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Le mani sulla verità, omaggio a Rosi

Al Museo del Cinema un'esposizione per celebrare il maestro a cento anni dalla nascita. Alla Mole Antonelliana ricostruito lo studio del regista. "La sua opera è ancora attuale", afferma il presidente della Fondazione Enzo Ghigo che ha acquisito il fondo

“Non dobbiamo dimenticare gli autori, come mio padre, che hanno creduto nella funzione sociale del cinema. Aiutiamo le giovani generazioni a scoprirlo. Dovrebbe essere un dovere di chi ha il compito di difendere la cultura del nostro Paese”. Così Carolina Rosi spiega il valore della mostra che celebra al Museo Nazionale del Cinema di Torino i cento anni dalla nascita del padre Francesco. L’esposizione “Le mani sulla verità. Cento anni di Francesco Rosi”, curata da Carolina con Domenico De Gaetano, Mauro Genovese e Maria Procino, è allestita alla Mole Antonelliana con ingresso gratuito.

Il più tenace indagatore della realtà nell’Italia del '900, l’uomo che sapeva usare la macchina da presa e l’occhio del cinema per pedinare la verità, nasceva 100 anni fa, il 15 novembre 1922. “Io sostengo, ed è il metodo che ho usato nei miei film – diceva – che bisogna creare una certa distanza dagli avvenimenti per poterli leggere meglio e anche per poter accogliere quante più nozioni possibili per avvicinarsi alla verità. E per questo il film richiede tempo”. Aiuto regista con il suo mentore Luchino Visconti che nel '47 lo arruola su consiglio di Achille Millo per “La terra trema”, sarà poi sui set di Antonioni, Monicelli, Emmer, Alessandrini, ma è ancora Visconti ad affiancarlo a Suso Cecchi d’Amico per la sceneggiatura di “Bellissima” (1951) per poi chiamarlo insieme a Franco Zeffirelli come aiuto-regista in “Senso” (1953). Ma è Visconti a incoraggiarlo per il fortunato esordio con “La sfida”.

“Vedere i suoi film è come leggere dei bignami sulla storia dell’Italia negli ultimi sessanta anni. In più per me c'è una componente emotiva molto forte: la ricostruzione dello studio con i suoi libri, i suoi premi, la sua scrivania, mi ha devastato emotivamente” osserva Carolina Rosi. “Questa mostra è un tributo doveroso e necessario a uno dei più conosciuti maestri del cinema italiano a livello mondiale, ancora straordinariamente attuale grazie a un’opera che ci permette di riflettere sulla complessità del presente. I suoi film hanno la capacità di trasmettere un messaggio universale fatto di temi civili e sociali, ricerca della verità e della giustizia” sottolinea Enzo Ghigo, presidente del Museo Nazionale del Cinema. “Acquisire il fondo Rosi è stato un grande privilegio. È uno dei maestri del cinema italiano e i materiali conservati restano di sorprendete attualità per i temi affrontati e per la capacità di parlare allo spettatore utilizzando uno stile che sono alla base del suo cinema di impegno civile e politico. L’obiettivo della mostra è proprio quello di valorizzare questo patrimonio, non solo per i cinefili che già lo conoscono ma di raggiungere soprattutto i giovani” afferma De Gaetano, direttore del Museo Nazionale del Cinema.

“La sfida” è il titolo del suo lungometraggio d’esordio nel 1958 cui seguirono fra gli altri “I magliari”, “Salvatore Giuliano”, “Le mani sulla città”, “Uomini contro”, “Il caso Mattei”, “Lucky Luciano”, “Cadaveri eccellenti”, “Cristo si è fermato a Eboli”, “Tre fratelli”,  “Cronaca di una morte annunciata”, “Dimenticare Palermo”, “Diario  napoletano” e “La tregua” nel 1997, sua ultima regia. A teatro, Rosi ha diretto tre lavori tratti dalle opere di Eduardo De Filippo: “Napoli milionaria”, “Le voci di dentro” e “Filumena Marturano”. Con “Le mani sulla città” ha vinto il Leone d’Oro alla Mostra di Venezia, che gli diede anche un riconoscimento alla carriera nel 2012, mentre il film “Il caso Mattei” gli valse la Palma d’Oro al Festival di Cannes e sono stati ben undici i David di Donatello ottenuti da regista o da sceneggiatore.

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