SANITÀ

"Con le coop di gettonisti Pronto Soccorso all'asta"

In legge di Bilancio previsti 200 milioni per il personale dell'emergenza (dal 2024). Resta la carenza di specialisti. De Iaco (Simeu): "Indispensabile un tetto ai costi e la verifica dei requisiti". In Piemonte situazione critica destinata a peggiorare

Possono bastare 200 milioni in più inseriti nell’ultima bozza della legge di Bilancio per risolvere i problemi dei Pronto Soccorso, con sempre meno personale, sempre più nelle mani delle cooperative? Premesso che l’aumento dell’indennità, peraltro prevista a partire dal 2024, distribuita tra medici (60 milioni) e personale del comparto (140) varrà più o meno cento euro in più al mese, come osserva Fabio De Iaco, presidente della Società italiana di medicina di emergenza-urgenza, “il problema che si acuisce ogni giorno di più, non si risolve solo con un aumento che, peraltro, arriverà tra più di un anno. Serve ben altro”.

Nel colloquio con lo Spiffero il presidente di Simeu, quindi non un sindacalista bensì guida della rappresentanza scientifica di una specialità della medicina, pone ancora una volta l’attenzione “sulle condizioni di lavoro”, piuttosto che sugli aspetti economici. “Quello di cui c’è estremo bisogno è rendere umano il lavoro in Pronto Soccorso, perché in questo momento non lo è più. Come? Innanzitutto svuotare i Pronto Soccorso dalle attese di ricoveri, che sono un cancro spaventoso del sistema sanitario e che pesa sui medici e gli infermieri. Solitamente relegato al piano terra, in senso concreto e metaforico”. I tentativi di arginare questa anomalia che fa dei Dea una sorta di parcheggio in attesa del trasferimento nei reparti ci sono, anche in Piemonte, ma fino ad ora di risultati concreti e apprezzabili non se ne vedono. “Sia chiaro, non esistono bacchette magiche, ma rendere più umana l’attività in Pronto soccorso passa anche dal diminuire il carico di lavoro sul singolo medico, quindi aumentare gli organici”. Si fa presto a dire: assumiamo più medici, se gli specialisti non si trovano e molti da mesi ormai lasciano il posto da dipendente per andare a lavorare nelle cooperative con remunerazioni che arrivano a superare il quadruplo dello stipendio preso dall’Asl.

“A livello nazionale stiamo cercando di far capire al Governo e altri soggetti come le Università che è necessaria una riforma profonda delle scuole di specializzazione”, spiega De Iaco non nascondendo che gli effetti di questa auspicata riforma arriverebbero comunque nei prossimi anni. Dunque, “al momento si potrebbe prevedere l’impiego nei Pronto Soccorso degli specializzandi a partire dal terzo anno”. Oggi, in quel fronte avanzato dell’emergenza, lavorano professionisti con specializzazioni diverse rispetto a quella obbligatoria per i dipendenti, talvolta parecchio avanti nell’età e non di rado senza alcuna esperienza pregressa nella medicina d’urgenza.

Tutto questo succede a causa delle cooperative che prendono in appalto i servizi dove il personale organico non è più sufficiente.  “Ormai si stanno mettendo all’asta i Pronto Soccorso, siamo al mercato delle vacche con cooperative che spuntano come i funghi e costi che in alcuni casi superano i140 euro all’ora per un medico gettonista”, denuncia il presidente di Simeu che proprio la questione delle coop intende portare come primo punto al previsto incontro con il ministro della Salute Orazio Schillaci.

“Condivido appieno l’idea dell’assessore piemontese Luigi Icardi di chiedere al Governo un tetto per la remunerazione delle cooperative, ovviamente su tutto in territorio nazionale per evitare squilibrii e penalizzazione tra una regione e l’altra. Ma c’è anche un’altra necessità: se c’è una procedura di accreditamento per le strutture della sanità privata che operano nel servizio sanitario, non si capisce perché questo accreditamento con rigorosi requisiti e la possibilità di verificarne la qualità non debba esserci per chi fornisce personale per i Pronto Soccorso”. Un tema quello delle coop che, per usare le parole di Icardi, “rischiano di prendere in ostaggio una parte della sanità”, non è certo secondario in Piemonte. “Qui – spiega De Iaco, che in Piemonte lavora, la situazione è stabile nella sua criticità, con una prospettiva di peggioramento, se non si prenderanno provvedimenti”. 

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