Un suicidio sinistro

La Sinistra del nostro Paese è simile a un puzzle impossibile da completare, a causa dei molti tasselli mancanti e dell’assoluta impossibilità di farne combaciare i pezzi. 

Esiste infatti la Sinistra extraparlamentare, fuori da tutte le istituzioni per volontà, che in genere si ritrova negli edifici occupati e nei centri sociali. Compagine antagonista colpita duramente dal Covid cha ha messo a dura prova la sua dimensione aggregativa, ma sempre attiva e pronta a scendere in piazza per sostenere le lotte sociali.

Sul fronte ideale opposto si trova la gauche istituzionale, la Sinistra tutt’altro che allergica alle sedi consiliari e agli incarichi di governo. Realtà politica oramai in perenne affanno e, soprattutto, sempre pronta a dividersi in una miriade di raggruppamenti: socialisti, comunisti (libertari-filosovietici-trotskisti), socialcomunisti, liberalsocialisti, cattocomunisti, liberal-catto-socialisti e democristiani liberali di sinistra. Una miriade di sigle in cui è facile perdersi, spesso abbandonate in fase preelettorale dai leader politici sorti dalle ceneri del Pci e di Dp.

Pur dimostrando una buona capacità di analisi e di previsione delle nefaste conseguenze derivanti dalla speculazione finanziaria, la Sinistra versa da molti anni in una profonda crisi che sembra condannarla a una sorta di oblio collettivo. Il consenso elettorale di cui godeva è stato considerevolmente eroso nel tempo dai ripetuti errori di strategia e da una cronica assenza dalle periferie delle grandi città, ai quali si somma il perenne disinteresse da parte dei media nei suoi confronti.

L’elettore non sempre è in grado di individuare le differenze che separano le forze politiche nate dopo la caduta del muro di Berlino. Quando una di esse è vittima di uno scandalo, l’opinione pubblica non riesce a distinguere i buoni dai cattivi, e quindi nel dubbio mette tutti quanti nel girone infernale dei traditori, ossia nel lago di Cocito (dove si trovano i “fraudolenti verso chi si fida”).

La colpa più grave commessa da chi ha candidato con tanta superficialità Aboubakar Soumahoro è infatti quella di aver screditato ancora una volta l’ampia comunità politica di cui è parte. Il neo deputato è da alcuni giorni all’onore delle cronache per un presunto uso a fini personali di denaro derivante da sottoscrizioni (pubbliche) per scopi sociali, mentre i familiari sono chiamati dalla Giustizia a chiarire il trattamento, al limite dello sfruttamento, riservato ai propri lavoratori come agli immigrati ospiti delle comunità a loro affidate.

I due segretari della coalizione Verdi-Sinistra Italiana, che alle ultime elezioni politiche hanno messo in lista Soumahoro, avevano preferito non dare credito agli inviti alla cautela provenienti da chi faceva militanza sociale sul territorio: lo stesso territorio dove il neodeputato mostrava, pubblicamente, l’immagine di incorruttibile difensore dei braccianti africani. I due leader, di recente ospiti di un’incredula Lucia Annunziata, si sono difesi dall’accusa di assoluta incapacità nel valutare i candidati puntando, a loro volta, il dito contro i gruppi di sindacalisti, nonché di militanti, critici nei loro confronti: soggetti rivali, per cui definiti dai segretari non credibili nelle accuse formulate. Fratoianni, massimo dirigente di Sinistra Italiana, e Bonelli, coordinatore nazionale dei Verdi, con le loro affermazioni hanno praticato l’eutanasia alla sofferente Sinistra parlamentare.

La foto scattata a Soumahoro nell’atto di entrare per la prima volta a Palazzo Montecitorio, esibendo il pugno chiuso e stivali da lavoro infangati, seppur studiata a tavolino poteva essere messa a fianco dell’immagine storica di Che Guevara, oppure di quella che ritrae i due atleti neri (Smith e Carlos) che innalzano al cielo il pugno chiuso dal podio olimpico di Città del Messico. Invece è diventata il ritratto della spudoratezza, della menzogna e soprattutto della grande disillusione finale. La redde rationem dei tanti (in primis Zoro alias Diego Bianchi) che si sono esposti indicando il deputato neoeletto come l’unica vera incarnazione dei valori sociali, e che invece si sono ritrovati di fronte al solito desolante spettacolo del far soldi a tutti i costi.

Il sindacalista ha dichiarato che amare il lusso, il bello, ciò che è prezioso non è peccato. Ma sicuramente è peccato arricchirsi e comprare capi griffati con i soldi sottratti dalla busta paga dei dipendenti, con il sudore e le speranze tradite dei lavoratori.

Il consumismo tende a corrompere per primi i più deboli, i più fragili. Molti hanno resistito al suo perverso richiamo, ma i più hanno ceduto. Sovente abbiamo visto la stampa occuparsi di corruzione, concussione, appropriazione indebita, abuso di potere, nonché di quei parlamentari o ministri che non si accontentano dei benefit e neppure dell’indennità parlamentare, perché vogliono sempre di più. L’accanimento dei media nei riguardi di Aboubakar Soumahoro sfiora però il cinismo e inizia ad essere sospetto, forse strumentale ad assestare l’ultima spallata mortale alla Sinistra parlamentare italiana.

Non giudico quest’uomo per atti su cui altri dovranno esprimersi, ma biasimo profondamente coloro che rivestono incarichi di grande responsabilità politica, definendosi “compagni”, mostrando la totale incapacità di vedere il mondo oltre le pareti dei salotti di casa, o dei talk show. Tra un aperitivo e un vernissage svaniscono coscienza di classe e autorevolezza, e con loro la speranza di chi ha creduto nei valori solidali, egualitari, pagando la propria coerenza sino all’ultimo respiro.

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