Pd, sognare con i piedi per terra

Mi permetto, in punta di piedi, da “fiancheggiatore” del Pd, stimolato dalle riflessioni del sindaco Stefano Lo Russo, di aggiungere alcune considerazioni sulla questione morale e la crisi politica che riguarda non solo la sinistra ma anche il sindacato.

Arrivano notizie delle indagini dal Belgio che, se confermate, aggraverebbero la posizione di alcuni personaggi coinvolti nel caso di corruzione qatarina. Concordo con le affermazioni del sindaco sul bisogno di gavetta e formazione prima di approdare a un ruolo di dirigente politico, ma vorrei sottolineare che mi pare si stia restringendo il campo da cui si attinge per creare il gruppo dirigente.

Un grande partito democratico e popolare dovrebbe sviluppare un gruppo dirigente che esprima i diversi ambiti che vuole rappresentare a partire dal lavoro e dal precariato e quindi i giovani e i pensionati. Purtroppo, ormai il discrimine per accedere al gruppo dirigente del Pd è il modello 730, ovvero se hai un certo livello di reddito, se eserciti la libera professione puoi anche fare politica sennò sei irrimediabilmente tagliato fuori. Continuo a pensare che così il Pd vuole rappresentare diversi ceti sociali ma non avendo quei ceti sociali presenti nel gruppo dirigente: è il caso del lavoro operaio e impiegatizio.

Allora o il Pd decide di reinvestire sui territori, con dirigenti a tempo pieno, individuando validi militanti e sostenendo anche candidati alle elezioni politiche e amministrative che non sono in grado di pagarsi la campagna elettorale, oppure resterà un partito di centrosinistra ma di élite. Oltretutto è stucchevole vedere che l’ala sinistra del partito è rappresentata in larga parte da persone di media-alta autonomia economica.

Altro rischio è quello di diventare il partito degli amministratori, di cui il Pd ha una vasta rappresentanza, valida professionalmente: pensare che è solo attraverso la gestione della cosa pubblica si possa rappresentare tutti i ceti sociali di riferimento è riduttivo, limitante politicamente ed elettoralmente. Un amministratore, anche di una grande città, non riconquisterà mai, senza una spinta interna, il consenso degli operai di Mirafiori.

Quindi, sì certo, ci vanno gavetta e formazione, che significa acquisire esperienza sul campo integrata dallo studio e dalla preparazione, ma insieme occorrono risorse per creare i gruppi dirigenti sul territorio.

Poi servono messaggi giusti, senza rincorrere o scopiazzare gli altri partiti e che portano il Pd a continuare a perdere consensi. Siamo al 15%! Faccio riferimento alle due parole d’ordine di Letta lanciate dalla manifestazione fantasma e suicida di sabato (fantasma perché chiunque sia un po’ realista avrebbe capito il flop e suicida perché farla in concomitanza della festa di Fratelli d’Italia avrebbe evidenziato un parallelismo imparagonabile).

Due parole d’ordine ideologiche e perdenti, quelle di chiedere al Governo, quasi pietire, di essere ascoltati almeno su opzione donna e il salario minimo. Opzione donna anche nella sua versione originale è usata poco (circa ventimila all’anno). Di questa fascia di lavoratrici con pochi contributi, anzianità elevata e redditi bassi bisogna occuparsene tutto l’anno e non solo in chiave anti manovra del centrodestra. Resta il fatto che il Governo peggiorandone la possibilità di accesso azzera la possibilità di accesso, creandosi di fatto un risparmio in manovra.

Sul salario minimo, poi, si continua a chiederne la realizzazione quando sappiamo che l’Unione Europea ha definito le condizioni in cui si deve applicare, ovvero con meno dell’80% di contrattazione collettiva. Oggi in Italia la contrattazione ha un livello ben superiore. Perciò, sostenere il salario minimo è limitare il ruolo sindacale, il ruolo delle parti sociali e la loro capacità di ruolo mediatore sui conflitti sociali. Purtroppo, vuole anche dire rincorrere la Cgil o meglio Maurizio Landini nel suo strizzare l’occhio ai Cinquestelle.

Ammesso che si ottenga un salario minimo di 9 euro lordi all’ora che riguarderebbe 2,6 milioni di lavoratori, la stragrande maggioranza di questi sono inquadrati nella contrattazione nazionale che le imprese, con il salario minimo, disdetterebbero. Altra cosa, ma il Pd lo dica chiaramente senza creare false illusioni o aspettative, è chiedere un salario minimo per chi non ha il contratto nazionale firmato dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative e che abbiano almeno il 51% di rappresentanza nella categoria.

Quindi il segretario Enrico Letta enuclea due obiettivi che non interessano la grande massa degli italiani, a partire dal lavoro dipendente e dei pensionati. Ogni tanto qualcuno al Nazareno guarda le statistiche di quanti sono, ancora, i lavoratori dipendenti e i pensionati in Italia? Diciotto milioni i lavoratori dipendenti e sedici milioni i pensionati: una buona base elettorale per un partito di centrosinistra che oggi raccoglie dieci milioni di voti in tutto. Solo un lavoratore e/o pensionato su tre vota il Pd, un po’ poco.

Le priorità sono la Sanità con le code al pronto soccorso, l’attesa per le visite mediche, i medici di famiglia; sono le Pensioni (cassaforte delle famiglie) e il Lavoro (per giovani e meno giovani) e la costruzione di un sistema contributivo continuo (interessante la proposta di Savino Pezzotta, ex segretario Cisl).

Bisogna ricostruire i gruppi dirigenti locali e non solo nazionale, mettendogli a disposizione risorse ma soprattutto “azzeccare” proposte condivise da chi il Pd vuole rappresentare, ammesso che lo voglia. Troppe logiche limitate al Gra (Grande Raccordo Anulare). Sul lavoro precario basta modificare una percentuale che riporti all’8% il numero complessivo dei lavoratori con contratto a tempo determinato nelle aziende, non servono arzigogolamenti ideologici e autoreferenziali.

Bisogna saper sognare come dice il sindaco di Torino ma anche avere i piedi ben piantati per terra, soprattutto bisogna di nuovo spiegare “alla gente” le scelte che il Pd fa, quelle difficili, non populiste e di facile presa ma indicare la prospettiva e per fare questo bisogna radicarsi di nuovo sul territorio aprendosi alle persone “normali”, andando oltre il perimetro del conosciuto.

Auguri di Buon Natale e Buon 2023, arrivederci a gennaio!

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