LA SACRA RUOTA

Automotive, una filiera legata ai motori tradizionali (e a Stellantis)

Il comparto della componentistica fatica a switchare verso il nuovo corso green. Si tratta di 2200 imprese che danno lavoro a 168mila addetti (un terzo sono in Piemonte). Pichetto: conciliare il cambiamento con la necessità di garantire l'occupazione

Il 73,8% delle imprese della componentistica automotive è ancora legato ai motori tradizionali, anche se l’attenzione per il powertrain elettrico (il 29,4%) e per quello ibrido (30,3%) è in crescita. Il 15,6% di aziende ha aderito a progetti che sviluppano tecnologia fuel cell. Questo è il quadro dell’automotive italiano che emerge dall’Osservatorio della Camera di commercio di Torino e dell’Anfia, presentato oggi al Mauto. Caratteristiche che rendono il comparto particolarmente vulnerabile alle trasformazioni imposte dal phase out dei motori endotermici deciso dall’Unione europea per il 2035, scadenza che continua a suscitare una serie di allarmi dei costruttori. Sulla neutralità tecnologica, per la transizione all’elettrico, il nuovo Governo annuncia che non vi sarà “nessuna marcia indietro o cambiamento di idea. Bisogna ragionare con quella che è la realtà del sistema produttivo e, quindi, riuscire a conciliare il tutto”, dice Gilberto Pichetto Fratin, neoministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, in un’intervista al Giornale. In vista della ripresa dei tavoli del settore automotive con i colleghi Adolfo Urso (Sviluppo economico), Matteo Salvini (Infrastrutture e mobilità sostenibili) e Giancarlo Giorgetti (Economia) occorre fare “valutazioni, a livello complessivo, dopo una verifica sulla capacità delle imprese di raggiungere l’obiettivo al 2035 – continua Pichetto – anche in considerazione delle criticità di approvvigionamento di microchip e batterie. Ma ci vuole la possibilità di ragionare sui tempi e sui modi per raggiungerlo, senza dimenticare i biocarburanti, l’idrogeno e deroghe a settori specifici”.

La filiera conta oltre 2.200 imprese con più di 168mila addetti, numero sostanzialmente stabile rispetto al 2020 e un fatturato netto nel 2021 pari a 54,3 miliardi di euro, in crescita del 16,7%. La variazione positiva del fatturato ha interessato tutti i segmenti della filiera, con risultati migliori per i subfornitori (+25,6%). Il Piemonte mantiene il primato nazionale per numero di imprese (33,3%) – seguito da Lombardia (27%), Emilia-Romagna (10,4%) e Veneto (8,8%) – con un fatturato generato dalla componentistica nel 2021 pari a 17,6 miliardi (32,5% del totale nazionale) e oltre 58.600 addetti (34,9%). Le imprese che hanno investito nel 2021 in ricerca e sviluppo sono il 67%, in progressivo calo nel triennio. Quanto alle misure di sostegno alla filiera automotive le imprese chiedono soprattutto iniziative dirette al contenimento dei costi dell’energia elettrica (l’82%), progetti di digitalizzazione e innovazione (71%), nonché gli interventi specifici diretti a R&S (67%). Per il 53% permane la necessità di incentivi alle immatricolazioni per supportare la domanda, il 43% chiede incentivi per lo sviluppo delle infrastrutture di ricarica per le auto elettriche. Nei prossimi cinque anni si renderanno necessarie nuove figure professionali, da destinare ai processi produttivi (62%), all’automazione e sistemi meccatronici (53%), ai prodotti e materiali (48%), alla sostenibilità ambientale (47%).

“Il 2021 si era chiuso in ripresa, con un fatturato in crescita del 16,7%, ma oggi per le imprese della filiera si moltiplicano le sfide: alti costi energetici e delle materie prime, crisi internazionale e accelerata transizione ecologica. Per questo le nostre imprese cercano soluzioni, vendendo di più all’estero, investendo in innovazioni di prodotto e cercando sul mercato del lavoro nuove competenze, difficili da trovare: cautela e prudenza caratterizzano le prospettive per l’anno”, afferma il presidente della Camera di commercio Dario Gallina. “Anche l’export della componentistica ha visto nel 2021 un netto recupero (+15,4%), con un rallentamento nella seconda parte dell’anno per il protrarsi della crisi dei semiconduttori, delle materie prime e della logistica” spiega Marco Stella, presidente del Gruppo Componenti Anfia. Stella ricorda che “le imprese, da quest’anno, possono contare sulle misure del fondo automotive, in particolare gli interventi di politica industriale come i contratti di sviluppo e gli accordi di innovazione, che agevolano i piani di investimento delle imprese”.

Un settore che è ancora in larga misura dipendente da Stellantis, pur avendo avviato una progressiva diversificazione della committenza. Nel 2021 il 72,9% delle imprese ha il gruppo italo-francese nel portafoglio clienti, l’80,6% in Piemonte. In calo, la quota di fatturato generato dalle vendite a Stellantis, pari al 40,7% in Italia (era il 41,7% nel 2020), mentre registra un aumento in Piemonte (dal 47,4% del 2020 al 49,6%). Vale invece il 59,3% l’incidenza del fatturato proveniente da altri costruttori, soprattutto tedeschi, francesi (escluso Stellantis) e americani. Di minor rilevanza il rapporto con le case asiatiche.

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