REGOLE DEL GIOCO

Centrodestra mani di forbice. Legge taglia-cespugli del Pd

Le soglie di sbarramento terranno fuori dal Consiglio regionale del Piemonte le formazioni minori. Dem pronti alle barricate sul testo della Lega. Nella strategia della maggioranza anche le liste "amiche" che rischiano di rubare voti. Già ci sarà quella del presidente...

Il centrodestra alza l’asticella e il centrosinistra le barricate. Quella che si annuncia, alla ripresa dei lavori, non sarà affatto una discussione tranquilla sulla nuova legge elettorale per il Piemonte, con l’attuale maggioranza, Lega in testa, a impugnare le forbice e il Pd a temere lo sfoltimento del suo sottobosco, i cosiddetti cespugli.

Le percentuali che segnano le soglie di sbarramento nella proposta di riforma della norma che regola le elezioni, illustrata poco prima di Natale, sono da brividi per quelle liste minori che storicamente compongono la coalizione di centrosinistra. Si introduce una soglia del 10% per le coalizioni, la cui finalità evidente è quella di impedire la nascita di nuovi rassemblement oltre ai classici, tipo il Terzo Polo, l’esclusione al di sotto del 4% delle forze politiche inserite in coalizione e il raggiungimento del 5% per le liste che corrono da sole. Guardando all’attuale composizione del Consiglio regionale, con la  futura norma non sarebbero presenti formazioni e conseguenti gruppi come quella del Monviso capitanata in via Alfieri Mario Giaccone, che nel 2019 ottenne il 3,3%, i Moderati (1,8%) guidati da Silvio Magliano, così come LuV che con il 2,4% portò a Palazzo Lascaris Marco Grimaldi poi approdato in Parlamento e sostituito da Silvana Accossato.

Uno scenario che legittimamente preoccupa il centrosinistra sia sul versante più moderato, sia su quello più radicale, entrambi funzionali al Pd che, non a caso, promette battaglia. “Siamo aperti a qualsiasi proposta, modifica o esigenza che provenga dalle opposizioni”, aveva detto presentando il testo (che ha già il via libera dei capigruppo di maggioranza) il consigliere leghista Michele Mosca. Parole che sono parse più il formale rispetto di un bon ton istituzionale che non una reale disponibilità a rivedere punti politicamente cruciali come sono i limiti per entrare o restare fuori dal parlamentino piemontese.

Non è un mistero che il centrodestra punti proprio a cercare di tagliare tutti quei cespugli attorno al Partito Democratico, giocando sul fatto che nel proprio campo le formazioni minori sono assai più esigue e quelle che ci potrebbero essere non vengono certo guardate con grande entusiasmo. Incominciando dal Piemonte Bellissimo del mancato sindaco di Torino Paolo Damilano, che con molta probabilità (per non dire certezza) resterebbe fuori, senza vedere i tre partiti in gramaglie. Così come non si erano spellati le mani in applausi quando alle ultime elezioni si era presentata la lista Piemonte nel Cuore-Sì Tav della coppia Gian Luca Vignale e Bartolomeo Giachino.

Non è un mistero che erosioni, dopo gli smottamenti alle politiche a favore del partito di Giorgia Meloni, vengano temute sia dai leghisti, sia non di meno dagli azzurri. Tanto più che se Alberto Cirio correrà per un secondo mandato sarà in campo anche la lista del presidente (da non confondere col listino bloccato): formazione contro cui non potrà certo opporsi la Lega, visto che dopo quella del veneto Luca Zaia (che superò nei voti il suo stesso partito), con una lista “personale” si presenteranno in Lombardia Attilio Fontana e in Friuli-Venezia Giulia Massimiliano Fedriga. Insomma, basta (e avanza) questa lista che magari allargherà pure il bacino elettorale, ma pure “ruberà” voti ai partiti come l’esempio del Veneto insegna. Dunque, per la Lega e alleati, meglio mettere mano alle forbici, puntando ai cespugli del centrosinistra, senza badare se tra le lame finisce anche qualche ramo a destra.

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