Ma l'alternanza così non c'è

Dunque, è abbastanza evidente che il ritorno della politica è coincisa nel nostro paese con l’arrivo al Governo di una coalizione politica, frutto di una chiara ed esplicita scelta degli elettori. Una coalizione che, almeno formalmente, dovrebbe suggerire la necessità di avere un’altra, o altre, alleanze politiche alternative. Ma, per fermarsi all’oggi, credo che non ci si possa stupire se una coalizione di centrodestra fa e declina una politica di centrodestra. Certo, non eravamo più abituati ad avere scelte politiche nette e definite dopo svariati lustri di consociativismo, di governi guidati da tecnocrati e di derive trasformistiche ed opportunistiche. Adesso c’è un governo di centrodestra che si assume la piena responsabilità di governare e di fare delle scelte politiche.

Ora, di fronte ad un quadro politico sufficientemente chiaro, dovrebbe essere quasi naturale che il principio basilare di una democrazia matura, e cioè una normale e fisiologica democrazia dell’alternanza, dovrebbe imporsi quasi per una legge non scritta. Pare, però, che questa regola non sia ancora sufficientemente condivisa dalla politica italiana. E le prime avvisaglie che arrivano dopo l’insediamento del Governo guidato da Giorgia Meloni lo confermano in modo persin plateale. E questo perché il tema di fondo è quello del non riconoscimento politico della coalizione che ha vinto le elezioni dello scorso 25 settembre. È il caso, nello specifico, del comportamento politico concreto della sinistra italiana nelle sue multiformi espressioni – da quella massimalista e radicale del Pd a quella populista e demagogica dei 5 stelle – dopo l’avvio del Governo Meloni. E non mi riferisco, come ovvio, agli attacchi quotidiani, e scontati, alla coalizione di centrodestra per le poche scelte che hanno intrapreso sino ad oggi. Semmai, e al contrario, quello che conta rilevare è la delegittimazione morale, politica e culturale che la sinistra ostenta e ribadisce quotidianamente contro l’intero centrodestra italiano accusato di ogni nefandezza e quindi, secondo la loro opinione, non solo inadatto a governare il paese ma impossibilitato per ragioni quasi di natura antropologica.

Di fronte ad un quadro del genere, è del tutto evidente che la democrazia dell’alternanza non ha, per il momento, alcuna cittadinanza nel nostro paese. E l’attacco insistente, quotidiano e martellante della sinistra italiana sul profilo e sul progetto politico del centrodestra lo dimostra senza appello. Ma come è possibile, per fare un solo esempio concreto, che di fronte a gravissime emergenze sociali ed economiche a cui dobbiamo dare risposte serie e altrettanto convincenti, si passa il tempo a discutere sul centenario della marcia su Roma, sulle libertà a rischio, sulla postura fascista, sulla compressione dei diritti, sulla dittatura dietro alle porte, sul governo illiberale e su amenità varie che sono, come credo tutti sanno, elementi del tutto virtuali ed astratti per il futuro politico del nostro Paese? Ma questi sono, purtroppo, tasselli di un mosaico che portano ad una sola conclusione. E cioè, appunto, la delegittimazione morale e politica dell’avversario che, nel caso specifico, si tratta più di un nemico da distruggere e da annientare che non un competitore con cui confrontarsi e dialogare.

Questo era, e resta, il cuore del problema. Ovvero, o la democrazia italiana riesce a fare un vero salto di qualità e, in attesa di tempi migliori, a dar vita finalmente ad una fisiologica democrazia dell’alternanza oppure, al contrario, si continuerà in questa sorta di “bipolarismo selvaggio” funzionale a quella logica perversa e grave degli “opposti estremismi” che ha segnato i momenti peggiori della nostra storia repubblicana. Ed è proprio questa la vera scommessa politica dei prossimi mesi. Senza una vera e normale democrazia dell’alternanza è la stessa nostra democrazia che resta incompiuta. Ognuno, quindi, si assuma le proprie responsabilità. Politica, culturale e di comportamento.

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