraina in Italia si assiste ad un rigurgito piuttosto vivace di antiamericanismo, fenomeno comunque storicamente presente. L’esistenza del più grande partito comunista europeo ha pesato sicuramente durante la guerra fredda a sedimentare un riflesso pavloviano contro gli Stati Uniti, ma anche la componente cattolica non ha mai visto di buon occhio l’America che ha rappresentato sempre un simbolo di progresso e di una certa disinibizione morale oltre ad essere un paese protestante. Questi due fattori hanno creato un humus favorevole ad un antiamericanismo che si risveglia in presenza di crisi internazionali.

Che gli Stati Uniti possano risultare simpatici o antipatici è una faccenda in qualche modo secondaria e che riguarda le coscienze individuali, ma le dinamiche dei rapporti fra gli Stati devono prescindere da questi sentimenti. Può dolere dirlo ma questi rapporti sono dettati dalla forza relativa degli Stati e non certo dai buoni sentimenti. Le idee liberali oltre ad essere guidate dal principio della massima libertà possibile per l’individuo sono improntate ad un sano realismo al contrario di ideologie utopiche come il comunismo o certe idee ecologiche estreme.

Il realismo ci pone una domanda sul ruolo dell’Italia nel mondo. L’economia italiana è sostanzialmente una manifattura che acquista materie prime e semilavorati, li trasforma in prodotti finiti e li vende all’estero. La potremmo definire una sorta di nazione commerciale e come tale dovrebbe mantenere buoni rapporti con tutti. La realtà ci dice che esistono altre condizioni imprescindibili, come per esempio, le alleanze, tipo la Nato e l’Unione Europea, ma non solo.

L’Italia è al centro del Mediterraneo con una proiezione verso l’Africa e questa condizione geografica non può essere cambiata. L’Italia esporta parecchio in Germania e Francia, che sono contemporaneamente nostri concorrenti: hanno gli stessi interessi dell’Italia o rappresentano dei “fratelli-coltelli”? La Germania, è inutile nasconderlo, esercita una ferrea egemonia in Europa e non è estranea alla situazione in Ucraina. Angela Merkel, per quanto i suoi risultati sono da discutere, è stata considerata una sorta di leader naturale dell’Unione Europea. Le scelte sul gas e sulla transizione ecologica imposte dalla Germania all’Europa hanno evidenziato i limiti della leadership tedesca e il fatto che gli interessi tedeschi non coincidono con quelle dell’Europa. Il piano tedesco di diventare l’hub europeo del gas russo era funzionale non solo ad un interesse economico, ma anche ad esercitare un’egemonia sull’Europa tutta. È qui si evidenziano anche i limiti dei tedeschi, perché legarsi al tubo russo significava essere dipendenti dai voleri di Mosca.

L’Italia ha un certo peso economico, ma ha perso molte posizioni a livello internazionale e gli ultimi governi non sono stati d’aiuto. La situazione in Libia ha visto l’ultimo governo inerte nonostante si potesse fare un tentativo dato che la Russia era impegnata in Ucraina e trovare una sorta d’intesa con la Turchia di Erdogan. L’Italia può vivere in uno splendido isolamento come immagina qualcuno? Ovviamente no. L’Italia non è e non può essere una potenza e deve per forza di cosa trovare il suo posto in una rete di alleanze che ne tutelino gli interessi e ne rafforzino le sue peculiarità. La domanda da porsi è molto semplice: l’Italia deve appiattirsi all’egemonia tedesca e rinunciare al suo ruolo nel Mediterraneo o cercare di guadagnarsi una sua autonomia in Europea appoggiandosi agli alleati americani e inglesi?

La Germania per quanto aspiri a diventare una potenza, non potrà mai competere con nazioni come Stati Uniti o Cina e pertanto sarà nelle migliori delle ipotesi una potenza di serie B. Per l’Italia conviene avere un ruolo si serie C con l’alleato di serie B, o giocare in B con l’alleato di serie A?

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